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18 Luglio 2023
15:06

Il cane può stare da solo in giardino?

Il cane non può essere lasciato a vivere da solo in giardino. Sebbene tutti i cani abbandonati a sé stessi soffrano, alcuni potrebbero reagire particolarmente male.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Il cane non può vivere da solo in giardino, perché è un animale dall'elevata socialità e ha quindi il desiderio e il bisogno di sentirsi parte integrante del gruppo. Da solo, invece, rischia di vivere una forte frustrazione ed emozioni negative che possono condizionarne fortemente lo stato di benessere mentale.

Esattamente come noi umani, anche i cani hanno però una forte individualità che li porta a reagire in maniera diversa di fronte alla condizione di isolamento e, sebbene tutti i cani abbandonati a sé stessi vivano una sofferenza, alcuni potrebbero reagire particolarmente male, finendo per sentirsi depressi e privati di ogni possibile interesse.

Tutto ciò, ovviamente, non riguarda i casi in cui il cane vive da solo in giardino unicamente per brevi periodi. Come l'ambiente domestico, infatti, anche lo spazio esterno, in determinate condizioni può rappresentare un luogo sicuro in cui stare per un breve lasso di tempo mentre i pet mate sono lontani.

Perché il cane non può vivere da solo in giardino?

I cani hanno bisogno di appartenere in maniera attiva a un gruppo e, soprattutto, amano assumere un ruolo al suo interno. Questo aspetto gli permette di evitare la frustrazione data dalla solitudine e dall'isolamento sociale. Trascorrendo le giornate insieme ai suoi umani, il cane impara le loro regole e gli stili di relazione che li muovono, di conseguenza si adatta e trova poi il proprio posto sia in famiglia che, più in generale, nel mondo che lo circonda.

Tra le tante motivazioni (ovvero i desideri e i bisogni) tipiche della specie, ve ne sono alcune che in condizione di solitudine vengono fortemente frustrate. Tra queste vi è la motivazione affiliativa (il desiderio di sentirsi parte del gruppo), quella collaborativa, quella protettiva e quella epimeletica (la ricerca di attenzioni e cure da parte di un individuo del gruppo).

Inoltre, la condizione di isolamento prolungato mette anche in difficoltà l'assetto emozionale del soggetto, rischiando di portarlo a stati di depressione e apatia.

Esistono cani che si adattano meglio alla vita in giardino?

Nessun cane può vivere da solo in giardino senza risentirne. Bisogna dire, però, che ognuno ha una personalità unica e irripetibile e, quindi, la reale sofferenza data da questa condizione è soggettiva. Ciò non significa affatto che la vita isolata da un punto di vista sociale possa piacere a qualcuno, ma piuttosto che esistono soggetti e razze che vivono questa condizione con meno difficoltà.

Vi sono cani, infatti, che hanno una forte autonomia e, in certi casi, siamo stati proprio noi umani a svilupparla, attraverso la selezione svolta nei secoli con l'obiettivo di renderli adeguati ai mestieri che svolgevano. Pensiamo ad esempio ai grandi cani da protezione delle greggi, come i Pastori Maremmani Abruzzesi, i quali sanno accettare le lunghe giornate (e nottate) sui pascoli senza dover incontrare costantemente lo sguardo del pastore.

Ciò nonostante, è bene considerare che la capacità di trascorrere molto tempo da solo, necessaria per il lavoro con le greggi, non è sufficiente per sostituire il desiderio e il bisogno di assumere il suo compito di guardiano. Ed ecco che la solitudine, oltre a farlo sentire privato del suo lavoro, può portarlo a manifestare la spiccata motivazione territoriale proprio su tutto ciò che ha intorno, ovvero il giardino.

In questo caso, noi umani veniamo tagliati fuori da ciò che ha davvero importanza per lui, la sua autonomia prenderà il sopravvento e deciderà chi potrà passare (e chi invece no) nel suo spazio. Lo stesso potrebbe accadere anche ad altri cani caratterizzati da una passione per la difesa del proprio territorio, come ad esempio alcuni molossi.

Se la solitudine prolungata viene invece inflitta ai cani caratterizzati da poca autonomia e da una forte motivazione affiliativa o dal desiderio di collaborare con i propri umani, il giardino diventa a tutti gli effetti un luogo di disperazione, come accade spesso ai cani da caccia o ai pastori da conduzione, che per secoli sono stati selezionati con l'intento di renderli grandi esperti della cooperazione con noi.

Vi è poi il particolare caso dei cani che sono stati selezionati sia per la guardiania che per la conduzione del gregge, come ad esempio i Pastori Tedeschi, i quali hanno moltissime motivazioni sviluppate e per loro, quindi, sarà ancora più semplice cadere in condizioni di forte frustrazione e depressione, rischiando di finire per mostrare (come spesso accade) stereotipie, come il rincorrersi la coda, correre ossessivamente in tondo o  avanti e indietro lungo la recinzione.

Lasciare il cane da solo in giardino può essere un reato?

La legge italiana non considera reato il fatto di lasciare il cane da solo in giardino, ciò nonostante, il pet mate ha la responsabilità di evitare nell'animale condizioni di pesante trascuratezza, trattarlo con prolungato disinteresse e causargli sofferenza.

Secondo l'articolo 727 del Codice penale, infatti: «Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze».

Il concetto di abbandono, quindi, secondo la legge del nostro paese non riguarda solo l'abbandono definitivo, ma anche il disinteresse e la trascuratezza nei suoi confronti. Per determinare le effettive condizioni dell'animale, però, occorre valutare ogni singolo caso e, in alcune situazioni, il reato potrebbe sfociare anche in vero e proprio maltrattamento, punito dalla legge italiana con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con una multa da 5.000 a 30.000 euro.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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