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14 Giugno 2022
15:41

Quando il randagismo è un business: l’Italia e quei cani dimenticati in canile

L'errore che si compie parlando di randagismo è di confondere i due piani che lo connotano: uno sanitario e uno sociale. In Italia si è passati dall'eutanasia all'accumulo nei canili senza concentrarsi sul benessere degli animali e dando vita anche a un business sulla pelle di questi ultimi.

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Il randagismo non deve essere visto e analizzato come se si trattasse di un fenomeno che una volta generato si riproduca da solo, ma come un insieme di cause che si ripetono, spesso senza essere chiaramente individuate e, di conseguenza, molto poco contrastate in modo organico.

Succede infatti che quasi sempre si interviene per "curare" gli effetti e non interrogandosi su quali sono le cause che originano un fenomeno complesso che tanto costa in termini di sofferenze agli animali e in denaro pubblico sperperato a danno dei contribuenti.

Altro errore che si compie parlando di randagismo è di confondere i due piani che lo connotano: uno sanitario e uno sociale. Non possono infatti essere considerati come si si trattasse di due fronti, quando in realtà sono entrambi campi della stessa battaglia. Non è possibile scinderli e rappresenta una sottovalutazione considerare soltanto l’aspetto sanitario mirato alla prevenzione delle zoonosi, malattie trasmissibili all’uomo, talvolta molto gravi come la rabbia.

Dal controllo delle zoonosi al "fine pena mai"

Proprio questo virus letale anche per l’uomo, quasi completamente debellato oggi nel nostro Paese, fu uno dei motivi principali per cui, sin dal lontano 1954 con l’entrata in vigore del Regolamento di Polizia Veterinaria, si prevedeva che tutti i Comuni, anche consorziandosi fra loro, dovessero dotarsi di un canile dove ricoverare i cani vaganti catturati sul territorio. Soggetti che potevano poi essere soppressi dopo soli tre giorni se non reclamati da eventuali aventi diritto, ma anche destinati alla sperimentazione.

Questa norma era di fatto il cardine sul quale ha fatto perno per quasi quarant’anni una strage di cani, ininterrotta quanto inutile a giudicare dai risultati, che è andata avanti, salvo poche eccezioni, sino al 1991 quando è stata promulgata la legge 281. Grazie a una diversa attenzione e sensibilità la nuova norma tratteggiava nuovi doveri per amministrazioni  e umani di riferimento e nuovi diritti per i cani che non potevano essere più abbattuti, salvo che per patologie incurabili o per manifesta pericolosità.

Una rivoluzione copernicana che però solo in parte è stata davvero tale, in parte perché molte previsioni della legge non hanno mai avuto completa attuazione e in altra parte per non essere stati in grado di garantire ai cani detenuti nei canili condizioni di vita almeno accettabili. Una legge della quale in tanti chiedono da tempo una profonda riforma, che nonostante proclami e impegni stenta a vedere la luce.

Per anni si è creduto che la soluzione migliore possibile per arginare il randagismo potesse essere quella di catturare i cani e di rinchiuderli in canile, in attesa di un’ipotetica adozione. I canili, nel frattempo, si sono riempiti con uno "stock" di esseri viventi che troppo spesso hanno scritta sul muso l’indicazione “fine pena mai”. Altre volte, invece, quando gli animali sono ricoverati in strutture private che percepiscono una diaria giornaliera per ogni cane detenuto possono raggiungono longevità insperate, non certo per la qualità di vita garantita loro ma per il fatto che nessuno controlla.

Lo sfruttamento dei cani, il business sul randagismo

Grazie a questo i Comuni pagano fatture mensili ai gestori con importi a cinque cifre, a volte anche per animali morti da tempo, e il randagismo si trasforma da emergenza per molti a fonte di lucro per pochi. Personaggi che i cani li fanno campare a fatica ma che grazie ai cani, a connivenze talvolta più che evidenti e ai consueti scarsi controlli, vivono più che bene sulle spalle della collettività.

Il gioco è semplice: più cani si catturano più soldi si guadagnano, meno cani vengono adottati più soldi si guadagnano, meno controlli ci sono e, ancora una volta, più soldi si guadagnano, specie se si hanno strutture, come nelle regioni meridionali, che custodiscono diverse migliaia di cani. Strutture così grandi dove la parola “benessere animale” per i cani rappresenta solo una promessa non rispettata, e non potrebbe essere diverso con numeri con capienze del tutto irragionevoli. Basti pensare che in alcune regioni, come la Lombardia, il numero massimo di cani per struttura non può superare le 200 unità (articolo 13, comma 1, RR Lombardia 2/2017).

I Comuni e lo Stato hanno fatto diversi errori sul randagismo, il primo dei quali è stato quello di identificare i canili come soluzione, mentre in realtà questa è la scelta più costosa e anche la meno efficiente per ottenere una reale contrazione del fenomeno. Sono le campagne di prevenzione, il controllo delle nascite, l’iscrizione di tutti i cani in anagrafe e investire sull'educazione sociale le parole chiave per un cambiamento vero che deve incominciare dalle scuole elementari. Queste sono le azioni e le buone pratiche che davvero frutti su lungo periodo e a costi decisamente più contenuti.

Diffondere cultura, in particolare, significa far capire che vivere con un cane comporta diritti e doveri, che la sua gestione e la decisione di dividere la nostra vita con lui deve essere frutto di scelte responsabili. Come è importante comprendere che castrare e sterilizzare i cani con programmi seri di controllo e con scelte oculate a seconda delle situazioni sui territori costa complessivamente molto meno che custodire un cane a vita in canile e con effetti molto più duraturi quando non risolutivi.

Solo contribuendo a far crescere nelle persone consapevolezza e rispetto verso gli animali si sviluppa la tolleranza, un sentimento utile a contenere quella componente di violenza che nasce dalla sensazione, malsana, che fa ritenere lecito esercitare il dominio su qualsiasi essere vivente.

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In estate aumentano gli abbandoni, ma è questo il periodo migliore per adottare un cane. Perché? Semplicemente perché siamo in ferie, abbiamo più tempo da dedicare al nuovo arrivato e la prima avventura che vivremo insieme sarà quella di una vacanza. Adottiamo un cane dal canile e mettiamo fine a questa piaga sociale.

Quest'anno abbiamo lanciato su Kodami "Vacanza bestiale", una campagna di informazione e comunicazione per sensibilizzare sul tema dell'abbandono estivo. Abbiamo deciso di focalizzarci su un'idea che non temiamo di definire rivoluzionaria ma, in fondo, così semplice in realtà da realizzare: adottate d'estate! Non esiste periodo migliore, credeteci, per scoprire quanto è straordinario trascorrere le vacanze e la vita insieme a un compagno animale.

Invia sui nostri canali social, video o foto e condividi con noi le esperienze più belle della vacanza col tuo amico a quattro zampe!

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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