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4 Giugno 2021
10:54

Dopo trent’anni, una proposta di revisione della legge quadro sui randagi. La relatrice Flati: «Riconoscerli come esseri senzienti è fondamentale»

Sono passati 30 anni da quello che, all'epoca, fu un punto di svolta nel nostro Paese per la tutela e il benessere dei cani e dei gatti senza un riferimento umano: la Legge Quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Arriva solo ora, dall'onorevole Francesca Flati del Movimento 5 Stelle, una nuova proposta di legge per i randagi.

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Intervista a Francesca Flati
Deputata della XVIII legislatura della Repubblica Italiana del Movimento 5 Stelle
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Sono passati 30 anni da quello che, all'epoca, fu un punto di svolta nel nostro Paese per la tutela e il benessere dei cani e dei gatti senza un riferimento umano: la Legge Quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Trent'anni in cui, in realtà, se davvero si fosse messo in pratica quanto previsto, nel 2021 la situazione sarebbe probabilmente molto diversa per i tanti individui che vivono sul nostro territorio nazionale non all'interno di famiglie. La 281, oggi, rispetto alle normative equiparabili nel resto del mondo è una legge che risulta ancora all'avanguardia. Ma il confronto con altre realtà non è utile in questo caso, perché detenere un primato ma non averlo messo realmente in pratica è una carenza non più giustificabile per un Paese come il nostro che da tre decadi quel gap enorme che c'è tra la legge e la sua applicazione non è riuscito a colmarlo.

Arriva così, ora, una nuova proposta di legge per la revisione della 281 (in fondo al testo è possibile visionarla). Non è la prima né, fin quando non finirà l'iter legislativo, si può dire che sarà l'ultima. La stesura di quello che potrebbe diventare un nuovo dettato normativo, questa volta, arriva dal Movimento 5 Stelle e la relatrice è l'onorevole Francesca Flati. Nel testo si punta a delle aggiunte che non vanno a toccare i punti saldi e fondamentali della 281 ma che intendono guardare al fenomeno del randagismo nelle intenzioni dei proponenti secondo una lente moderna e capace di mettere a fuoco una realtà frastagliata a livello regionale, richiamando al loro dovere gli Enti locali anche da un punto di vista legato alla sensibilizzazione delle persone, alla formazione di coloro che operano in canili e rifugi e in cui proprio le Regioni e i Comuni dovranno sottostare a regole più rigide per sopperire a quello che appunto non è mai stato un vuoto legislativo ma la mancata applicazione di quanto previsto.

La proposta di legge inizia con un'affermazione fondamentale al comma 2 dell'articolo 1: "Agli animali è riconosciuto lo status di esseri senzienti dotati di implicita dignità ed è garantito il diritto al benessere e alla tutela delle loro caratteristiche biologiche ed etologiche"

E' un passaggio importantissimo che abbiamo voluto fissare subito, assolutamente. Ad oggi il Codice civile considera ancora gli animali come degli oggetti, una definizione lontanissima dalla percezione dell’opinione pubblica. La maturità dei cittadini è più avanti rispetto alla legislazione, nessuno considera il cane o il gatto che gli vive accanto come una "res". In Europa la Convenzione di Lisbona ha già da tempo dichiarato gli animali come esseri senzienti. Questo è un pilastro imprescindibile su cui si basa la nostra proposta.

E' su questa definizione, però, che si sono scaldati gli animi tra i diversi rappresentanti politici per la modifica della Costituzione relativamente all'inserimento nella nostra Carta di tre articoli dedicati al benessere degli animali

A livello costituzionale è molto difficile che venga inserita una frase del genere. Non tutti hanno la stessa identica sensibilità ma sono certa che invece ogni proposta di legge che verrà depositata o presentata e che abbia al suo interno il riconoscimento degli animali come esseri senzienti farà percepire ancora di più quanto è non rinviabile questa definizione. Molti esulano da quella che deve essere una presa d’atto da parte del legislatore che trova invece ancora delle resistenze. Dire che gli animali sono esseri senzienti, del resto, ha anche delle implicazioni, soprattutto quando non si parla solo di animali d’affezione ma anche animali d’allevamento. Io mi auguro che vi sia così uno spiraglio almeno sugli animali che convivono con noi su cui c’è maggiore consapevolezza e possibilità di trovare un punto in comune. Per quanto mi riguarda, però, ci tengo a sottolineare che dobbiamo andare oltre: non possiamo affermare che alcuni animali sono differenti da altri, che alcuni provano emozioni e altri no in base ai nostri interessi. Credo che in questo percorso la società si stia davvero svegliando e i social network aiutano tanto per una consapevolezza che, a differenza della politica, tanti cittadini già hanno.

Quali sono gli altri pilastri della proposta di legge?

Ne sono diversi e hanno tutti pari importanza. Iniziamo dal sottolineare l'importanza dell'istituzione di un’anagrafe nazionale canina: ad oggi le Regioni sono indipendenti l’una dall’altra, non parlano tra di loro e a livello centrale è dimostrato quanto sia difficile fare un coordinamento. Alcune hanno messo in pratica l'anagrafe locale, altre mai. Ad ora, poi, l'obbligatorietà dell'iscrizione all'anagrafe è solo per i cani, noi proponiamo che sia fatto anche per i gatti. Il senso è censire la popolazione, conoscere davvero la realtà sui territori al fine di attivare la sterilizzazione in maniera efficace. Proprio sul tema della sterilizzazione, abbiamo voluto essere più incisivi e collegarlo a un discorso ampio che tocchi anche l'importantissima parte legata alle campagne di sensibilizzazione che gli enti locali devono mettere in atto. Troppo spesso, ancora, le Regioni e i Comuni non adempiono a questa necessità. Anche parlando con i volontari sul territorio siamo giunti alla conclusione che sterilizzare, ad ora, è l’unica soluzione che nel lungo termine possa portare alla scomparsa del randagismo. Non è solo responsabilità degli enti pubblici, però, ma bisogna sensibilizzare anche i privati che continuano a dare vita a cucciolate che poi si trasformano in abbandoni. Bisogna creare cultura dando però anche degli strumenti alle persone per sapere come rapportarsi agli animali. Per farlo pensiamo sia importante anche entrare nelle scuole, parlare ai giovani, comunicare bene con le nuove generazioni che sono capaci di capire cosa vuol dire rispettare gli animali. Altro punto fondamentale della proposta di legge, ancora, è l'istituzione di un elenco in cui sono inserite persone che si sono macchiate del reato di maltrattamento degli animali. La tutela della privacy sarà garantita ma è fondamentale che chi ha avuto condanne o attuato comportamenti non consoni nei confronti di un altro essere vivente non possa più adottare né averli in affidamento. Per questi passaggi come per tutti gli altri all'interno della proposta, ci siamo confrontati con diverse associazioni, abbiamo compreso e valutato le varie richieste e segnalazioni ma il legislatore non è infallibile e sono cosciente che ci possono essere delle migliorie: che ben vengano segnalazioni dunque anche attraverso questo articolo.

Con quali associazioni vi siete confrontati?

Abbiamo ascoltato davvero diverse anime e accolto praticamente tutti i consigli che ci hanno dato. Ci siamo confrontati con Lav, Animal Aid Italia, Earth (Associazione per la tutela giuridica della natura e degli animali) e Gaia Animali & Ambiente giusto per citare alcuni. Abbiamo mandato il testo all'Associazione Italiana Medici Veterinari, Lega del Cane, Enpa e abbiamo anche parlato direttamente con volontari su tutto il territorio nazionale non legati ad associazioni direttamente.

Andiamo più in profondità nel testo della proposta. Nel primo articolo viene introdotto anche il reato di zoorastia

Ci è stato chiesto direttamente dalle associazioni di non dimenticarcene e di metterlo bene in evidenza. E' un fenomeno inquietante e molto frequente, più di quanto si possa immaginare perché non se ne parla. Ma esiste ed è evidente che non può essere considerato qualcosa che rispetta la volontà degli animali e una legge quadro non può non considerare un maltrattamento così atroce e in cui non vi è dubbio alcuno che non vi sia un abuso orribile dell'essere umano sulle altre specie.

Il tema della sterilizzazione è molto delicato e complesso. Questa proposta di legge lo approfondisce in diversi punti relativamente ai randagi ma va nello specifico anche per le responsabilità dei privati a partire già dal secondo comma dell'articolo 2 in cui, però, c'è un passaggio che le chiedo di spiegare meglio relativamente alle spese da sostenere: "I proprietari o i detentori di cani o di gatti possono, discrezionalmente e a proprie spese, ricorrere agli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati”. Penso ai cani padronali vaganti e alla diffidenza da parte degli umani di riferimento a procedere alla sterilizzazione dovuta anche all'esborso di denaro, tanto che diverse associazioni (e non lo Stato, appunto) fanno campagne di sensibilizzazione finanziando direttamente loro…

Ci tengo a dire subito che non saremmo dovuti arrivare alla sterilizzazione come ultima ratio. Ma dopo trent'anni, seguendo i consigli e ascoltando le associazioni e le persone che veramente operano sui diversi territori, ora è importante spingere su questo per la responsabilizzazione delle persone. La situazione in cui ci troviamo ora ci ha chiarito che sterilizzare è la strada per trovare una soluzione concreta e come operarla sul territorio deve essere una responsabilità delle autorità competenti con il supporto di esperti che valutino i casi. L'impianto normativo, poi da attuare a livello locale, spinge proprio a dare vita a campagne di sensibilizzazione e informazione nei confronti dei cittadini. Nel passaggio da lei citato ci riferiamo a chi adotta: intendiamo slegarli dalle associazioni qualora vogliano rivolgersi a un loro veterinario di fiducia. La ratio è dare la possibilità di scegliere da chi portare il cane che si è deciso di far entrare in famiglia. Certo, un aiuto e un supporto economico da parte dello Stato sarebbe utile e lo specificheremo meglio se necessario per la comprensione del testo. Come abbiamo fatto per costruire la proposta, siamo aperti a qualsiasi miglioria per renderla più chiara e efficace. Per quanto riguarda il tema della sterilizzazione in generale, è vero: abbiamo dedicato gran parte della proposta di legge a chiarire i parametri in termini di responsabilità sia dei singoli che degli enti locali. Nella proposta di legge abbiamo puntato tantissimo alla necessità da parte di questi ultimi di provvedere a campagne di informazione e sensibilizzazione nei confronti dei cittadini. A livello centrale è importante che la legge detti dei principi e le amministrazioni territoriali poi provvedano a metterli in pratica attraverso i fondi che sono destinati a questa tematica.

Sempre sulla sterilizzazione avete indicato dei termini molto stretti sul quando farla a cani ospiti nei canili e nei rifugi: dopo i primi quattro mesi. Come avete stabilito questo termine?

L'indicazione è arrivata dalla veterinaria Doriana Sarli, anche lei estensore della proposta di legge. Ma sono cosciente che sia un elemento da valutare con molta attenzione e abbiamo avuto altri esperti che ci hanno detto che dobbiamo aumentare l’età minima e valutare altri dati. Anche in questo caso però deve essere chiaro che è una proposta di legge e dunque ancora migliorabile. Ricordo anche che, qualora vada in porto, in ogni caso sarà comunque una Legge quadro in cui ciò che è fondamentale è fornire dei requisiti sotto i quali non si può scendere.

Altro passaggio delicato è quello in cui vengono equiparati a "allevatori amatoriali" tutti coloro che «detengono  … almeno un maschio e una femmina di cane o di gatto non sterilizzati. Tali soggetti, fino a quando non provvedano alla sterilizzazione almeno degli animali appartenenti allo stesso sesso, sono tenuti agli adempimenti tributari previsti per coloro che esercitano attività di allevamento autorizzate». A chi vi riferite in particolare?

Sono tantissime le cucciolate casalinghe che vengono fatte fare per lucrare sulla pelle degli animali. Un business in cui i cani vengono usati come riproduttori e le femmine come fattrici. Poi, anche, ci sono coloro che fanno accoppiare i cani solo per noncuranza e poi si ritrovano con i cuccioli senza preoccuparsi minimamente di che fine faranno, per non parlare di quelli che vengono subito abbandonati. Ecco che il legislatore allora deve intervenire: se non vuoi sterilizzare non sei obbligato a farlo, ma se intendi far fare delle cucciolate ti devi prendere la responsabilità e ti considero come un allevatore. Insomma, è tutto finalizzato a disincentivare cucciolate non volute o volute per commerci illegali.

Rispetto alla compravendita di cani e gatti avete specificato che anche se avviene online deve essere sempre indicato chiaramente il numero di microchip

Assolutamente sì, perché proprio attraverso la Rete avvengono scambi di denaro in cambio di cuccioli soprattutto. Allora, come funziona per gli allevamenti e nello scambio tra privati che non avviene online, è fatto obbligo al venditore di specificare nell’annuncio stesso il codice identificativo del microchip dell’animale.

I canili italiani sono ancora iper affollati di soggetti e non certo continuare a stiparli lì ha mostrato che portasse a una differente gestione del fenomeno del randagismo o a una tutela del benessere dei cani. Come pensa che si possa migliorare questa situazione in base alla proposta che avete presentato?

I cani dovrebbero passare in canile solo e soltanto per problemi di salute e di recupero psicofisico. Io credo in un canile senza box, con spazi ampi e in cui i cani hanno aree in cui vivere serenamente. Io penso davvero che un giorno ci arriveremo e che ora come mai si sta diffondendo sempre di più la conoscenza dei santuari. Prima solo pensare cose del genere sembrava un'utopia, oggi far capire quali sono le differenze tra una vita degna di essere vissuta e quella che è una detenzione in prigione è più semplice nei confronti della società civile. I canili continuano a essere carceri a vita per gli animali ed è vero che tanti credono che almeno lì quelli che vivevano in strada non si faranno del male come può oggi accadere tra chi li uccide deliberatamente o per incidenti stradali. Ma, mia opinione personale, se riuscissimo a sterillizzare e mettere i cani in sicurezza poi la reimissione sul territorio sarebbe la cosa migliore. Penso ai cani di quartiere e sì: preferisco un cane libero in una zona dove sta tranquillo che vederlo chiuso in un box. Il punto è che la convivenza non è un obiettivo irraggiungibile ma bisogna lavorare sul rispetto reciproco che per l’animale è quasi naturale mentre negli uomini non sempre c’è questa predisposizione. Non ho dubbi che bisogna sostituire la lungo degenza in canile, almeno, con spazi verdi e grandi aree di libertà.

C'è un passaggio in cui si ribadiscono i tempi di restituzione per i cani smarriti e un  altro invece in cui si parla del periodo obbligatorio per i cane in canile prima di poter andare in adozione. Nel primo caso si parla di cinque giorni quando gli umani di riferimento attraverso il microchip possono essere rintracciati, nel secondo di 60 giorni. Il primo termine chiaramente si riferisce a casi in cui il cane davvero sia stato perso, il secondo – uguale nell'attuale legge – fa riflettere. Parliamo di un soggetto che ha già subìto diversi traumi, dall'abbandono o la cattura passando alla detenzione in canile e, qualora davvero ci sia qualcuno pronto ad adottarlo, deve attendere almeno due mesi ancora. Non era il caso di diminuire la durata di questo passaggio?

Per i cinque giorni abbiamo proprio pensato a persone che subito possono essere rintracciate e che non devono aspettare ulteriormente per ricongiungersi al loro compagno da cui di certo non volevano separarsi. Per quanto riguarda invece i tempi per i soggetti che non vengono reclamati anche in questo caso la riflessione era nei confronti di proprietari che hanno perso i loro cani, ad esempio, che vengono ritrovati in una regione diversa da quella di appartenenza o che non li avevano microchippati… L'idea di lasciare lo stesso termine effettivamente rispetto alla riflessione che questo però possa rappresentare uno stress per il cane ulteriore è un elemento da riconsiderare e valutare. Un'anagrafe canina nazionale, come richiesta nella nostra proposta, consentirebbe sicuramente di arrivare a conoscere prima la storia di quel cane e facilitare il suo reinserimento in una nuova famiglia più velocemente.

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L’onorevole Francesca Flati

Ad oggi infatti non esiste un data base nazionale…

Sì, abbiamo pensato che bisognava cambiare la prospettiva: fare un'anagrafe centrale e non più avere tanti sistemi che tra di loro nemmeno si parlano. Ciò che è obbligatorio su questo aspetto e sugli altri è che non manchi più un coordinamento nazionale, attraverso interlocuzioni con il Ministero della Salute, la Conferenza sui rapporti Stato Regioni e che si vada a definire una procedura con un'anagrafe centrale e un obbligo a parteciparvi da parte delle Regioni perché i dati effettivamente arrivino e si possa avere un quadro della situazione chiaro e preciso. Non possiamo andare avanti senza un censimento della popolazione canina e anche felina se vogliamo davvero superare le difficoltà che abbiamo avuto negli anni passati e superare la situazione attuale.

Un altro elemento di novità è l'inserimento della figura di un educatore cinofilo ogni 50 cani ospitati all'interno di canili e rifugi. Così andate a toccare il tema della formazione del personale che opera con i cani. La figura però non è attualmente riconosciuta a livello ufficiale in un albo specifico della professione

Alcune regioni hanno un albo a cui sono iscritti professionisti che lavorano come educatori, altre non lo hanno. Anche in questo caso c'è da lavorare su un vuoto legislativo. Un educatore ogni 50 cani è davvero il punto di caduta: sotto non si può andare. Non ci siamo sentiti di normare la figura professionale all'interno di una revisione della 281 ma abbiamo ritenuto necessario inserirla nella Legge quadro. Un esperto all'interno delle strutture è importante per il benessere dei cani e in vista dell'inserimento in famiglia. L'ipotesi di un riconoscimento normativo però andrebbe fatto a parte, sicuramente con un’ordinanza ministeriale. In realtà esistono già decreti come quello del 26 novembre 2009 ("Percorsi formativi per i proprietari dei cani" ndr) in cui la figura è prevista ma il problema è che alcune Regioni recepiscono le ordinanze e altre no. Ancora una volta il punto è l’uniformità.

Sempre riguardo l'organizzazione delle persone che operano nei canili e nei rifugi, avete sottolineato maggiormente l'aspetto fondamentale dell'apertura al pubblico e dell'accesso libero ai volontari anche se non avete dato un'indicazione precisa di orario

Abbiamo valutato questo aspetto, anche sollecitati dalle associazioni, con molta attenzione. Abbiamo voluto specificare che i volontari devono entrare sempre e mai si devono creare situazioni che invece spesso accadono in cui i gestori impediscono l’accesso, a volte perché devono nascondere qualcosa. Il controllo da parte dei volontari e delle associazioni sul benessere degli animali è molto importante ma non potevamo fare di più: gli orari non sono competenza statale ma degli enti locali che applicano le loro regole. La presenza dei volontari deve però essere messa in evidenza nella legge nazionale, sono loro che davvero curano e controllano il benessere psicofisico dei cani, sono loro che li fanno uscire dai box, che gli danno supporto psicologico e vicinanza. Sto pensando in questo momento ai tanti canili lager che abbiamo in Italia ancora e supportare il lavoro dei volontari è importantissimo.

La "black list", ovvero l'elenco delle persone che non hanno più diritto a detenere un animale. Come lo avete concepito?

Sarà un elenco disponibile solo alle autorità e agli enti preposti. Non è pubblico assolutamente e le specifiche tecniche saranno a norma di legge. Ciò che è importante è che sia possibile per le Asl e per coloro che gestiscono canili o rifugi poter sapere chi sono le persone che fanno richiesta di adozione, pre affido o anche stallo. Bisogna essere consapevoli su a chi vengono affidati gli animali, ci sono persone serie e competenti che si comportano in un certo modo ma tanti sono i casi che a vario grado incidono invece sul benessere degli animali: dalla noncuranza agli abbandoni fino al maltrattamento. Le cronache ci raccontano spesso dai cani tenuti a catena fino alle violenze e alle uccisioni e anche chi li detiene a scopo di lucro. L'idea, ripeto nella tutela della privacy, è che prima di affidare un animale si possa conoscere la storia della persona interessata relativamente al suo passato nel rapporto con altri soggetti.

Un commento sui gatti: oltre all'anagrafe non c'è molto altro e anche gli spazi all'interno dei rifugi non vengono specificati, sarebbe stato utile inserire anche lì qualche aspetto etologico dando specifiche su spazi verticali e arricchimento ambientale ad esempio?

La nostra idea è che per i gatti davvero il passaggio in struttura sia concepito solo per ragioni sanitarie, puntiamo sulle colonie e sulla degenza veramente limitata al tempo necessario per problematiche legate alla salute. Su di loro ci siamo concentrati per l'obbligo di creare anagrafe nazionale felina e microchippatura e incentivare le adozioni per i soggetti che non possono essere reimmessi sul territorio. Non è un non valutare la situazione dei gatti ma continuare a garantire il loro benessere fuori dai rifugi, appunto.

Non è la prima volta che si prova a modificare la 281 e il timore è che toccare la Legge quadro del 1991 possa essere inutile rispetto alle continue mancanze di alcuni enti locali

Sono d'accordo sul fatto che la 281 rimane una legge davvero importante nel nostro Paese e d'esempio per gli altri ma sono passati 30 anni e senza modificare l'impianto noi poniamo delle soglie minime sotto le quali non è possibile scendere. Dopo trent'anni è ora che si intervenga a livello centrale. Per quanto riguarda i criteri amministrativi e di benessere animale nelle strutture, la base di partenza è fare in modo che le Regioni recepiscano una volta e per tutte correttamente i principi che sono già delineati nella 281. Dal 1991 era ora di verificare quali siano state le problematiche che hanno portato alla non attuazione di principi importantissimi e inserire novità come quelle che abbiamo delineato. Nessuno vuole dire che la 281 sia una pessima legge, anzi: è ottima ma va rimodellata sulla situazione attuale, soprattutto per fare in modo che non ci siano più differenze così evidenti e dando dei criteri minimi. E' evidente che almeno la soglia che abbiamo proposto sia garantita per tutti gli animali in termini di benessere.

Che tempi ci sono? A che punto siete con l'iter parlamentare?

Siamo ancora all’inizio. Una volta assegnata, la commissione decide quando avviare l’esame e per questo siamo in attesa di una data. Nel momento in cui ci sarà, potranno partire l’avvio dei lavori e l'audizione di esterni come rappresentanti di enti locali e soggetti interessati. Si passerà all'esame delle discussioni, ci saranno gli eventuali emendamenti e poi la stesura finale dovrà passare, una volta approvata, al vero e proprio iter parlamentare tra Senato e Camera. Le proposte di legge precedenti (tutte, non solo quelle relative alla 281) che non sono andate a buon fine molto spesso si arenano perché finisce la legislatura e nella successiva ogni volta si riparte daccapo. L'epidemia di Covid-19 poi ha rallentato tutto, ma potrebbero aprirsi degli spazi: ciò che è importante è l'accordo tra le forze politiche.

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Il testo della proposta di legge di modifica della 281/91

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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