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2 Maggio 2022
13:23

Cani che uccidono altri cani. «Centinaia di casi all’anno a causa dell’inconsapevolezza delle persone»

Gli incidenti tra cani sono una realtà molto diffusa e possono avere conseguenze letali. Ma cosa spinge un cane ad aggredire un altro cane? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Stefania Acquesta, medico veterinario, educatore e istruttore cinofilo.

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Chi vive con un cane condivide con lui tempo e spazi, specie quelli domestici. Spesso chi si abitua all'affetto e alla dolcezza che questi animali sono in grado di donare si fida ciecamente del proprio compagno perché ogni giorno sperimenta la sua voglia di stargli accanto e di condividere ogni attimo del suo tempo. E così difficilmente si riesce poi a vedere il proprio amico come un pericolo per qualcun altro. E ancora più difficilmente una persona immaginerebbe che il cane che vive con lei potrebbe causare addirittura la morte di un suo simile. Ogni giorno le nostre città e i nostri parchi sono popolati di cani che si incrociano e si incontrano serenamente, che interagiscono tra loro, che giocano o che, semplicemente, passano del tempo assieme.

E certamente nessuno uscendo di casa per una passeggiata col proprio amico oppure lasciandolo in giardino durante la sua assenza pensa che ciò potrebbe trasformarsi in una tragedia in cui qualcun altro perderà la vita.

Certo: a volte accade qualche scaramuccia ma in genere, si pensa, che tutto si risolva per il meglio e che come ogni sera si rientrerà a casa pronti per affrontare la giornata successiva.

Purtroppo però le cose non vanno sempre così. E di episodi gravi ne accadono più di quanto si pensi. Gli incidenti tra cani sono una realtà abbastanza diffusa e non è raro che le conseguenze possano essere terribili o addirittura fatali. E quando questo avviene, oltre la tragedia, restano persone distrutte dal dolore, che si sentono impotenti e piene di sensi di colpa. Perché hanno visto quello che a tutti gli effetti considerano parte della propria famiglia chiedere inerme aiuto, venire sbattuto come un pupazzo e in molti casi perdere la vita senza poter intervenire, senza poterlo aiutare.

Queste storie difficilmente arrivano all’attenzione pubblica, a meno che non coinvolgano un personaggio noto o ci siano anche degli umani coinvolti. Quasi mai se ne parla sulla stampa nazionale se i protagonisti sono "solo" dei cani e a volte si possono leggere al massimo su qualche trafiletto di un giornale locale.

Eppure dietro ognuna di queste storie ci sono non soltanto vittime, ma anche famiglie che si porteranno dietro il dolore immenso per la perdita di un affetto caro e in più il trauma di averlo visto morire in modo cruento, in un giorno qualunque, in maniera inaspettata e trasformando quello che era un momento di serenità e condivisione in un incubo improvviso e impossibile da dimenticare.

L'altra parte del guinzaglio, un gruppo per comprendere il fenomeno

Per comprendere meglio il fenomeno e capirne la portata è nato anche, già qualche anno fa, un gruppo Facebook che si chiama "L’altra parte del guinzaglio", con l’obbiettivo di raccogliere testimonianze e sensibilizzare sul tema. Ciò che colpisce, in modo quasi scioccante, sfogliando i post di questo gruppo è il numero di episodi segnalati, raccogliendo articoli di cronache locali e testimonianze dirette di umani che hanno perso il loro compagno. Per rendersi conto della portata del fenomeno basti pensare che soltanto nei primi 4 mesi del 2022 sono riportati ben 31 articoli di giornale più 27 testimonianze dirette di persone che hanno perso il proprio amico per un’aggressione da parte di un cane. Ciò significa circa un decesso ogni 2 giorni e, sicuramente, questa stima è una stima per difetto.

Così abbiamo chiesto a Claudia Scarselli, una delle fondatrici del gruppo, di rispondere ad alcune nostre domande.

Come e quando nasce il gruppo?

Nasce dopo la morte di Ermes, il barboncino di un’amica. Ermes era con la sua famiglia in vacanza. La mattina presto, durante una passeggiata, un cane vedendolo si è liberato dal guinzaglio e lo ha aggredito. Nell’aggressione è stato ferito anche il suo umano che ha cercato disperatamente di proteggerlo mentre quello del cane aggressore non è intervenuto, non ha prestato soccorso, anzi ha pensato bene di fuggire e di lasciare in fretta la località balneare.

È nato anche per Margot, altra cagna di piccola taglia, aggredita in stazione mentre aspettava il treno. In questo caso la piccola era a terra al guinzaglio. Il cane aggressore, anche lui al guinzaglio, ha attaccato alle spalle le due sfortunate.

Il gruppo è nato per raccogliere testimonianze, articoli, per capire la realtà dei fatti. La nostra domanda iniziale è stata la seguente: quanto sono frequenti questi episodi?

Vi aspettavate un numero di episodi così grande sul territorio nazionale?

Non ci aspettavamo un numero così grande, purtroppo sono episodi all’ordine del giorno. Alcuni sono più fortunati perché tutto si limita ad un grande spavento. E tuttavia questo arriva a volte anche a limitare la vita di cani e persone. In alcuni casi per certe persone diventa addirittura difficile anche solo uscire per far fare i bisogni al proprio cane a causa del trauma subito.

Per non pensare che qualche cane è stato aggredito pure nel proprio giardino per l’incuria del vicino di casa.

La cosa che maggiormente ci amareggia è che in questi anni nel gruppo abbiamo capito che purtroppo la legge non tutela il cane aggredito perché considerato ancora un oggetto e non un membro della famiglia. Bisognerebbe che le istituzioni intervenissero.

Ti sentiresti di lanciare un messaggio alle persone che vivono con un cane?

Il messaggio che vorremmo lanciare è il seguente: chiunque decide di adottare un cane, indipendentemente dalla razza o dalla taglia dovrebbe informarsi prima di scegliere una razza specifica. Oltre alle cure e all’alimentazione è importante la consapevolezza delle caratteristiche di razza, della gestione quotidiana del cane sia in famiglia che in società. Si tende troppo ad umanizzare i cani, mentre loro hanno bisogni e reazioni diversi dai nostri; hanno una socialità diversa dalla nostra e sta a noi comprendere il loro linguaggio.

Come è organizzato il gruppo?

"L’altra parte del guinzaglio" rappresenta le due estremità del guinzaglio, dove da una parte c’è la persona consapevole che dall'altro lato c'è il suo cane. Il gruppo informa e supporta le persone che hanno subito un’aggressione, abbiamo una raccolta di leggi in vigore, di leggi europee e altre informazioni utili. C’è poi la presenza di un legale che consiglia gratuitamente sulle varie procedure. Diamo un supporto per tutti coloro i quali hanno perso un componente della loro famiglia senza poter far niente. A questo proposito ricordo le parole di una testimonianza: “Mentre il mio cane veniva sbranato mi guardava negli occhi come a dire aiutami. Ed io, impotente, non ho potuto fare niente”. Sono parole forti, lo so, ma pensate a queste persone che mai nella loro vita potranno dimenticare una scena così atroce. Siamo al corrente che, oltre i dati raccolti, questi episodi sono ancora più frequenti perché non tutti i casi vengono denunciati e, se non c’è la morte dell’aggredito, c’è la tendenza a risarcire le spese mediche per evitare la denuncia. Per ultimo chiedo alle nostre istituzioni di non sottostimare il problema. Sarebbe necessario intervenire con leggi appropriate.

L'importanza di sensibilizzare sul tema

Ma come avvengano questi episodi? Scorrendo articoli e segnalazioni riportati dal gruppo abbiamo costatato, purtroppo, che esistono delle ricorrenze che ci spingono a sensibilizzare ulteriormente i cittadini e in particolare chi decide di vivere con cani appartenenti a razze particolari e già soggette, nell’opinione pubblica, a molti pregiudizi.

Non soltanto infatti queste aggressioni, che in pochi secondi possono rivelarsi fatali, avvengono nella quasi totalità dei casi ad opera di cani di taglia grande verso cagnolini piccoli ma purtroppo in moltissimi casi le razze più coinvolte si rivelano proprio quelle che per selezione manifestano maggiori criticità nei confronti dei propri simili e, purtroppo, oltre l’80% dei casi vede protagonisti Terrier di tipo bull lasciati incautamente liberi.

Senza voler demonizzare i cani il tema è responsabilizzare le persone: è importante porre l’attenzione sul fatto che, purtroppo, anche a causa di episodi di questo genere, in nazioni come l’Inghilterra e altri stati del nord Europa si è arrivati addirittura, e già da molti anni, a mettere al bando e fuori legge certe razze e vietarne il possesso. È dunque fondamentale la prevenzione perché non si arrivi, anche nel nostro paese, anche solo a pensare di poter attuare soluzioni simili.

Aggressioni di cani ad altri cani: l'opinione dell'esperto

Kodami punta come sempre sul fare informazione e spiegare come possono accadere questi incidenti e perché. Abbiamo chiesto così anche il parere della Dottoressa Stefania Acquesta, medico veterinario, educatore e istruttore cinofilo, che collabora col gruppo come esperta in materia.

«Quasi tutti i casi riportati e le testimonianze dirette riferiscono le stesse dinamiche. Un cane di grossa taglia sfugge alla persona o viene lasciato libero senza strumenti di controllo o è libero di vagare o, ancora, è fuggito dalla propria abitazione. Dall’altra parte abbiamo un cane di piccola taglia, molto spesso al guinzaglio o comunque vicino al suo umano». Ma cosa spinge un cane ad attaccare e ad uccidere un altro cane sconosciuto, che cammina per la strada al guinzaglio? «Sicuramente in questi casi è carente la socializzazione verso la propria specie – sottolinea Acquesta – che dovrebbe essere completa e comprendere anche i cani di piccola taglia. I cani che uccidono non stanno in genere mettendo in atto un’aggressione di tipo sociale o competitivo (che comprende una fase di minaccia e un rituale ben preciso). Queste aggressioni sono invece scatenate dalla motivazione predatoria che prevede inseguimento, attacco ed eventuale uccisione. La motivazione predatoria, anche se in maniera più o meno espressa, è presente in tutti i cani e non è di per sé negativa». Anche inseguire una pallina è espressione di questa motivazione. Quando, dunque, un cane di piccola taglia diventa una preda? «Avviene quando un cane ha un’alta motivazione predatoria ma allo stesso tempo ha anche una carenza di tipo sociale. Quando cioè non considera gli altri cani come appartenenti alla sua stessa specie».

«Raramente mi vengono richieste informazioni preadottive – sottolinea e conclude l'esperta – cosa che invece sarebbe assolutamente auspicabile e consigliata. Infatti alcune razze ed individui possono essere di gestione più difficile. Oppure potrebbe essere la tipologia di famiglia non adatta per determinati cani. La responsabilità sociale negli incidenti gravi e letali, sia verso altri cani che verso le persone, andrebbe applicata in prevenzione e non solo a posteriori, dopo che già un soggetto ha provocato un danno».

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Francesco Cerquetti
Esperto in etologia applicata e benessere animale
Laureato in Filosofia a partire dal 2005 ho cominciato ad appassionarmi di cinofilia approcciando il mondo dei canili. Ho conseguito il Master in Etologia Applicata e Benessere animale, il titolo di Educatore Cinofilo e negli IAA.
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