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21 Marzo 2021
18:00

Che bello lavori con i cani! Ma cosa vuol dire davvero fare l’educatore o l’istruttore cinofilo?

Quando si è educatori o istruttori cinofili, a volte, è necessario mettersi in discussione e presentarsi come persone oltre che come professionisti. Si sbaglia  come accade in tante famiglie, si pensa di fare il meglio per un cane senza accorgerci che nel suo mondo ci sono anche le persone. Andare avanti significa spesso fare un passo indietro: essere un mediatore di relazione significa essere prima di tutto una persona capace con le persone, oltre che coi cani.

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Istruttrice cinofila
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Nel nostro lavoro, da istruttori o educatori cinofili, una gran parte del tempo lo si spende al telefono. Eh no, chi lavora con le persone e con i cani non ha un ufficio e neanche un segretario. E così, fra una consulenza e l’altra, passiamo ore con l’orecchio incollato al telefono. A volte sono brevissime telefonate dove i più chiedono informazioni generiche, dalle nostre tariffe a quanta esperienza abbiamo accumulato con una determinata razza come quella del loro cane. Se poi sei una donna, scatta una sorta di “allarme” nell’interlocutore che metti a tacere solo se hai all’attivo molti "casi" e soprattutto con certe razze. Speriamo di evolverci presto anche sulle differenze di genere che ancora sono parte di una cultura diffusa, finanche nel mondo della cinofilia.

Altre volte le telefonate durano un tempo giusto per riuscire ad accordarsi e fissare un appuntamento: allora agenda alla mano (e mai che si trovi una penna vicino in quei frangenti!), cerchi di agevolare un giorno e un orario che rimanga comodo alle persone senza venir meno agli impegni già presi. Chi può solo la domenica, chi può solo a quell’ora, chi vuole che ci sia l'intero albero genealogico a casa durante la tua lezione e deve mettere insieme tutta la famiglia ma… il figlio va a giocare a calcio il mercoledì, la figlia a nuoto il venerdì, la mamma lavora fino alle 20 e il marito fa i turni. Possibile che nessuno ancora inventi un’App che fa questi incastri per noi di giorni, orari, zone della città e appuntamenti già presi?

E poi ci sono le telefonate epocali: sono quelle in cui devi assolutamente guidare tu, svoltare la conversazione su un dialogo efficace per raggruppare un dato numero di informazioni base e cercare di “quagliare”. Nel frattempo le persone, e lo capisci dalle prime battute, hanno bisogno di parlare e vogliono che tu sappia assolutamente tutto di quel cane: da dove arriva, cosa combina, che rapporto ha con ciascun membro della famiglia, coi cani, le persone e persino gli extraterrestri.

Qualcuno cede allo sconforto dei problemi che non riesce a risolvere e ti si affida come si farebbe ad un Santo, altri arrivano persino a “ricattarti” perché sia chiaro che se non gli risolvi il problema, loro sono all’ultimo tentativo, sei l’ultima spiaggia. In questo tempo infinito di lavoro consulenziale al telefono ciascun istruttore ne ascolta talmente tante da poter scriverci su un libro e forse anche due. Col tempo e il volume di lavoro, pian piano si impara  a gestire molto bene questo aspetto del nostro mestiere ma all’inizio, è davvero dura, credetemi!

Le scuole che ci formano non ci danno degli strumenti per avere a che fare con la complessa psicologia umana che quando c’è un cane di mezzo diventa un vero e proprio esperimento sociale a volte al limite della sopravvivenza. Quelle ore al telefono le togliamo spesso alla nostra famiglia, ai nostri animali, al nostro sonno: sì… gli istruttori cinofili dormono poco e tendono a far camminare il cervello a tutte le ore per trovare soluzioni anche quando il resto del genere umano solitamente si spegne e riposa. La sera, mentre i più guardano un film o una serie tv, noi ritagliamo ore di tempo per scaricare video, rispondere a messaggi, mandare audio, elaborare strategie per il giorno successivo e incastrare le nostre umili vite con quella professionale. Siate gentili con gli educatori e gli istruttori cinofili: non sapete che razza di fatica si fa a volte a far quadrare tutto!

I miei maestri: così ho capito l'importanza di curare il lato umano della relazione

Un vecchio detto recita più o meno così: “La vita è una grande maestra e se non impari la lezione, stai tranquillo che te  la ripeterà finché non lo farai”. Non si può dire che nel mio mestiere questo detto popolare sia applicabile: sono infatti tantissime le volte in cui ci sforziamo di non ripetere errori ma umanamente cadiamo nella trappola di essere troppo disponibili, non saper dire di no, cercare di fare il tutto per tutto, ascoltare oltre ogni limite, rispondere ad orari improbabili e diventare il contenitore delle frustrazioni altrui pur non essendo l’ombelico del mondo.

Sono innumerevoli le volte che i nostri affetti ci ricordano che stiamo usando il telefono in un momento in cui dovremmo fare altro ( per esempio mangiare). Sono tantissime le volte che qualcuno ci ammonisce perché fingiamo di ascoltare una conversazione ma il nostro sguardo tradisce che siamo con la testa altrove. Insomma, “è uno sporco lavoro ma qualcuno dovrà pur farlo”. Io nel mio piccolo credo di essere stata una persona piuttosto fortunata e nonostante le difficoltà di questo mestiere, sono riuscita a smussare tantissimi zoccoli duri del mio carattere che non mi avrebbero permesso altrimenti di farlo al meglio. Sono stata fortunata perché ho studiato in un periodo in cui vigeva ancora in parte la meritocrazia e si aveva l'opportunità di affiancare persone che lo facevano da tanti anni e imparare, proprio come in un apprendistato, il mestiere dell’istruttore. Quello che si poteva apprendere era soprattutto vedere come ci si relazionava alle persone, alle famiglie, a certi modi e approcci altrui che a volte ti avrebbero fatto perdere le staffe. Sono state tantissime le volte che durante gli affiancamenti al mio mentore pensavo “come fa a non mandare a quel paese quella persona” e che io non avrei mai retto consulenze così. Sono state innumerevoli le volte che mi facevo un’opinione sbagliata della faccenda, basata sui miei pregiudizi per poi, puntualmente, ricredermi e vedere che chi affiancavo era riuscito a vedere ben oltre quelle mie idee pregiudizievoli.

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Oggigiorno sicuramente sono tante le cose che si chiedono ai nostri amati amici: è lontano il tempo in cui il cane era considerato un animale con un ruolo e un compito da svolgere. Mi ricordo da bambina come fossi abituata a rapportarmi coi cani e come gli adulti vedevano tutto questo: se un bambino avesse infastidito un cane o alle brutte avesse preso un morso, sarebbe stato redarguito. Oggi invece ce la prendiamo con i cani e gli chiediamo degli sforzi di adattamento enormi. E’ proprio in questo gap generazionale che si inserisce la figura professionale dell’istruttore: spesso ci viene chiesto qualcosa che va al di là del nostro lavoro. Per fortuna la maggior parte degli istruttori oggi ha un approccio cognitivista e relazionale, per cui ha tutti gli strumenti per insegnare alle persone che è attraverso una sana relazione che si possono aprire delle finestre di collaborazione col cane.

E’ altrettanto vero che il ruolo del cane è integrato ormai in ogni contesto della vita umana e senza tener conto della soggettività spesso si pretende che il cane sia in grado di cavarsela con la persona in ogni contesto della quotidianità. Per cui la nostra figura professionale diventa lo strumento con cui le persone credono di riuscire ad ottenere svariate cose dai cani, come ad esempio la capacità di adattarsi di buon grado a qualsiasi situazione e comportandosi anche come cittadini a quattro zampe modello. Non è così e a noi istruttori mancano spesso le coordinate, come ad altre figure professionali, per far comprendere alle persone che i cani sono parte attiva delle loro scelte e come animali sociali con strutture sociali complesse, non sono macchine. I cani provano emozioni. Emozioni primarie come la paura, la rabbia, la gioia.

Tutto quello che proviamo a trasmettere alle persone che si rivolgono a noi, così, è far comprendere che tante cose passano prima da un cambiamento del loro stile di vita che dal mero risolvere il problema di un cane. Questo noi del mestiere lo impariamo a nostre spese e con enormi fallimenti a volte. E’ grande la frustrazione quando ci accorgiamo che un cane, messo in un altro contesto ambientale o familiare, quei problemi non li avrebbe e che quindi, forse, i problemi che loro ci raccontano sono solo la punta dell’iceberg di situazioni che probabilmente faticheremo a far modificare.

Su Kodami abbiamo pubblicato un articolo in cui si sottolinea come spesso la professione del veterinario e di chi lavora in generale con gli animali, a contatto con persone e animali, sia una di quelle che può portare al burnout. Come scritto anche lì, la nostra professione non è da meno: chiunque faccia questo mestiere dando il cento per cento e con forte motivazione spesso si trova a vivere situazioni di cui farebbe volentieri a meno.

Tutti credono che si faccia un lavoro meraviglioso, sempre a contatto coi cani, che siamo persone fortunate… Beh, nessuno forse sa che lavoriamo con ogni condizione atmosferica, che ascoltiamo persone che non hanno solo problemi coi loro cani, che diventiamo a volte il mezzo attraverso il quale le persone si “scaricano” trovandosi di fronte ad un cambiamento epocale quando si mettono in gioco per comprendere il rapporto con il cane. Una volta una persona mi ha detto che sono tre i requisiti essenziali per riuscire a fare questo lavoro: ascolto attivo, empatia, assenza di giudizio. Tutto facile a parole ma nei fatti?

Per questo, sappiate che non siamo in grado di fare miracoli ma possiamo accompagnarvi con entusiasmo alla scoperta di questo mondo fantastico e complesso che sono i cani, coi loro bisogni, le loro necessità e anche i loro punti di vista. Siate gentili con noi istruttori: vi assicuro che noi ce la mettiamo tutta e spesso anche di più!

Chi è l'educatore cinofilo

Educare deriva dal latino "educere". Vuol dire "tirar fuori, guidare". In ambito cinofilo l'educatore è la figura professionale che si occupa di cani normocomportamentali in età evolutiva (dai 60 giorni dell’adozione alla maturità sociale) , accompagnando le famiglie in un percorso pedagogico mirato a dare delle regole sociali di base, incorniciare emozioni e attitudini di un soggetto, dando strumenti al cane ed alle persone per lo sviluppo di un futuro soggetto adulto gratificato, appagato, equilibrato. L'educatore cinofilo guida le persone nella conoscenza dei bisogni psicofici di un soggetto e coadiuva le attività educative del cane con un approccio sistemico e integrativo nel contesto familiare e ambientale di vita del cane, fornendo anche alle persone, strumenti operativi e pratici ma altresì di comprensione della comunicazione canina.

Chi è l'istruttore cinofilo

Istruire deriva dal latino "instruere". Vuol dire "preparare, istruire a un processo". L'istruttore cinofilo è un educatore cinofilo che acquisisce ulteriori competenze professionali per affiancare cani e famiglie in percorsi che prevedano fasi sensibili della vita dei soggetti (maturità sociale, criticità nell’affrontare situazioni, ambienti, contesti sociali). È una figura che può collaborare con i veterinari esperti nel comportamento qualora il soggetto presenti delle difficoltà comportamentali che ne rendono difficile la gestione o l’integrazione nel suo ambiente di vita e/o famigliare. L’istruttore ha competenze che gli permettono di operare dei cambiamenti alla sistemica di vita del soggetto e della famiglia e indirizzino le persone ad una gestione e una routine differente per il benessere psicofisico del soggetto.

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