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24 Febbraio 2021
8:58

Randagismo e territorio: dal mondo all’Italia

Il fenomeno del randagismo è complesso e la distribuzione dei cani liberi in Italia non è omogenea. Nel mondo l'80% della specie vive senza un riferimento stabile umano e nel nostro Paese un differente approccio, dovuto anche alla non applicazione delle leggi e da altre motivazioni, ha portato a realtà diverse a seconda delle regioni in cui gli animali vivono. Ma per ogni territorio è possibile distinguere anche che tipo di cani vengono abbandonati.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Su Kodami stiamo affrontando sotto svariati punti di vista, l’argomento randagismo. Proprio la prima importante definizione che ne abbiamo dato, un fenomeno ecologico-dinamico caratterizzato dalla presenza di cani vaganti sul territorio, ci ha consentito di iniziare un percorso approfondito per comprenderne la portata e per evitare di cadere in errori di valutazione dettati dal pietismo o dall’eccessiva rigidità. Un fenomeno tanto complesso genera preoccupazione per alcune persone, sia da un punto di vista strettamente antropocentrico o estremizzata in difesa degli animali, e l’erronea interpretazione di un fenomeno può essere altamente deleteria per le diverse parti implicate: in primis gli animali e la comunità di cittadini. E’ ormai necessario promuovere un cambio nella visione, interpretazione, gestione e regolamentazione del fenomeno.

Ma quanti sono i randagi nel mondo? 

Oggi possiamo osservare il randagismo da un punto di vista territoriale. Ragionando in generale, sappiamo che la maggior parte dei cani del Pianeta vivono effettivamente fuori dal controllo umano diretto. I cani “di proprietà”, anzi per meglio dire, i cani che vivono sotto la costante custodia umana, rappresentano circa solo il 10-20% di tutta la popolazione. Tutti gli altri sono vaganti e tra di essi la maggior parte sono effettivamente di proprietà, ma incustoditi. Può sembrare un paradosso a chi vive con un cane e in generale all'idea di rapporto con i cani che gli uomini hanno soprattutto nelle città occidentali, ma questa è la realtà.

Ad oggi, né a livello globale né a livello locale, vi è però una stima affidabile del numero di cani randagi e, in tutto il mondo, le misure di controllo e prevenzione per arginare il fenomeno possono essere varie e distinte. A volte, purtroppo, anche cruente come l’uccisione diretta con armi da fuoco o avvelenamenti.

Ci troviamo davanti a uno scenario generale per cui alcuni paesi non hanno cani sul territorio, hanno canili vuoti e sollecitano, e ricevono, cani dall’estero per le adozioni locali. Tra questi possiamo citarne alcuni del Nord Europa, come Olanda e paesi scandinavi. In altri nazioni, invece, la presenza, anche massiva, di gruppi di cani vaganti, è la quotidianità e la normalità, come per esempio in alcuni paesi latino-americani o asiatici. Poi ci siamo noi, gli ibridi: luoghi come l'Italia in cui la storia e il territorio hanno ancora una volta creato uno spaccato e dove Sud e Nord sono due mondi distinti.

I motivi per cui tali differenze sono tanto evidenti saranno approfonditi in seguito ma risiedono sicuramente nella non applicazione diffusa delle leggi, la errata valutazione dei cani sul territorio nelle diverse regioni, la gestione del fenomeno in maniera non lineare e lo scorretto investimento di risorse economiche in alcune aree. Non ultimo c'è anche una differenza culturale nell'approccio lungo l’asse della nostra Penisola.

Il randagismo in Italia

In una situazione come quella italiana vi è una grande disomogeneità territoriale. Il Nord è privo di gruppi di cani vaganti. Un individuo, spesso smarrito o abbandonato, è rapidamente catturato e portato in canile dove, a seconda del suo destino potrà ritrovare la sua famiglia, essere adottato o vi passerà parte della sua vita. Al Sud siamo catapultati invece in un’Italia totalmente diversa, con piccoli e grandi centri abitati che ospitano fin anche numerosi cani che si riproducono. Oltre i casi di abbandono, dunque, vi sono anche gruppi familiari o aggregati di randagi propriamente detti, a volte anche di generazioni. Abbiamo poi, i cani sterilizzati e reintrodotti sul territorio e numerosissimi sono i cani di proprietà lasciati incustoditi. Insomma, una varietà di popolazione canina, accomunata dalla “vita di strada”. Cosa differenzia le due realtà Nord-Sud è, da un lato, la qualità delle misure di prevenzione e controllo messe in atto negli anni, dall’altro, l’educazione, la civiltà e la sensibilità dei cittadini.

L’abbandono dei cani è influenzato dal territorio

L’abbandono dei cani è un fenomeno dalle caratteristiche prettamente territoriali. La tipologia di cani che si ritrovano in strada dopo aver vissuto accanto agli uomini è strettamente influenzata dalle abitudini locali. Ad esempio in Umbria e in Toscana, zone ad intensa attività venatoria, gli abbandoni riguardano in gran numero i cani di razza “tipo da caccia”. Una visita in un canile di queste zone ci aiuterebbe a capire l’entità e la gravità della la situazione, specialmente in alcuni periodi dell’anno. I cacciatori spesso abbandonano i cani che sono meno prestanti nell’attività di caccia. Invece, in zone ad alta vocazione agro-zootecnica, i randagi e anche la popolazione dei canili sono maggiormente rappresentati da soggetti di razze “tipo pastore” e loro incroci, come avviene nell’area disegnata tra le regioni dell’Abruzzo, il Molise e il nord della Puglia.

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Laura Arena
Veterinaria esperta in benessere animale
Sono un medico veterinario esperto in comportamento animale, mi occupo principalmente di gestione del randagismo e delle colonie feline, benessere animale e maltrattamento animale con approccio forense. Attualmente lavoro in Italia, Spagna e Serbia.
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