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4 Marzo 2021
8:49

La socializzazione del cane che vive con te: le scelte da fare oltre miti e false credenze

Il cane è un animale socievole e curioso di conoscere individui della sua specie. Ma una estremizzazione del sacrosanto diritto del cane che vive con noi in città di incontrare suoi simili non vuol dire sovraesporlo a contatti non graditi. Un equilibrio esiste sempre, bisogna conoscere il proprio compagno e l'etologia della sua specie.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Il modo migliore per avere un cane socievole è quello di abituarlo, fin da cucciolo, alla relazione con gli altri cani. Per questo, gli educatori cinofili propongono percorsi di socializzazione su più livelli: puppy class, ovvero classi di socializzazione per cuccioli, teen class per cani adolescenti e classi di socializzazione dove si fanno incontri tra cani adulti.  Le amministrazioni comunali, dal canto loro, si vantano spesso della presenza sul loro territorio di aree recintate, destinate all’attività di socializzazione dei cani di famiglia: le famose “aree cani”.

Il dogma della socializzazione intraspecifica nasce dalla giusta reazione alla cultura addestrativa che riteneva la socialità qualcosa da stimolare solo nei primissimi mesi di vita del cane e da inibire, invece, per tutta l’età adulta, perché ritenuta un’attività superflua per l’appagamento del cane ma soprattutto una dimensione rischiosa. Come se i cani in età adulta diventassero improvvisamente aggressivi verso gli altri. Per promuovere una pratica diversa dobbiamo affrontare però il discorso in modo rigoroso, senza cadere nella tentazione di dare formulette.

Il cane è molto curioso verso nuovi soggetti della sua specie a differenza del lupo

Possono esserci di aiuto le argomentazioni su Kodami in cui abbiamo analizzato l’organizzazione sociale del cane, nella doppia accezione di pet e randagio. Il cane è un animale sociale che basa la sua organizzazione adattandosi alle risorse disponibili, agli ambienti naturali ed urbanistici e al tessuto umano che lo circonda. A differenza del lupo non ha un unico modo di organizzarsi. L’antenato del cane, ancora oggi, vive in gruppi familiari non troppo numerosi ed è fondamentalmente xenofobo, ovvero, non accetta l’ingresso nel branco di lupi esterni, percepiti come minaccia. Il cane al contrario, per sua natura, è un animale molto curioso e anche quando vive in strada tende a cercare l’interazione con i cani estranei accettandone addirittura l’ingresso nel proprio gruppo. Fonda nuovi branchi con amici incontrati lungo la strada e affronta con loro nuove esperienze di vita. Il cane di  famigliaeredita, a pieno titolo, questa caratteristica comportamentale di curiosità sociale e propensione a fare nuovi incontri. Tutte le persone che hanno la fortuna di vivere con un cane, chiunque esso sia, non possono far altro che constatare, la forte motivazione che lo porta non solo ad annusare maniacalmente gli odori delle marcature ma anche a ricercare il contatto con i cani che incrocia lungo il tragitto di uscita.

Il diritto del cane a incontrare suoi simili che non va estremizzato

Spinti da una moderna cultura animalista, che riconosce ai cani il diritto sacrosanto di incontrarsi e interagire, tendiamo sempre a lasciarlo avvicinare agli altri, anche quando è al guinzaglio sul marciapiede. Pensando di fare la cosa giusta, se viviamo in città, lo portiamo quotidianamente all’area cani dove incontrerà molti suoi simili, di età, stazza e razze diverse. Pensiamo che questo sia il modo migliore per renderlo un “buon cittadino” socievole con tutti, proprio perché durante la sua crescita è stato sollecitato ad avere tanti rapporti con cani diversi. Facendo tante esperienze sociali si abituerà e svilupperà competenze comunicative.

Eppure, a fronte di ciò, una grande percentuale di cani che sono stati sottoposti a queste routine diventano aggressivi con gli altri cani. Quando li vedono, ad esempio, si agitano e mostrano comportamenti avversativi, causano risse all’interno delle aree cani anche con chi, fino al giorno prima, sembravano giocare allegramente. Perché? Forse c’è qualcosa che non va nella cultura cinofilia attuale che promuove l’incontro frequente tra cani “estranei”? Da un punto di vista etologico, il cane è sì un animale curioso e pronto all’incontro ma quando ha alle spalle un gruppo sociale stabile. L’incontro, in questo caso, sarà un’evasione da una routine equilibrata vissuta con gli altri membri del gruppo, con i quali avrà modo di comunicare e relazionarsi, secondo le giuste coordinate di ruolo, rango e affiliazione. I Pet invece, spesso “figli unici”, seppure amati e integrati nella famiglia umana, sono orfani di rapporti stabili e duraturi con i propri simili di cui invece godono i cani di strada. Le nostre routine quotidiane li portano a vivere una grande frustrazione sociale e per questo, quando escono, vorrebbero colmare,  in un solo colpo, il deficit esperenziale. Lo stato euforico, con il quale vivono l’incontro saltuario ed intermittente con gli altri, al parco o all’area cani, non contribuisce a sedimentare delle competenze anzi, a lungo andare, genera piccole e grandi incomprensioni che trasformano l’attivazione emozionale in ansia e disagio.

La conflittualità tra i cani di proprietà e la sovraesposizione sociale

La conflittualità intraspecifica di molti cani di proprietà non è dovuta tanto ad una mancanza di socializzazione quanto piuttosto ad una sovraesposizione sociale. Facendo incontri quotidiani in luoghi e spazi poco adatti tenderà a vivere una sensazione di precarietà, si sensibilizza alle piccole scaramucce ed incomprensioni vissute e progressivamente diventerà irritabile e reattivo. L’aggressività si sviluppa dunque come forma di difesa ad un vissuto sociale che lo mette sempre in gioco e spesso in difficoltà.

Cosa fare allora, isolare il cane per evitare di farlo stressare? No di certo. Fin da cucciolo il cane deve incontrare i suoi simili e stringere con loro legami di amicizia. Cosa significa fare amicizia per un cane? Semplice, frequentare quotidianamente, per più ore al giorno, altri individui meglio se in un parco, libero di passeggiare dove è consentito farlo. Al contrario dell’essere umano, l’amicizia per il cane non è la frequentazione del gruppo dei pari, dei coetanei, bensì è la relazione con soggetti di età e personalità diverse. Il gruppo di amici dovrebbe assomigliare, in sostanza, ad una famiglia dove c’è una differenziazione di età, ruoli e livelli di autorevolezza. Solo così il soggetto che cresce si sentirà protetto, accolto, forte della sua identità e potrà sviluppare la curiosità sociale tipica della sua specie. L’azione conoscitiva, come fuoriuscita da un gruppo stabile di amici, sarà fatta con calma e serenità e non con la foga o la preoccupazione di qualcuno che vuole andare a confrontarsi con ciò che non conosce, che desidera ma che contemporaneamente teme.

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David Morettini
Educatore e istruttore cinofilo CZ
Laureato in Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Firenze, educatore e istruttore cinofilo. Sono docente SIUA e di altre scuole di formazione cinofila, e docente nei master universitari di istruzione cinofila e medicina comportamentale. La mia missione è quella di formare persone che sappiano lavorare nel pieno rispetto della dignità e dell’intelligenza del cane, tutelandone l’autonomia e non la dipendenza dall’essere umano.
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