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26 Agosto 2022
11:00

“Un uomo tra gli orsi”, il libro che racconta l’esperienza del progetto Life Ursus

Il progetto Life Ursus ha riportato la specie in Trentino a cavallo del 2000. A quasi 20 anni di distanza, il coordinatore del progetto ha raccontato la sua esperienza professionale in un libro che contiene i ricordi e le emozioni delle catture effettuate in Slovenia, del monitoraggio degli individui e le responsabilità legate ad un evento dall'importanza storica per l'ecosistema e per la società.

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La presenza degli orsi in Trentino è un argomento discusso e di estrema attualità. Un tema che non si ferma ai confini provinciali e, spesso, occupa  le pagine della stampa nazionale e internazionale. Dietro alla complessa questione della convivenza, però, si nasconde un processo composto di molte scelte che, a cavallo tra la fine del Novecento e i primi anni duemila, ha coinvolto esperti, istituzioni e parchi naturali e anche cacciatori, ambientalisti e, attraverso un questionario, i cittadini della Provincia Autonoma.

Ognuna di queste figure ha partecipato a proprio modo al Progetto Life Ursus, il programma di reintroduzione della specie che ha riportato l'orso bruno (Ursus arctos) ad abitare le Alpi centrali.

Coordinatore tecnico del progetto era lo zoologo Andrea Mustoni, oggi responsabile dell’area scientifica del Parco Naturale Adamello Brenta. E fu proprio lui, dal 1998 al 2004, a seguire in prima persona tutte le fasi della cattura degli individui trasferiti dalla Slovenia, le loro liberazioni e il successivo monitoraggio degli orsi tra le Dolomiti di Brenta, il Garda e la Provincia di Brescia.

A poco meno di 20 anni dalla fine del progetto, Mustoni ha deciso di raccontare questa intensa avventura in un libro chiamato "Un uomo tra gli orsi", pubblicato nel marzo 2022 e già candidato al prestigioso "Premio Mario Rigoni Stern", dedicato alla letteratura dell'ambiente alpino ed intitolato al noto autore, originario dell'Altopiano di Asiago.

«La candidatura è un onore e lo dico colmo di gioia per questo risultato. Il mio desiderio principale, quando ho deciso di scrivere, era quello di raccontare un'esperienza professionale che dalla mia prospettiva è stato anche un progetto di condivisione emotiva con altre persone con cui è rimasto ancora oggi un rapporto speciale – racconta a Kodami Andrea Mustoni –  Quegli anni ci hanno arricchiti al di là del lavoro che abbiamo svolto con gli orsi e sono felice di aver messo questi ricordi su carta, perché ho aiutato sia me che i colleghi a fissare nella memoria le emozioni, le gioie, le amarezze, e le soddisfazioni che abbiamo condiviso».

La scomparsa dell'orso e la nascita di Life Ursus

Quando si parla di orsi trentini, si cita spesso il progetto Life Ursus, ma pochi sanno che le iniziative dedicate alla conservazione della specie iniziarono già nella prima metà del Novecento. I progetti, però, prima di concretizzarsi venivano sempre considerati utopici finché, nel 1992 nacque la Direttiva Habitat, con lo scopo di creare una rete ecologica europea che individuasse siti caratterizzati dalla presenza di specie di notevole interesse naturalistico.

Nello stesso periodo stava nascendo anche il Parco Naturale Adamello Brenta (PNAB), un'area protetta del Trentino occidentale che comprendeva anche le Dolomiti di Brenta, ovvero le ultime zone in cui si erano rifugiati gli orsi prima dell'estinzione.

I responsabili del parco – che fin dalla sua fondazione riporta nel logo la figura di un orso – riconobbero in questa concomitanza di eventi un'ottima occasione per realizzare finalmente il progetto di cui si parlava da tanto: riportare l'orso bruno nelle Alpi centrali.

Fu così che Life Ursus mosse i primi passi. Grazie al dialogo con istituzioni e cittadini, e solo dopo un lungo periodo dedicato agli studi di fattibilità, si trasformò in un complesso piano di reintroduzione, capace di restituire in meno di 20 anni all'ambiente trentino una popolazione di orsi che, secondo l'ultimo rapporto Grandi Carnivori pubblicato nel maggio del 2022, ha raggiunto circa i 73/92 individui (esclusi i cuccioli).

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Il libro è arricchito dai disegni di Massimo Vettorazzi

Le catture degli orsi e le loro identità uniche

Il processo di reintroduzione raccontato da Mustoni non è stato affatto semplice e banale, ha richiesto enormi sforzi da parte di tutto il team di lavoro e il coraggio di prendere decisioni di grande responsabilità soprattutto durante le lunghe permanenze in Slovenia, da dove sono stati prelevati gli animali che hanno dato origine a questa nuova popolazione.

Il primo ad essere catturato fu Masun – dal nome del luogo in cui è avvenuta la cattura – il quale, però, fu anche uno dei primi a far perdere le tracce. Di lui, infatti non si hanno più avuto notizie fin dall'anno dopo, quando scomparse in Provincia di Brescia, nella zona di Bagolino.

Della sua cattura in Slovenia, avvenuta nel maggio del 1999, e del suo trasporto verso la Val di Tovel, Mustoni racconta nei dettagli le emozioni e le difficoltà affrontate, riportando un tratto del suo diario personale scritto in quel periodo.

«Durante il viaggio abbiamo fatto sosta in un'autostazione per fare rifornimento di gasolio. Poi, cercando di non dare nell'occhio per evitare l'arrivo dei curiosi, ci siamo messi in un angolo del piazzale a fare il punto della situazione e controllare l'orso. Sento un rumore strano, mi giro e vedo una delle scene più bizzarre che abbia mai visto. Edo (il veterinario ndr) ha una bottiglia di plastica in mano, ne ha appoggiato il collo a una delle piccole feritoie della gabbia e versa l'acqua direttamente nella bocca dell'orso che beve avido! Dalla feritoia spuntano solo le labbra e la lingua di Masun, che non può vedere da dove arriva, probabilmente non associandola direttamente all'uomo. Solo la sana follia di Edo poteva trovare una soluzione così semplice per il benessere dell'orso durante il viaggio».

Poi arrivarono anche gli altri orsi, Kirka, Joze, Irma (morta a causa di una valanga in Val di Jon) e soprattutto Daniza, con cui Andrea Mustoni creò un rapporto particolare e la cui personalità cambiò l'immagine degli orsi agli occhi dei trentini.

Daniza, infatti venne considerata speciale da Mustoni fin dal momento della cattura, quando lo zoologo e l'orsa si guardarono per la prima volta negli occhi. A differenza degli altri, poi, una volta arrivata in Trentino, non corse fuori dalla gabbia, ma rimase dentro per alcuni minuti, fino all'istante in cui lei e il coordinatore del progetto si trovarono nuovamente occhi negli occhi.

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Quell'orsa dal fare così particolare venne poi avvistata in una pizzeria di Riva del Garda, una località turistica estremamente popolosa in estate, e ne seguì un rocambolesco inseguimento per riportarla verso luoghi più isolati.

Tempo dopo fu poi protagonista di un altro evento che unì i destini dei due, quando si fermò proprio intorno alla casa di Mustoni per qualche giorno.

Passarono alcuni anni ed infine arrivò il momento in cui, proprio lei, braccata nei boschi, graffiò e morse un uomo nel tentativo di difendere i suoi cuccioli. Di lì a pochi mesi morì durante la cattura da parte degli uomini della forestale, dando inizio ad una nuova fase della convivenza tra gli orsi e gli esseri umani in Trentino.

Sono già passati 8 anni da quel giorno e ancora oggi, infatti, durante le mobilitazioni contro la reclusione degli orsi nel recinto del Casteller, gli attivisti ricordano la morte di Daniza.

«Peccato, era una brava orsa la "mia"orsa, e prima di abbandonarci ci ha lasciato in eredità una decina di cuccioli. Grazie Daniza!».

Tra questi cuccioli c'è anche DJ3, l'orsa trasferita nell'aprile del 2021 dal recinto del Casteller all' "Alternativer Wolf- Und Bärenpark Schwarzwald", un terreno di 10 ettari a metà strada tra le città tedesche di Freiburg e Stuttgart, destinato ad ospitare orsi e lupi.

Il presente e il futuro degli orsi trentini, l' "habitat politico" e le nostre responsabilità

Gli esperti che si occupano di conservazione dei carnivori sanno bene che queste specie possono finire rappresentare un tema di scontro all'interno della società per via delle loro interferenze con le attività umane. Proprio per questo motivo, prima di decidere di reinserirli sul territorio è stato necessario valutare ogni minimo dettaglio legato alla loro presenza.

Ma non basta, perché se l'obiettivo è quello di assicurare una convivenza sana e positiva tra i grandi predatori e l'uomo, bisogna saper restare vigili anche sulle evoluzioni dell’ambiente, sui cambi culturali e quello che in ambito faunistico viene chiamato “habitat politico”, ovvero il substrato sociale nel quale si opera, un fattore che comprende anche il grado di accettazione riservato alla presenza di una determinata specie. Questo elemento, secondo Mustoni, può condizionare fortemente le popolazioni di animali selvatici sia dal punto di vista numerico, sia per quanto riguarda l’estensione dell’areale.

«La condizione in cui si trova ora il Trentino è come quella di chi è divenuto benestante dopo essere stato povero – scrive Mustoni – La saggezza vuole che chi vive questo processo si domandi come fare a consolidare la nuova posizione ed evitare, quindi, di tornare da dove è venuto. Allo stesso modo anche per gli orsi dovremmo chiederci se l’obiettivo che abbiamo raggiunto è solido o se invece corriamo ancora il rischio di una futura nuova estinzione».

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La copertina del libro

E proprio a partire da questa riflessione, riportata in chiusura del libro, prende spunto anche l'ultimo commento che Mustoni condivide con Kodami: «Siamo stati noi esseri umani, tempo fa, a portare l’orso fino all'estinzione sulle Alpi e siamo stati nuovamente noi a fare in modo di reimmetterli sul territorio. Ora siamo inevitabilmente parte integrante di questo processo e non possiamo certo avere la convinzione di sentirci liberi dalle responsabilità che riguardano il loro destino».

La cerimonia di premiazione del "Premio Mario Rigoni Stern" si svolgerà al Palacongressi di Riva del Garda (TN) il prossimo 2 settembre.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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