28 Settembre 2021
11:11

I fondi contro i maltrattamenti si riducono. Lav: «Serve un piano nazionale»

Un milione di euro nel 2019 e 800mila euro nel 2020. I fondi stanziati dal Ministero dell’Interno contro il maltrattamento degli animali invece che aumentare diminuiscono. Eppure sono così importanti che permetterebbero di aiutare nella lotta alle illegalità. A fotografare la situazione è Lav, la Lega anti-vivisezione, sulla base di ciò che è stato reso evidente e trasparente sui diversi siti delle prefetture. Il fondo è stato usato per diverse azioni, tra cui l’assunzione a tempo determinato di agenti di polizia locale e l’acquisto di attrezzature e mezzi.

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Un milione di euro nel 2019 e 800mila euro nel 2020. I fondi stanziati dal Ministero dell’Interno contro il maltrattamento degli animali invece che aumentare diminuiscono. Eppure sono così importanti che permetterebbero di aiutare nella lotta alle illegalità. A fotografare la situazione è Lav, la Lega anti-vivisezione, sulla base di ciò che è stato reso evidente e trasparente sui diversi siti delle prefetture. Il fondo è stato usato per diverse azioni, tra cui l’assunzione a tempo determinato di agenti di polizia locale e l’acquisto di attrezzature e mezzi.

Nel 2019 sono state nove le Regioni che hanno beneficiato del fondo di un milione di euro: Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Sicilia. Nel 2020, invece, lo stanziamento è stato di 800.000 euro. Diminuiscono i fondi ma si è allargata la platea a tutte le Regioni e le Province autonome. La documentazione richiesta dalla Lav è arrivata, seppur non sempre completa, dalle Prefetture di Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Genova, L’Aquila, Milano, Napoli, Roma, Torino, Trento, Trieste e Venezia.

Nel 2019 hanno presentato progettualità e beneficiato del fondo 103 Comuni, mentre nel 2020 su 13 tra tutte le Regioni e le Province autonome ciò è accaduto solo per 99. Nel 2019, sei Comuni hanno rinunciato al contributo che avevano ottenuto. Ventotto non hanno lo invece speso per intero e nel 2020 hanno declinato al bonifico in nove.

La lotta ai maltrattamenti è stata confusa con la prevenzione del randagismo. Secondo quanto ha potuto appurare la Lav, infatti, non poche delle attività finanziate dal Fondo sono focalizzate al controllo del territorio, alla cattura dei cani vaganti, alla cura delle colonie feline, alla sterilizzazione di cani e gatti sul territorio, alla realizzazione di box nelle strutture di accoglienza e acquisto di cucce e alla verifica dell’osservanza dell’obbligo di raccolta delle deiezioni. Di numero piuttosto ridotto i progetti relativi al controllo su strutture, attività commerciali e verifica di segnalazioni di detenzione inidonea, con riferimento alla prevenzione dei maltrattamenti.

Tra i progetti che hanno ottenuto un finanziamento e che, secondo Lav, poco hanno a che fare con il contrasto del maltrattamento uno ha coinvolto la Provincia di Trento per un corso di formazione per forze di sicurezza, volontari e associazioni che gestiscono i canili. E i due «progetti-fotocopia dei Comuni marchigiani Palmiano e Roccafluvione per l’acquisto di lettori di microchip e fototrappole» acquistati per «sanzionare i soggetti» che sporcano «il suolo pubblico con le defecazioni dei propri animali da compagnia senza raccoglierle» e per «incastrare i soggetti che si renderanno artefici».

Per cosa sono stati spesi i fondi nel 2019 e nel 2020? Nella prima edizione del fondo, secondo l’analisi di Lav, principalmente si sono pagate le prestazioni di lavoro straordinario. In pratica, vigili a progetto: solo 8 Comuni ne hanno assunti 13. Le spese per mezzi e attrezzature non sono sostenute, infatti, da tutti i Comuni.

Le buone pratiche e gli illeciti contestati

Lav giudica come positiva la convenzione firmata dal Comune di Verona con l’Oipa grazie alla quale nel febbraio 2021 è stato attivato uno sportello per dare informazioni e raccogliere segnalazioni sui temi del maltrattamento degli animali. Ma a ricevere gli apprezzamenti dell’associazione anche il progetto “Nucleo difesa animale” di Parma, con un nucleo operativo di volontari. Non ci sono però solo i Comuni capoluogo Anche il piccolo Comune di Ugento in provincia di Lecce si è distinto positivamente: tra le varie attività ha approvato anche un Regolamento comunale per la tutela degli animali. Promossi anche i Comuni pugliesi di Ruvo di Puglia, Corato e Cutrofiano che hanno previsto anche l’impiego di agenti di polizia locale assunti a tempo determinato e che hanno raggiunto buoni risultati.

Nota dolente il tema degli illeciti: troppo pochi. Sono 368 in totale quelli contestati, di cui 191 nelle Marche e 144 in Puglia. Eppure, in totale risultano essere state controllate 469 strutture tra le quali sono stati ricompresi anche 16 canili e 7 negozi (385 solo ad Ancona). Sono stati fatti 221 sopralluoghi sul territorio o in abitazioni private e controlli su 4.289 cani dei quali 2.368 a Milano che ha specificato che fossero sull’obbligo del microchip e che ha portato avanti 17 indagini di polizia giudiziaria. A questi si aggiungano i controlli dei quali non è stato dato un dato numerico.

Lav: Documentazione incompleta, spesso i progetti vengono fatti per il randagismo

«Non è facile fare un bilancio. La documentazione arrivata dalle prefetture è spesso incompleta. Non sempre i fondi sono stati dati per la repressione dei maltrattamenti ma per progetti che hanno avuto come scopo il randagismo – spiega a Kodami Ilaria Innocenti, dell’area Animali familiari di Lav – In Italia invece c’è una grande emergenza sui maltrattamenti e occorre fare tanta prevenzione. Fondamentale è la formazione degli operatori: lì dove è stata fatta gli effetti si sono notati. Lav si era offerta gratuitamente di formare coloro che avrebbero dovuto effettuare i controlli». Per Innocenti l’idea di un fondo dedicato è positiva, ma c’è ancora altro da fare. «Ci auspichiamo che venga rinnovato e che si chiarisca meglio che la finalità è prevenire e contrastare il maltrattamento degli animali», aggiunge la delegata di Lav. Serve, dunque, «più sinergia tra tutti gli attori in campo», anche perché in questo modo i numeri della partecipazione al bando potrebbero essere molto più alti. «Per un progetto pilota possono anche essere sufficienti quei fondi assegnati, ma di sicuro servono altri criteri di distribuzione. I soldi sono pochi per un vero piano nazionale. Si è persa l’occasione per farne uno, grande, in grado di prevenire i casi di maltrattamento».

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