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5 Aprile 2022
9:00

Adottare un cane adulto, la storia di Laura Rizzoli: «Con Ginger ho scoperto la bellezza dell’ignoto»

L'educatrice cinofila Laura Rizzoli racconta la sua esperienza con l’adozione di un cane adulto, una scelta fatta superando paure e preconcetti.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Laura Rizzoli & Ginger

Continua il nostro viaggio con esperti del settore cinofilo che hanno accettato di condividere con noi tratti personali della loro esperienza di aver adottato un cane adulto. Dopo aver raccontato la storia di Elena Garoni e la sua Serbia e del rapporto di Simone Dalla Valle con i suoi cani, ecco la testimonianza dell’educatrice Laura Rizzoli.

Laura Rizzoli lavora con persone affette da autismo da circa vent’anni. Nel 2012 ha fondato ed è stata presidente di Melting Pet che svolge attività con gli animali negli ambiti sportivo, educativo, didattico e di servizio alla persona. È coadiutore del cane e referente per progetti di IAA (Interventi Assistiti dagli Animali). La sua famiglia è composta da un figlio, suo marito e due cani, Ginger e Luigi Trottolino.

A un certo punto della sua vita, Laura si è trovata però a voler colmare un vuoto, profondo, dovuto alla scomparsa di Melissa. «È stata il mio cane per molti anni. Era un Bobtail che avevo scelto perché già da piccola desideravo un cane di quella razza».

Bobtail cane
Un individuo di Bobtail

Alle volte il lutto per un cane ci spinge alla ricerca e molti di noi, dopo averlo metabolizzato, o proprio per riuscire a metabolizzarlo – cosa assolutamente non da poco – si attivano per trovare un nuovo compagno. Ed è a questo punto che la cinepresa nella nostra testa inizia la regia di un film che parla dei nostri desideri, delle nostre paure, delle nostre aspirazioni. Questa proiezione è influenzata da molti fattori, oltre che essere squisitamente soggettiva, e tiene in considerazione come viviamo, quello che facciamo tutti i giorni, l’idea che abbiamo di noi stessi, l’idea che vogliamo trasmettere agli altri.

È un film che ha la colonna sonora delle canzoni che amiamo, le tinte dei quadri che più ci hanno emozionato, ma anche i film che abbiamo visto e le persone che ammiriamo, reali o fantastiche che siano. Tanto più si ha esperienza di vita con i cani tanto più questo “neurofilm” si approssima alla realtà, ma come vedremo, e come abbiamo già avuto modo di constatare qui su Kodami in altri articoli sul tema, la realtà stessa è un infinito imprevedibile.

«Cercavo dei “Melissoidi”, in realtà – ricorda Laura – Poi però ho smesso di ricercare lei in altri cani. Mi sono affidata a Francesca Suppini [responsabile di Riot Dog Onlus di Monte San Pietro, in provincia di Bologna ndr] e uno dei paletti che mi ero imposta era: non un cane da caccia! L’idea di un cane che spariva nella nebbia e io che mi facevo prendere da un attacco di panico non mi allettava affatto. Invece ho incontrato Ginger ed è stata una grande scoperta! Una nuova esperienza di relazione nell’affrontare una passeggiata con un cane completamente diverso dal tipo pastore, che continuamente ti tiene sott’occhio. È stata una bella scoperta, mi ha tolto quelle paure irrazionali, come in fondo lo sono la maggior parte delle paure, e questo mi ha fatto crescere… È stata una vera e propria svolta».

La flessibilità e i cambiamenti

Laura riflette sui suoi pensieri ed emozioni di quel periodo, sui preconcetti che sono più che comprensibili e naturali e che fanno parte del mondo cognitivo di ognuno di noi. E poi spiega: «Quando ci approcciamo ad una nuova adozione però teniamo conto di ciò che è il nostro consueto, quello a cui siamo abituati, e vogliamo restare in quella zona di confort, naturalmente. Siamo forse un po’ più flessibili da un punto di vista morfologico, ma per quanto concerne la psicologia di base dell’individuo, tendiamo a non metterci troppo in gioco».

La condizione che aveva posto Laura del non adottare un cane da caccia non ha nulla a che fare con l’aspetto estetico di quella tipologia di cani, anzi. Aveva invece a che fare con la loro grande motivazione perlustrativa e cinestesica, che li porta tendenzialmente a prendere notevoli distanze per tempi piuttosto lunghi. Per la maggior parte delle persone ciò causa un profondo senso di spiazzamento nel perdere di vista il compagno, nel perdere il controllo del cane.

«Quando vai a spasso con il cane vorresti… stare con il cane! – dice, sorridendo – A monte c’è il desiderio di azzerare tutto quello che genera ansia: le automobili, i bocconi avvelenati, cani pericolosi o animali selvatici. Con Ginger ho dovuto fare i conti con tutto ciò ma poi una serie di esperienze positive mi ha reso sempre più calma, più rilassata, anche se lei prende grandi distanze. Prima però, senza avere questo bagaglio nuovo, nella mia mente c’era assolutamente il rifiuto di tutto questo».

Naturalmente le “esperienze positive” di cui parla l’educatrice non sono piovute dal cielo, come sottolinea lei stessa: «Le mie passeggiate le vado a fare in luoghi appropriati, dove non ci sono automobili o pericoli di sorta e Ginger è sempre tornata sana e salva: non caccia i selvatici e non ha problemi né con i cani né con i gatti».

Un aspetto importante emerge quando ci rendiamo conto che le nostre valutazioni si basano essenzialmente su quello che conosciamo, di cui abbiamo un’esperienza diretta e per quello che ci immaginiamo, ma come possiamo sapere se una cosa sconosciuta può piacerci prima di aver fatto l’esperienza? Entrano qui in gioco diverse facoltà cognitive come l’inferenza, l’anticipazione, la proiezione delle nostre ansie e paure, oppure, al contrario, delle nostre gioie. «Prima non potevo capire il piacere di andare in passeggiata con un cane così e quando vedevo gli altri fare esperienze di quel tipo non ero affatto in grado di rendermi conto di quanto sia bello quel particolare modo di stare insieme. Avevo un modello di riferimento del tutto differente».

L’incontro e l’adozione di Ginger

Dalle parole di Laura emerge sempre di più che benché lei rifiutasse l’idea di un cane troppo diverso da quello che conosceva, quindi più vicino al cane da pastore da conduzione, alla fin fine si è trovata a fare un’esperienza totalmente opposta. Come è accaduto ciò?

«Qui entra in campo una considerazione importante ossia l’accreditamento della persona alla quale si va a chiedere il cane da adottare. È stata Francesca che ha letteralmente scardinato in un solo secondo tutti quanti i miei paletti e lo ha potuto fare perché mi fido ciecamente di lei, delle sue competenze, ma anche della sua esperienza e sensibilità nel capire profondamente sia i cani che le persone. Nei confronti di uno sconosciuto, o di una persona che per me non rappresenta nulla, o appare come superficiale e priva di competenze, quei miei preconcetti sarebbero rimasti lì dov’erano. E questo ha molto a che fare con la scelta di adottare un cane adulto. Colui che te lo propone dev’essere qualcuno di cui ci si fida profondamente».

Tra le cose che Laura escludeva fin da subito vi era quella di adottare un cane cucciolo. «Nonostante la mia esperienza e le mie capacità maturate in anni di professione, per certi versi credo di aver poca fiducia in me. Ricordo le difficoltà avute anni fa con Melissa. Volevo un cane che presentasse già le sue caratteristiche peculiari in quanto individuo, volevo sapere a cosa andavo in contro. La mia parte di educatrice cinofila è stata messa a dura prova con lei, anche se poi è vero che abbiamo fatto bellissime esperienze insieme. Ma un cucciolo in famiglia è anche esposto a numerosi possibili problemi, per esempio quando sia ha un figlio che comincia ad invitare a casa i suoi amichetti… Insomma, sapere già quali siano le caratteristiche del tuo cane è importante. Perciò, un’altra condizione era quella di non prendere un cane fobico o comunque con delle paure, soprattutto in riferimento alle persone, ai bambini in particolare. Volevo schivare, a questo giro, quella diffidenza che invece ha sempre caratterizzato Melissa. Il cane adulto ti dà maggiori certezze. Poi, è chiaro che ci sono molte cose che vai a scoprire con il tempo, infatti il cane fa emergere la sua personalità a seguito dell’adattamento al nuovo contesto, nella sua nuova vita. Ma, anche se è brutto dirlo… si ha potenzialmente un margine di errore minore».

Il film sui Bobtail di Monte Adone

Facciamo un passo indietro nella storia di Laura e sulla decisione di prendere con sé Melissa. «Ho sempre voluto vivere con un cane ma i miei genitori, per una serie di motivi, non hanno mai voluto accontentarmi, e forse avevano le loro buone ragioni. Quando ho raggiunto la maggior età mi sono costruita un percorso professionale per poter stare con i cani e quando è giunto finalmente il momento nel quale mi era concesso di prenderne uno, era il momento di ragionare su “chi” portare in famiglia. A quel tempo ero volontaria al centro di recupero fauna selvatica di Monte Adone, e ogni volta che si parlava di cani si citavano questi Bobtail, che anche io avevo conosciuto, adorati da tutti quanti».

«In quel centro di cani ce ne sono stati moltissimi, di tutti i tipi, raccattati da ogni parte – prosegue Laura – Tutti cani che sapevano convivere con scimpanzé, leoni e con tutte le specie presenti nel centro di recupero. Ma quei Bobtail avevano un posto particolare nel cuore della famiglia che gestisce il centro. Non nascondo poi che l’aspetto di quei cani ha sempre catturato il mio gusto estetico: da piccoli sembrano proprio dei teneri panda bianchi e grigi».

Poi, sorridendo, Laura continua: «Inoltre, lo stesso giorno del mio compleanno, era nata una bella cucciolata: insomma un insieme di fattori che non dovrebbero significare proprio nulla ma al tempo confluirono avvalorando la mia scelta. Tutti erano dei segni propiziatori nella mia testa. E pensare che comunque ero circondata da persone che di cani ne sapevano, già frequentavo il corso di formazione professionale ma forse, da quel punto di vista, ero ancora troppo immatura, poco saggia e incapace di fare delle considerazioni lucide sulle miei scelte in quel contesto. Comunque, sia chiaro, quella è stata un’esperienza importante della quale non mi rammarico affatto, anzi».

Aleggia sul volto di Laura una punta di amarezza quando riportiamo il discorso al presente, ovviamente oggi le sue scelte di vita sono altre, ci sono fattori che la influenzano differenti da quel periodo all’inizio della sua carriera di educatrice. «La situazione attuale è drammatica in merito al gran numero di cani Terrier di tipo bull che finiscono in canile, con tutte le conseguenze che questo fatto comporta, mentre la moda orienta le persone verso razze piccole, gestibili, come i Boulldogue francesi…».

Kodami, parlando di zoomafia e del traffico di cuccioli dall'Est Europa, ha spesso spiegato quanto sia un tema caldo, di attualità quello che lei accenna. La larga diffusione di questa tipologia di cani, soprattutto perché le persone, per lo più inconsapevoli, non si rendono conto che il loro acquisto alimenta un mercato che si basa sulla sofferenza causata da un allevamento “intensivo” e privo di scrupoli, soprattutto per quanto concerne la salute di questi soggetti deformati all’eccesso per un mero gusto estetico e di emulazione dei vip che ne possiedono degli esemplari.

Quindi da un lato l’alto tasso di abbandoni di cani presi senza alcuna coscienza, come i Terrier di tipo bull, che mal gestiti divengono problematici, dall’altro un mercato fiorente che distoglie l’attenzione dal canile focalizzandola sull’ultimo accessorio alla moda. Un vortice dal quale sarà difficoltoso uscirne, soprattutto per questi cani che a diverso grado, alla fine, sono vittime.

I percorsi di adozione, l'importanza di entrare in contatto con le persone e creare cultura

Sull’onda di queste parole Laura, visibilmente toccata emotivamente, condivide con noi qualcosa che reputa intollerabile al giorno d’oggi: «Per esperienza diretta posso riferire il caso di una persona di mia conoscenza alla quale non è stato dato il cane al canile perché, a conti fatti, c’erano delle buone ragioni, tra le quali il il fatto che la famiglia è fuori casa tutto il giorno e il cane passerebbe così la maggior parte del tempo in assoluta solitudine».

«Sono validi motivi, ma allora lei cosa ha fatto? È uscita da lì e ha acquistato un Bouledogue francese nuovo fiammante – evidenzia Laura – Quindi, quello che mi viene da considerare è che per adottare un cane dal canile ci vogliono mille condizioni appropriate, ma di contro per acquistarne uno no. Ma parliamo sempre di cani, o no? Non è che questa persona si è messa in discussione, ha deciso di modificare qualcosa nella sua vita per poter vivere bene con il suo cane. Quelle considerazioni potevano essere motivo di riflessione, invece… Nulla di tutto ciò. È andata a comprarlo…».

Lo scoramento è evidente in Laura, così continua: «Chiunque può comprare un cane, e la persona che te lo vende viene considerata la più accreditata dall’acquirente. È assurdo che tu ti faccia consigliare da chi vuole venderti un cane se sia il caso di prenderlo o meno, soprattutto se si tratta di un venditore senza scrupoli, quelli dei “cucciolifici”, per capirci».

Un pensiero così sorge spontaneo e riguarda anche il nostro lavoro di divulgazione qui su Kodami, che ci interroghiamo spesso sulla psicologia di una persona che decide di prendere un cane. Come si orienta il suo pensiero? A fronte della cultura cinofila spammata ovunque, sulle riviste, sui social, in tv, eccetera, alla fine, come si muovono le persone? Ossia: quale peso ha quel benedetto "film" che abbiamo in testa?

«In realtà quel film può anche essere ricreato, riscritto…», dice Laura con una luce nuova di speranza negli occhi. «Quando sono a passeggio con i miei cani effettivamente siamo un bellissimo esempio di una persona e un cane adulto adottato in canile e questo so che rappresenta qualcosa di importante agli occhi degli altri, soprattutto delle persone magari inesperte che hanno ancora tutti i loro preconcetti sull’adottare un individuo adulto. Essere dunque un esempio positivo, che possa aiutare i cani e le persone condividendo tutto il bene che questa esperienza mi ha portato è qualcosa che aiuta a cambiare, o almeno a rivedere le proiezioni che uno si fa nella testa e che non poggiano su cose realistiche, su esperienze veramente vissute».

L’avventura in un ignoto fantastico con un cane adulto

«Ci possono essere moltissime storie su quanto qualcosa di inaspettato porti del gran bene nella vita delle persone. Non si può però dire ad una persona: “Prendi un cane perché questo ti insegnerà cose che nemmeno ti immagini”. A monte chi si trova davanti a una scelta la vive come un salto nel buio. E le scelte spesso, come abbiamo visto anche prima, si fanno più per aderire ad un’idea preconcetta, a delle abitudini, insomma a qualcosa di conosciuto, o presunto tale».

La comunicazione, l’informazione, anche nel migliore dei casi può risultare inefficace, insufficiente, soprattutto se confrontata con l’esperienza diretta. Le due cose possono certo raggiungere il massimo dell’efficacia quando vanno a braccetto, quando si dosano miscelandosi l’una nell’altra. E, a quanto pare, ci sono persone che hanno un certo talento nel far questo, persone preziose sia per i cani che per la gente.

«Sta di fatto che quando mi è stata fatta conoscere la Ginger – continua Laura – non avevo intuito che ci fosse del cane da caccia lì dentro. Francesca (responsabile della onlus ndr) ha subito pensato però che quel cane sarebbe stato perfetto per me. E prima di parlarne apertamente siamo uscite in passeggiata più volte insieme. Quando si parla di passeggiate al RIOT bisogna sempre tener conto di come si svolgono lì. Un gran numero di cani, tutti liberi, a spasso con noi tra le colline. La Ginger mi stava vicina. Le caratteristiche del cane sono emerse via via, mentre io e lei entravo sempre più in relazione. I miei preconcetti mi avrebbero impedito di fare la conoscenza di quel cane se subito mi fosse stata presentata come “cane da caccia” con una buona motivazione predatoria e perlustrativa. Sono cose che ho scoperto man mano, ma con il supporto di Francesca, che la conosceva bene… e che conosce bene anche me».

La questione del cucciolo?

Il discorso verte poi a richiamare il fattore dell’età del cane. Laura ripete che non intendeva affatto prendere un cucciolo in famiglia, non più quantomeno. «Inserire un cucciolo in famiglia è molto più complesso che inserire un adulto. Anche qui ribaltiamo il tutto rispetto alla concezione comune delle cose, inoltre il cucciolo resta cucciolo per pochissimo tempo, c'è da ricordarlo visto che questa spesso è la principale attrattiva. Un tempo breve nel quale è particolarmente vulnerabile e delicato, che richiede molta attenzione. Inoltre ci sono innumerevoli fattori che spesso non si è portati a considerare: ci sono stati dei momenti terribili vissuti con Melissa quando era piccolina».

«Lei era diffidente e spaventata dalle persone, andare in giro con lei era praticamente impossibile. Quel piccolo batuffolo attirava l’attenzione di tutti quanti. Le persone uscivano dai negozi per toccarla, e io che la dovevo proteggere da un vero e proprio assedio. Al tempo non mi rendevo nemmeno conto dell’effetto negativo che questa situazione avrebbe generato in seguito. Non mi metterò mai più in quella condizione».

Forse queste cose sono veramente poco comprensibili da chi non abbia fatto ancora questa esperienza però e per questo le raccontiamo. Le persone senza rendersene conto sono spesso incapaci di gestire le proprie pulsioni, possono arrivare a traumatizzare un piccolo. Ma le conseguenze di tutto ciò non sono visibili nell’immediato dato che il cane non ha ancora maturato una sua personalità. Ma quando lo farà, questi traumi emergeranno e nel caso di Melissa è accaduto nell’amplificare la sua già presente diffidenza nei confronti degli esseri umani, fatta eccezione per i membri della sua famiglia, naturalmente.

«Però non avrei nemmeno adottato un cane anziano, subito dopo la morte di Melissa. Lo spettro del lutto, vicino, un’altra volta, lo volevo escludere a priori. Anche se poi, sempre lì, al RIOT, ho avuto modo di conoscere Egle e Mieto, due cani di 12 e 15 anni. Lei si è affidata totalmente a lui: è in pratica sua moglie e guardarli è una meraviglia assoluta. E se ci si ferma solo ai dati anagrafici non li prenderesti mai in considerazione ma se li conosci, se ci passi del tempo insieme le cose cambiano, e di molto. Quando scopri le loro personalità tutto il resto va in secondo piano, svanisce letteralmente. Quindi, vivere certe esperienze, nel contesto adatto, ti consente anche di far piazza pulita dei tuoi sciocchi paletti».

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Ginger, Laura e Luigi Trottolino, anche lui adottato adulto, ed è un’altra storia…

Ancora una volta emerge così il fattore esperienziale che è forse il più importante e in fondo non solo per quanto concerne la scelta di un cane. Tutto ciò impone così ancora una volta una profonda riflessione sulla complessità della relazione, sulle opportunità sfruttate e quelle tarpate ancor prima di essere considerate. Il momento dell’incontro va da un lato gestito, incanalato, ma bisogna fare molta attenzione nell’impedire che alcuni sfuggenti ingredienti possano influenzare lo svilupparsi di situazioni nuove e impreviste.

Ci vuole una grande sensibilità, e una buona preparazione in materia nel comprendere quale cane proporre ad una famiglia, ma anche un pizzico di fiducia nel cogliere le occasioni inaspettate che si presentano fuori dal campo del prevedibile. Ci sono persone che hanno sviluppato una grande sensibilità, guidate anche – ma non solo – dall’intuizione irrazionale. Alle volte dobbiamo anche rischiare un po’ ma non metterci e mettere qualcun altro in pericolo. È forse un confine difficile da cogliere, ma se ci pensiamo, tutto ciò è strettamente connesso al tema della libertà: è un cerchio che si chiude. Alla fin fine non ci sono mai certezze e il non accettare mai qualche rischio impedisce la possibilità della meraviglia dell’inaspettato che poi è il premio per averlo accettato.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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