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23 Settembre 2022
10:53

Chi era l’orsa Daniza e perché non bisogna confondere la sua storia con quella di F43

Ripercorrendo la storia di Daniza, il coordinatore del settore grandi carnivori del Trentino, Claudio Groff, spiega a Kodami le differenze tra l'orsa morta nel 2014 e F43, morta in val Concei poche settimane fa.

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La morte dell'orsa F43, avvenuta tra il 5 e il 6 settembre in Val Concei, durante le operazioni di sostituzione del radiocollare, ha riportato alla mente di molti la triste storia di Daniza, morta anche lei in fase di cattura, nel 2014. Un evento che scosse profondamente l'opinione pubblica in Trentino e segnò un punto importante della convivenza con gli orsi sulle Alpi centrali.

«La morte di un orso è sempre un evento triste, ma le due vicende presentano differenze macroscopiche – spiega a Kodami Claudio Groff, coordinatore del settore grandi carnivori della Provincia Autonoma di Trento – In primo luogo va sottolineato che Daniza si era resa protagonista di un'aggressione nell'intento di difendere la prole, mentre F43 era un'orsa giovane, che non aveva mai avuto cuccioli e mostrava solo una forte confidenza con l'uomo. Vista l'assenza di prole e la sua giovane età, ci stavamo occupando del suo comportamento attraverso operazioni di monitoraggio e dissuasione».

La storia di Daniza: dalla Slovenia all'ordinanza di cattura

Daniza era stata catturata in Slovenia meridionale nel maggio del 2000 e poi liberata in Val di Tovel, nell'ambito del progetto Europeo Life Ursus. Al suo arrivo in Trentino aveva 5 anni, pesava circa 100 chili e faceva parte dei primi 10 orsi bruni (Ursus arctos) rilasciati tra il 1999 e il 2002 nel Parco Naturale Adamello Brenta.

Nei 14 anni di vita trascorsi sulle Alpi italiane, Daniza ebbe molti cuccioli e si rese famosa per alcuni avvistamenti unici nel loro genere. Uno su tutti fu quello del settembre del 2000, nel giardino della frequentatissima Spaghetti Haus di Riva del Garda, quando costrinse i tecnici a intervenire guidandola nuovamente verso i boschi.

Ciò che cambiò il suo destino, però, fu l'evento dell'agosto 2014 quando, nei pressi di Pinzolo, incontrò Daniele Maturi, un uomo residente in Val Rendena che si trovava nel bosco per raccogliere funghi. Daniza aveva intorno a sé i suoi cuccioli e, nell'intento di proteggerli, aggredì l'uomo causandogli circa 40 punti di sutura.

La notizia divenne presto nota a livello nazionale e si accese immediatamente il dibattito sul destino dell'orsa. Una disputa che si concluse rapidamente, quando Daniza venne sottoposta a un'ordinanza di cattura che portò alla somministrazione del sedativo a cui non sopravvisse.

«A definire il comportamento da tenere di fronte ad un'aggressione sono le linee guida di gestione della specie, secondo le quali l'orso protagonista dell'evento non è soggetto a interventi di dissuasione, come stavamo facendo per F43, bensì di rimozione – spiega Groff – Alla base della sua morte in fase di cattura, quindi, vi fu proprio l'evento di Pinzolo».

«L'unicità di ogni orso viene sottovalutata»

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Dal 2014 a oggi sono accadute molte cose e in Trentino la convivenza della specie con la società umana è in continuo mutamento. Nel 2021, in collaborazione con Ispra, è stato pubblicato un nuovo documento di gestione degli orsi considerati problematici e, a pagina 8 del testo, viene anche ripercorsa la storia delle aggressioni avvenute in questi 22 anni.

Nonostante la popolazione di orsi abbia superato i 100 individui, secondo le ricostruzioni ufficiali, sono solo 4 quelli che si sono resi protagonisti di attacchi a persone (Daniza, JJ4, M57 e KJ2 per due volte). Tra questi soggetti, tre sono femmine che al momento dell'aggressione avevano i cuccioli al seguito, mentre M57, protagonista dell'incontro avvenuto ad Andalo nell'agosto 2020, era un giovane maschio che da tempo si alimentava nella zona, presso alcuni cassonetti solo parzialmente provvisti di dispositivo anti orso. 

La questione dell‘assenza dei bidoni adeguati al territorio in cui uomini e orsi convivono è un tema di costante attualità in Trentino e, secondo molti, anche il comportamento di F43 sarebbe stato condizionato dalle disponibilità alimentari sul territorio.

«Si parla molto delle conseguenze dell'accessibilità dei rifiuti, ma si parla meno del fatto che, secondo quanto riportato nelle linee guida e nella bibliografia a livello internazionale, vi sono anche orsi che sviluppano l'abitudine di avvicinarsi all'uomo a prescindere dalle risorse alimentari – afferma il coordinatore del settore grandi carnivori – Talvolta si tende a semplificare il comportamento di questa specie, pensando che siano tutti uguali e sottovalutandone l'unicità. L'orso però, manifesta comportamenti legati alle proprie esperienze di vita, ma anche ad un naturale universo esplorativo particolarmente ampio, tipico delle specie onnivore che sono abituate a cercare soluzioni molto diverse tra loro per riuscire ad ottenere il cibo».

«Stiamo vivendo un percorso di maturazione ed accettazione del processo di reintroduzione»

Secondo l'esperto, il problema della disponibilità alimentare causata dall'assenza di dispositivi "anti orso", non è un unicum del territorio Trentino e si presenta, invece, anche nei grandi parchi nordamericani.

«Rispetto agli Stati Uniti, la condizione Trentina è addirittura più complicata – afferma Groff – In Nord America vi sono pochi alberghi e luoghi di pernottamento, noi invece ci troviamo a dover gestire decine di migliaia di situazioni diverse. Certamente bisognerà fare di più in futuro, non lo nego, ma si tratta di un percorso difficile, costoso e lungo».

Negli ultimi anni, infatti, la Provincia autonoma di Trento ha dovuto scontrarsi sempre più spesso con un'opinione pubblica piuttosto critica e determinata nel dichiararsi contraria all'abbattimento degli orsi.

«La mia personale impressione è che ci troviamo nel bel mezzo di un lungo processo di maturazione ed accettazione. Stiamo proseguendo lentamente, ma l'evoluzione non si ferma – afferma Groff – Sto notando un trend di graduale comprensione della complessità del processo di reintroduzione dell'orso, il quale implica anche eventi che non fanno piacere a nessuno, come la morte di alcuni soggetti. Personalmente credo che, nonostante le difficoltà e gli eventi di enorme complessità gestionale e difficilmente prevedibili, come la morte di F43, in futuro vi sarà un miglioramento nella convivenza tra uomini e orsi e sono sinceramente ottimista»..

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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