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13 Agosto 2023
9:00

I cani comunicano con altri animali?

I cani sono animali sociali in grado di comunicare anche con altri animali. Le forma più complessa e ricca di comunicazione è quella che esprimono con noi, e non è un caso.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I cani comunicano utilizzando un sistema multimodale che passa, cioè, attraverso tutte le loro sensibilità sensoriali: visiva – con il “linguaggio” del corpo – olfattiva, che in certi casi si combina con quella gustativa, e poi uditiva e tattile. Un cane di famiglia, oggi come oggi, si trova a vivere in una vera e propria società multispecie ed essendo una specie fortemente sociale può comunicare anche con altri animali.

Il successo del cane domestico come specie, quindi, dipende dalla sua capacità di interagire socialmente non solo coi suoi simili, ma anche, e forse soprattutto, con noi e coi tanti altri animali di cui amiamo circondarci, primi fra tutti i gatti.

Per quanto i cani abbiano dunque sicuramente la capacità di comunicare con altri animali, è con le persone che danno la dimostrazione più lampante e profonda. Tuttavia, è importante ricordare che la comunicazione interspecifica del cane non ha nulla – o quasi – a che vedere coi segnali che esprime quando “esegue” le nostre richieste.

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Dentro ogni cane che comunica c’è un cervello che funziona all'interno della sua stessa esperienza "canina" e proietta il risultato di questa cognizione nella relazione con l'ambiente – che comprende anche noi (e le altre specie animali). Quando i cani comunicano con noi, o con un altro animale, non sono solo coinvolti attivamente in un processo comunicativo, quel processo comunicativo esiste, ed è operativo, nella loro mente.

Come i cani comunicano con altri animali

Quando un cane comunica con un altro animale significa che è il mittente o il ricevente di informazioni rilevanti ai fini di quell’interazione. Ciò che avviene non è però un mero scambio di informazioni tra interlocutori. Se è il cane a trasmetterle, le elabora all'interno della propria mente e le codifica in un segnale. Quando invece le sta ricevendo, allora il suo cervello si attiva per decodificarle.

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Durante questo processo di codifica e decodifica, le informazioni subiscono molti passaggi e trasformazioni; nel decodificarle, in particolare, il cervello del cane inserisce molti altri elementi, come le sue aspettative, le esperienze precedenti, lo stato emozionale, la relazione con il mittente e le circostanze del momento. Tutto ciò, va da sé, può anche portare alla nascita di mal interpretazioni. La risposta del cane nasce proprio dalla combinazione dei vari elementi e di solito, ma non necessariamente, coincide con un altro atto comunicativo.

In estrema sintesi, la comunicazione del cane è un processo cognitivo che implica una mente e la capacità di elaborare informazioni. Quale tipo di informazioni? Quelle che riguardano l’ambiente – la cosiddetta comunicazione referenziale – e quelle che riguardano lo stato interno dell’animale, e allora si parla di comunicazione emotiva.

Il consenso generale sul fatto che i cani domestici abbiano sviluppato una sensibilità unica allo sguardo e ai gesti umani, insieme all'estrema rapidità con cui i cani abbandonati sembrano formare attaccamenti alle singole persone, indicano una grande motivazione per il contatto umano. Inoltre, supportano l’idea che, con le dovute eccezioni individuali, la relazione cane-uomo abbia generalmente la precedenza in qualsiasi comunità multispecie e, non raramente, persino su quelle tra cani.

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La comunicazione canina interspecifica più complessa e ricca avviene proprio con noi per via della combinazione di almeno tre fattori. Il primo è la domesticazione: i millenni di coevoluzione delle due specie potrebbero aver permesso a persone e cani di selezionarsi a vicenda per la capacità di sviluppare specifiche abilità di comunicazione, favorendo lo sviluppo di analogie nel comportamento emotivo di entrambe.

Per esempio, un segnale comunicativo che i cani domestici utilizzano molto con le persone è quello vocale, l’abbaio. Può essere che questo segnale sia stato modellato dalla selezione naturale e/o artificiale nell'ambiente umano, al punto da aver acquisito una funzionalità significativa nella relazione uomo-cane. Non a caso, questo comportamento è meno frequente e meno vario nei canidi selvatici, e, così come altri segnali corporei, persino nei cani ferali, che non dipendono più dall’uomo dal punto di vista alimentare e affettivo.

La scienza ha messo anche in luce una certa variabilità nella struttura acustica degli abbai associata ai diversi stati interni dell’animale e alle situazioni in cui si trova. Ad esempio, gli abbai con cui i cani segnalano l'arrivo di uno sconosciuto a casa hanno caratteristiche acustiche molto diverse da quelli che con cui esprimono eccitazione di fronte alla prospettiva di una gita. Queste differenze sono generalmente comprese dalla maggior parte delle persone dagli otto anni in su, anche da quelle che non vivono coi cani.

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Tutto ciò lascia pensare che tale variabilità possa proprio essere il risultato di una preferenza espressa sin dai tempi passati dagli esseri umani per i cani che la esibivano in modo più simile a loro. Sia gli esseri umani che i cani, infatti, tendono a utilizzare i suoni acuti, che di solito vengono associati a animali piccoli e non minacciosi, in contesti amichevoli. Pensiamo alla vocina che ci esce quando parliamo coi bambini, quasi a voler apparire noi stessi più piccoli di quanto siamo. I suoni bassi, come i ringhi cupi e profondi di un cane, al contrario, tendono a essere associati ad animali più grandi e vengono di solito utilizzati da un cane per minacciare, e nel tentativo di sembrare più corpulento.

Ma c’è di più, ed è legato al secondo fattore, ossia l’effetto dalla cosiddetta “ritualizzazione ontogenetica”, un processo attraverso cui l'esperienza condivisa fa sì che comportamenti sociali particolari, messi in atto regolarmente nel contesto di interazioni diadiche, acquisiscano la funzione di segnali comunicativi intenzionali. Difatti, mentre alcuni tipi di abbaio sono più uniformi nella specie, per altri si registra una significativa variazione individuale: è il caso, ad esempio, delle vocalizzazioni che i cani emettono durante il gioco con la palla, prima di uscire a fare una passeggiata o in situazioni di richiesta. Questa variazione individuale potrebbe essere plasmata dalle interazioni tra un cane e il suo (o la sua) pet mate.

Sarebbe cioè frutto di un apprendimento idiosincratico, quella forma di apprendimento che si riferisce a come un animale impara e sviluppa comportamenti o risposte specifiche in base alle proprie esperienze individuali e alle interazioni con l'ambiente circostante. Questo tipo di apprendimento, che è peculiare di ogni cane, può essere influenzato dalla personalità dell'animale, dalle sue esperienze passate e dalla relazione con il suo compagno umano, o la sua compagna umana, che in ogni diade è specifica e unica.

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Il terzo probabile fattore è la presenza di caratteristiche emotivo-comportamentali omologhe nelle due specie, un’idea che pare supportata dalla corrispondenza nelle strutture cerebrali alla base del comportamento emotivo nei mammiferi e dal fatto che i mammiferi esprimono le emozioni utilizzando schemi simili. Riguardo alle relazioni dei cani con specie diverse da quella umana, e ai loro sistemi comunicativi, però, c’è ancora molto da imparare. Non è noto, ad esempio, se i cani formino legami di attaccamento con le altre specie, e se anche le loro dinamiche comunicative siano ricche ed efficaci, o se la relazione cane-uomo sia unica.

Per quanto si tratti, di solito, di specie che, come i cani, comunicano attraverso canali visivi, olfattivi, uditivi, e tattili, e utilizzano un linguaggio del corpo che potremmo definire universale, il cui significato tra i diversi animali (specialmente mammiferi) è cioè generalmente simile e comprensibile, ognuna mostra comunque anche una gran varietà di segni peculiari della propria particolare specie. La comunicazione interspecifica tra cani e altri animali non umani è quindi certamente più complicata rispetto a quella con le persone, e questo dipende fondamentalmente dell’essersi evoluti separatamente, dalla diversità dei rispettivi processi di domesticazione e dalla mancanza di una capacità naturale di comprendersi a vicenda.

Come prevenire i problemi di comunicazione tra il cane e altri animali

Come detto poc’anzi, comunque, sempre più frequentemente i cani di oggi si trovano a vivere in famiglie composte anche da altri animali. Prevenire i problemi di comunicazione tra loro è quindi importante e richiede attenzione, pazienza e una gestione adeguata delle interazioni, degli spazi e delle risorse.

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Ecco alcuni suggerimenti per prevenire tali problemi:

  • Socializzazione precoce: la finestra temporale in cui i cani sono maggiormente predisposti a imparare a socializzare con le altre specie si colloca tra le 5 e le 12 settimane di vita. Permettere al cucciolo di familiarizzare con altri animali sin da allora aumenta la probabilità che, da adulto, si rapporti positivamente con loro.
  • Introduzioni controllate: è bene introdurre ogni nuovo animale (non necessariamente di specie diversa, tra l’altro) in modo graduale e controllato, senza forzare le interazioni e scegliendo uno spazio neutrale e sicuro che possa non stimolare la motivazione predatoria.
  • Supervisione: è sempre importante prestare attenzione ai nostri animali di specie diversa quando interagiscono tra loro, e interrompere le interazioni nelle quali si notino comportamenti indicativi di stress, ansia, paura o aggressività.
  • Gestione degli spazi: organizzare l’ambiente domestico in modo che lo spazio personale di tutti gli animali sia rispettato, sì da ridurre la probabilità che insorgano conflitti.
  • Consultare un professionista: per evitare la manifestazione di comportamenti aggressivi e/o di eccessiva inibizione, se la comunicazione tra il cane e gli altri animali non sembra chiara ed efficace, è necessario rivolgersi tempestivamente a un medico veterinario esperto in comportamento o a un educatore cinofilo, possibilmente preparato anche sul comportamento dell’altra specie, così da ottenere il giusto supporto.

Bibliografia

Mendl M, Brooks J, Basse C, Burman O, Paul E, Blackwell E, Casey R (2010). Dogs showing separation-related behaviour exhibit a ‘pessimistic' cognitive bias. Curr Biol, 20(19):R839-840.

Gross M. (2016). Talking with animals, Current Biology, 26(16):R739-R742.

Feddersen-Petersen DU (2000). Vocalization of European wolves (Canis lupus lupus L.) and various dog breeds (Canis lupus f. fam.), Arch. Anim. Breed., 43:387–398.

Pongrácz P, et al. (2010). Barking in family dogs: An ethological approach. The Veterinary Journal, 183(2):141-147.

Panksepp J. (2005). Affective consciousness: Core emotional feelings in animals and humans. Conscious Cogn., 14(1):30-80.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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