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3 Agosto 2022
9:00

Perché la biodiversità è così importante?

La biodiversità è la varietà di tutte le forme viventi che genera risorse, ma anche emozioni e cultura. È il motore della vita sulla Terra di tutte le specie, compresa la nostra.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Coniato per la prima volta nel 1988 dall'entomologo americano Edward O. Wilson, il termine “biodiversità” è oggi assai attuale, per certi versi molto in voga. Una di quelle parole che a sentirle fanno subito venire in mente i fratini che nidificano sulle spiagge, gli ulivi millenari delle piane pugliesi, coi loro rami abbracciati e contorti come yogi e yogini impegnati nella pratica quotidiana, o ancora le api, laboriose e sempre così indaffarate che, diceva il poeta inglese William Blake, non hanno tempo per rattristarsi.

La biodiversità però non è semplicemente un elenco di specie. Gli scienziati la definiscono come la varietà di tutti gli organismi viventi presenti sulla Terra – batteri, virus, piante, funghi, animali invertebrati e vertebrati – a tutti i livelli di organizzazione: genetico, di specie e di ecosistema. È un concetto che include tutti gli elementi della natura e ne contempla l'interdipendenza. E include anche noi esseri umani. La biodiversità è irrinunciabile per noi, perché ci fornisce il supporto vitale ecologico: essa, infatti, è il motore di tutti quei processi biologici alla base degli ecosistemi sani e produttivi in cui possiamo trovare ossigeno da respirare, acqua pulita da bere, come pure risorse alimentari e energetiche.

In altre parole, è la biodiversità che dà alle nostre società la chance di esistere. La biodiversità, però, non è solo un concetto scientifico, poiché è grazie alla nostra conoscenza del mondo naturale e all’interazione diretta con esso che possiamo davvero comprenderla e apprezzarla. La biodiversità è una nozione che affonda le sue intime radici nella scienza, come pure nelle emozioni e nella cultura.

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Le conseguenze del declino della biodiversità

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Esistono prove innegabili di un significativo declino della biodiversità globale, che desta preoccupazioni serie. Facciamo un esempio: buona parte della dieta umana deriva da piante impollinate dagli insetti, e l'impollinazione delle piante è spesso meno efficace nelle aree con una minor diversità di api autoctone, il che ha inevitabili ripercussioni sulla stabilità dei raccolti. Ciò che rende la perdita della biodiversità un problema reale è il fatto che l'estinzione delle specie è permanente, e quindi inficia irrimediabilmente quel supporto ecologico che per noi è vitale. Se si distrugge un habitat, esso, almeno in parte, può essere fisicamente ricostruito. Ma tutte le specie, tra quelle che lo rendono vivo, perse fino all'estinzione non possono essere recuperate.

Tra le principali conseguenze nefaste della perdita di biodiversità sugli ecosistemi riconosciamo:

  1. la riduzione dell'efficienza con cui gli ecosistemi acquisiscono, trasformano e utilizzano le risorse;
  2. la riduzione della flessibilità degli ecosistemi, quella capacità, cioè, che consente loro di adattarsi e far fronte ai cambiamenti ambientali;
  3. la compromissione dell’equilibrio degli ecosistemi, per alterazioni a più livelli all'interno della catena alimentare, dall'erba, agli animali al pascolo fino ai loro predatori.

La biodiversità urbana

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Già quasi vent’anni fa, Klaus Toepfer, allora direttore del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), affermava che «la scommessa per uno sviluppo sostenibile si gioca negli ambienti urbanizzati». Molti scienziati di oggi concordano nel ritenere che “sperimentare” direttamente la biodiversità urbana sia la chiave per fermare la perdita di biodiversità globale, perché è molto probabile che le persone agiscano per favorire la biodiversità se entrano in contatto diretto con la natura, godendone.

Le nostre città sono ricche di spazi verdi esterni, privati ​​o semi-privati, ​​come giardini, patii, cortili, balconi e terrazze. Tutti rappresentano irrinunciabili opportunità per fare preziose esperienze con la biodiversità urbana, che indirettamente possono avere un impatto straordinario anche sulla biodiversità generale. In città vivono oltre 45.000 specie, di cui 25.000 artropodi e 13.500 piante, funghi e licheni. Se a ciò si aggiunge che quattro quinti della popolazione europea e più della metà della popolazione mondiale vivono oggi nelle città, e che tale tendenza è in continuo aumento, è evidente che, stimolando la connettività ecologica dentro e fuori le aree urbane, ogni sforzo di conservazione profuso negli ambienti urbani e dai cittadini stessi, nelle proprie pratiche quotidiane, fa da trampolino di lancio per la tutela e il miglioramento della biodiversità globale.

Azioni per proteggere la biodiversità nel giardino di casa

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Ecco alcune azioni semplici attraverso le quali ciascuno di noi può fare la sua parte per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e proteggere la biodiversità:

  • rendere più verde il proprio giardino, o il proprio balcone;
  • moderare l’uso di pesticidi;
  • limitare la frequenza delle falciature: più un prato è vecchio, più è ricco di specie. Tagliare l’erba del prato di frequente mette in difficoltà le specie poco mobili, che non sono brave a scappare o a ricolonizzare l’ambiente;
  • limitare la presenza di specie esotiche, che nel tempo possono diventare invasive;
  • razionalizzare i programmi di irrigazione;
  • creare veri e propri habitat su piccola scala per le specie selvatiche, attraverso la costruzione di nidi artificiali per le api, ad esempio, o l’inserimento di piante e terreni che offrano cibo e riparo agli animali.

Nel giro di pochi anni, un giardino ben gestito si trasforma in un vero e proprio caleidoscopio di forme di vita, arrivando a ospitare fino a un migliaio di specie. Per lo più invertebrati, come le api, le vespe, i bombi, i coleotteri, le cicale, le farfalle e pure i ragni; ma c’è spazio anche per i mammiferi, come i pipistrelli, e per gli uccelli, dalle specie più comuni, come il merlo (Turdus merula), a quelle più rare, come  il picchio verde (Picus viridis), la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), il torcicollo (Jynx torquilla), lo zigolo nero (Emberiza cirlus) e il codirosso (Phoenicurus phoenicurus).

Bibliografia

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Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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