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10 Agosto 2022
9:00

Quando iniziare a educare un cane?

Molti si chiedono quando sia opportuno iniziare a educare il proprio cane e se sia un problema cominciare in ritardo. Vediamo allora cosa fare, quando e perché.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Molte persone si domandano quando sia opportuno iniziare a educare il proprio cane e se vi siano delle problematiche quando l’educazione viene fatta in ritardo. Forse però c’è un po’ di confusione su cosa sia il processo educativo, spesso frainteso con quello “istruttivo”.

Istruire ed educare non sono proprio la stessa cosa, quindi facciamo un minimo di chiarezza su cosa sia consigliabile fare, quando e perché.

La differenza tra educare e istruire il cane

Molte persone confondono l’educazione di un soggetto con la sua istruzione. Infatti nel linguaggio comunemente utilizzato con educazione si intende che il cane abbia imparato a rispondere correttamente ai comandi, per esempio al sedersi quando richiesto, al tornare al richiamo, allo sdraiarsi e al camminare docilmente al guinzaglio e così via. Ecco che queste cose rientrano nella comune “educazione di base”. Ma tutto questo, in realtà, compete al campo dell’istruzione e non a quello dell’educazione, che invece si riferisce allo sviluppo equilibrato degli elementi che hanno a che fare con il «carattere» di un individuo.

L’educazione è il campo che risponde alla domanda: "Chi è quell’individuo?". Mentre l’istruzione a quest’altra: "Cosa sa quell’individuo?". Quindi cominciamo con il dire che l’educazione è prima di tutto un processo naturale, inevitabile. Un processo che ha a che fare con lo sviluppo caratteriale. Tale processo è influenzato dalle caratteristiche genetiche del cane in questione, dall’ambiente nel quale vive, ovvero da ciò che gli accade attorno e in buona misura dagli individui con i quali intreccia relazioni.

In questo processo si sviluppano, nel bene e nel male, gli elementi peculiari che andranno a definire il profilo caratteriale, quindi il come quell’individuo si pone nel mondo, come approccia le nuove esperienze, come gestisce il suo complesso ventaglio emotivo, come interagisce con gli altri, siano essi conspecifici o eterospecifici, e così via.

In questo processo di “adeguamento” del sé al contesto e di sviluppo delle proprie caratteristiche, il cane, in quanto animale sociale, fa leva sul supporto fondamentale che proviene dalla sua cerchia di relazioni affettive più vicine. In sostanza la famiglia nella quale vive il cane sarà la principale fonte di ispirazione. Così, per fare un esempio, se nel gruppo famigliare gli individui saranno propensi all’eccitazione, alla rabbia, all’aggressività, al conflitto, e così via, ecco che il nostro cane, soprattutto se cucciolo e quindi più vulnerabile e sensibile, farà esperienza di quel tipo di stato emotivo, di quelle emozioni e di quel profilo di rapporto sociale tra individui, cose che saranno poi la base del suo carattere. Non ci sarà poi da stupirsi se la rabbia sarà l’emozione prevalente in quel soggetto, o la paura, e di conseguenza gli atteggiamenti assertivi immotivati o diffidenti, nei confronti anche degli stessi membri della famiglia. Sulla base di questi poi il cane in questione costruirà le basi delle interazioni verso gli altri, gli estranei, che siano cani o persone, ma anche nei confronti delle esperienze nuove, delle situazioni sconosciute che verranno lette, in prima istanza con quel tipo di filtro.

Ovviamente facciamo degli esempi generali, infatti ogni situazione è a sé stante: non ci sono due individui uguali né due situazioni identiche, diciamo che per logica qui si è costretti a fare di tutta un’erba un fascio, e le considerazioni vanno poi adattate ai vari contesti e soggetti.

Educare il cane, un processo che dura tutta la vita

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Come detto il processo educativo ha un arco di sviluppo molto lungo, può anche durare tutta la vita di un individuo, ma certamente i primi periodi di vita sono quelli che gettano le basi, le fondamenta, sulle quali si edificherà il futuro carattere del cane. È anche importante considerare che i primissimi mesi di vita forniscono elementi centrali nel processo educativo e possiamo fare alcuni esempi.

Sicuramente è ben noto quel processo definito “inibizione del morso” che ha inizio nella più tenera età, quando ai cuccioli spuntano i denti e sperimentano l’uso della bocca nelle interazioni sociali, principalmente con i fratelli, sotto la supervisione della madre o dei fratelli più grandi, quando sono presenti. Non discuteremo qui se la definizione sia corretta, infatti più che “inibizione” si dovrebbe parlare di “consapevolezza del morso”. In questa fase il cucciolo comincia a prendere coscienza di sé, delle conseguenze delle sue azioni, sviluppa la capacità di autocontrollo che inizia, all’incirca, a partire dalle otto settimane di vita, in quel delicato periodo che prende il nome di “socializzazione”. Quindi, di fatto, non è che il cane inibisce le sue facoltà legate all’uso della bocca, ma le educa sviluppandole via via in un processo di esperienze nelle quali valuta ciò che accade in conseguenza delle sue azioni, quindi basandosi sui feedback che ottiene dall’ambiente, o più nello specifico, in questo caso, dal suo contesto sociale.

Naturalmente se un cane non ha occasione di sviluppare questa consapevolezza in età precoce, magari perché isolato, o non adeguatamente supportato dagli “adulti”, maggiori potranno essere le problematiche future, soprattutto a livello sociale. Non è affatto facile recuperare gravi carenze del periodo di socializzazione che è particolarmente influente nei primi tre o quattro mesi di vita di un cane.

Altro importante elemento del processo educativo ha a che fare con le emozioni e la gestione della loro intensità. Abbiamo già visto elementi come l’arousal, ossia il livello di attivazione delle emozioni, il livello cioè di eccitazione. Questo elemento è di fondamentale importanza nel processo educativo in quanto ha a che fare con lo sviluppo di moltissime cose, non ultime le facoltà cognitive del nostro cane. In sostanza attraverso l’interazione sociale il cane impara, fin dalla più tenera età, a gestire i suoi picchi emotivi.

I genitori e i fratelli – o gli umani che ne fanno le veci –  aiutano il piccolo a mantenere un range di attivazione adeguato a seconda delle varie situazioni della vita, soprattutto dando l’esempio, sfruttando la naturale propensione dei piccoli ad imitare gli adulti, a ricalcare i loro comportamenti e stati emotivi. Una buona palestra per questo è certamente il gioco, di per sé eccitatorio, e per questo un buon contesto per imparare a mantenere l’autocontrollo, a gestire i segnali d’arresto, ad empatizzare con i propri affiliati. Generalmente nelle interazioni sociali, anche quando ludiche – se non soprattutto in queste – mantenere un buon livello di riflessività gestendo la propria reattività è una buona palestra per sviluppare un carattere più incline alla socialità e alla socievolezza.

Non possiamo dare in questo contesto indicazioni pratiche sul “come” agire, data l’immensa variabilità delle situazioni e casistiche, per questo è necessario rivolgersi al consiglio di un professionista che possa adattare le strategie al vostro caso specifico, ma certamente è sconsigliabile procedere con comportamenti avversativi, come la punizione violenta e l’aggressione nel guidare un giovane cane nello sviluppo delle sue peculiarità. Non è consigliabile perché il modo in cui noi interagiamo con il nostro cane diviene il modo in cui lui poi interagirà con noi, e violenza chiama violenza, come ben noto. Il nostro ruolo non è quello dell’aguzzino, ma dell’amorevole guida e, come detto, in primis noi siamo l’esempio verso il quale il nostro cane si volge naturalmente assetato di conoscenza.

Aggredire, mortificare, punire, provocare timore e ansia sono i modi migliori per rompere il legame affettivo con il nostro cane e innescare una catena di problematiche che diverranno via via sempre più gravi. Migliaia di cani finiscono poi in canile a causa di questi errori educativi da alcuni suggeriti addirittura come il metodo migliore per crescere un cane.

Cosa favorire nel nostro cane

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Spesso si chiede cosa sia necessario fare per favorire una buona educazione del nostro cane, ma forse i migliori consigli alle volte sono quelli che indicano cosa “non” fare con il nostro giovane cane. Per esempio, nel processo educativo rientrano anche lo sviluppo delle facoltà cognitive e di quelle legate agli apparati sensoriali. Ricordiamoci che con “educazione” qui si intende soprattutto “sviluppo”. Quindi alle volte è meglio non fare che fare.

Prendiamo lo sviluppo dell’organo olfattivo e delle relative strutture cognitive che lo riguardano. Prima di pensare di proporre giochini olfattivi o attività specifiche in questo ambito preoccupiamoci di consentire al nostro cane di sviluppare naturalmente queste importantissime facoltà con l’esercizio autonomo. I cani sono propensi per natura ad indagare il mondo attraverso l’olfatto, non c’è bisogno di stimolarli in tal senso, bisogna solo lasciarglielo fare.

Troppo spesso vedo persone che si arrovellano per inventarsi piste olfattive protocollate in attività specifiche che poi trascinano via il cane quando in passeggiate si ferma ad annusare un lampione o un cespuglio. Quindi il modo migliore per consentire al nostro cane di sviluppare l’olfatto non è fare esercizi di obbedienza sul fiuto, è quello di portarlo in contesti stimolanti da quel punto di vista – o di tartufo per meglio dire – come fare delle belle passeggiate in un bosco. Quale posto migliore per consentire al nostro giovane cane di inebriarsi attraverso il senso più raffinato di cui è equipaggiato? Ecco un chiaro esempio di cosa sia il processo educativo: il senso dell’olfatto nel cane, in potenza, è il principale mezzo di analisi e comprensione del mondo per questa specie, ma se non ha opportunità di svilupparlo (leggi: utilizzarlo) questo rimane ottuso, insieme con le facoltà cognitive ad esso legate. Ancora, sviluppare il “cervello olfattivo” favorisce lo sviluppo della concentrazione, controbilanciando l’attenzione, elementi che sono legati alle oscillazioni repentine dell’eccitazione del cane. Favorire l’esplorazione olfattiva ha come conseguenza lo sviluppo della capacità di autocontrollo mentre all’opposto la sovraesposizione a stimoli visivi, cosa assai probabile per un cane che vive in un contesto fortemente urbanizzato, dove tutto è in movimento, accentua la reattività e inibisce la concentrazione.

Un altro importante elemento da tenere in considerazione per quanto concerne l’educazione dei sensi del nostro cane è il tatto. Anche in questo caso, spesso, è meglio consigliare di non fare piuttosto che fare, o meglio, a “fare troppo”. Le persone sono inclini ad un eccesso di manipolazione, toccano troppo, manipolano continuamente, infastidiscono e stimolano in modo inappropriato il corpo del cane. La percezione tattile necessita anch’essa di esperienze per consentire al cervello di costruire delle mappe dell’ambiente circostante e del proprio corpo, ma se vi è un eccesso di stimolazione più facile indurre il cane alla reazione.

Ma anche quando il cane non trascende in un comportamento reattivo, spesso è costretto alla sopportazione, il ché non è certo qualcosa di positivo, soprattutto per lo sviluppo di un senso così esteso come quello tattile che ha un ruolo molto importante nella comunicazione e nella socialità dell’individuo. Il nostro modo di toccare è adeguato alla nostra specie e spesso è invece eccessivo nei confronti dei cani. Anche in questo caso deleghiamo ad un consulente esperto in materia per la guida della famiglia nello sviluppare un sano modo di comunicare attraverso il contatto. Diciamo che l’equilibrio è la miglior via, non troppo e non troppo poco, ma anche qui questi parametri non sono degli universali, vanno considerati in modo soggettivo.

Altro elemento da favorire nel nostro giovane cane è la curiosità invece che la diffidenza. Una questione molto delicata da trattare. Possiamo dire che se il nostro cane è cresciuto in un ambiente minaccioso (dove per “ambiente” si intende tutto ciò che lo circonda, noi compresi) svilupperà soprattutto la diffidenza nelle cose del mondo, tenderà ad avere un carattere introverso, restio all’interazione sia con le cose che con gli altri. Anche qui ho visto spesso l’inibizione dei giovani cani all’esperienza formativa.

Sicuramente un’intera vita legati ad un metro e mezzo di guinzaglio, soprattutto nell’esplorazione ambientale e nella sperimentazione delle interazioni sociali, più spesso inibite che favorite, rendono il nostro cane un inetto in questi campi centrali nel suo sviluppo cognitivo. Ossia impediscono l’educazione di queste facoltà e favoriscono quelle diametralmente opposte. Naturalmente un buon “educatore”, nel senso di buona guida allo sviluppo, saprà fornire le esperienze positive in questi ambiti accompagnando il proprio cane in situazioni che possano consentire la strutturazione di tutte quelle facoltà positive di cui i cani sono naturalmente dotati, portandolo, per esempio, in contesti sociali con altri cani ovviamente equilibrati, che possano essere d’esempio e di sostegno al corretto sviluppo sia nella comunicazione che nell’esplorazione di ambienti e oggetti.

Un cane che non abbia avuto queste opportunità di sviluppo, soprattutto in età giovanile, diciamo dai 4 mesi fino alla pubertà, ossia tra i 6 e i 18 mesi, range che tiene conto anche del differente sviluppo ormonale nelle diverse razze canine, avrà grandi difficoltà ad adattarsi a situazioni nuove, differenti dal contesto specifico in cui è cresciuto. In sostanza il “nuovo” sarà percepito con diffidenza e paura invece che con curiosità e interesse. Questo potrebbe rivelarsi drammatico per un cane che venga portato, per fare un esempio abbastanza attuale, a vivere, di punto in bianco, dalla campagna alla città.

L’educazione è un processo di cambiamento graduale

Un fattore molto importante da tener presente è che il processo educativo richiede tempo, e quindi pazienza da parte nostra. Non si può certo pretendere che un giovanissimo cane abbia sviluppato la pazienza, l’autocontrollo, la capacità di gestire le emozioni in modo equilibrato, la resilienza, la fiducia nell’altro e nelle varie situazioni nuove, l’autonomia, eccetera, fin da subito.

Si tratta di elementi che pian piano, con l’acquisizione di esperienze, con il supporto del gruppo sociale e con lo sviluppo ormonale si raffinano. Pretendere che un cucciolino possa stare in solitudine fin da subito innescherà processi di ansia e stress naturale che potrebbero inficiale uno sviluppo equilibrato. La solitudine, condizione innaturale per un cane, che lo ribadiamo è un animale sociale costretto (ossia che necessita per sua natura del supporto di un gruppo affiliativo) richiede resilienza, ossia la capacità di far fronte alle avversità, che matura con il tempo, ma che ha anche dei limiti, cosa di cui non dimenticarsi.

Quindi, gradualità e rispetto delle esigenze naturali sono consigli fondamentali per favorire un processo educativo equilibrato. Rispettare queste condizioni è come depositare in banca dei soldi che frutteranno con il tempo. Fare le cose per bene e con gradualità e pazienza darà i suoi frutti soprattutto nel difficile periodo dell’adolescenza del nostro cane, quando sarà vittima della naturale tempesta ormonale che caratterizza quell’età, e per tutta l’età adulta. Correggere dei deficit in campo educativo, soprattutto se gravi, è un lavoro che ha dei limiti, e non sempre è fattibile, soprattutto se l’infanzia e l’adolescenza sono stati caratterizzati da situazioni traumatiche e intrise di emozioni negative.

Come sarà chiaro queste tematiche richiederebbero un corposo approfondimento, uno spazio che è più vicino al saggio che a quello di un articolo, ma speriamo di aver dato indizi su cosa sia il processo educativo, processo che avviene attraverso tutte le esperienze del nostro cane, con o senza di noi, e di aver sollevato l’interesse e la curiosità del lettore su questi argomenti affascinanti, nonché complessi, che hanno un ruolo centrale nella convivenza con i nostri amati compagni canini.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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