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21 Novembre 2021
10:00

Deforestazione, Vacchiano: «Regolamento UE importante passo per tutelare la biodiversità»

Con la nuova bozza di regolamento contro la deforestazione l'Unione Europea propone di imporre una barriera doganale per colpire i produttori responsabili del disboscamento. Ne abbiamo parlato con Giorgio Vacchiano che ha definito il regolamento «un passo in avanti importante mai tentato prima».

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Intervista a Dott. Giorgio Vacchiano
Ricercatore scienze forestali dell’Università di Milano e divulgatore scientifico
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Soia, carne bovina, olio di palma, caffè, cacao, legno: sono questi i prodotti colpiti dalla nuova bozza di regolamento contro la deforestazione promosso dalla Commissione Europea. Con queste proposte, che aspettano di essere approvate dal Parlamento, l’Ue vuole imporre una barriera doganale che vada a colpire i prodotti frutto del disboscamento. Per il commissario responsabile dell’Ambiente in Europa, Virginijus Sinkevicius, si tratta di una vera e propria assunzione di responsabilità: «Concretizzato i nostri impegni riducendo l’impatto che produciamo sulla perdita di biodiversità nel pianeta». L’essere umano ha infatti un ruolo di primo piano nella distruzione degli ecosistemi, un «ruolo esclusivo», come spiega a Kodami Giorgio Vacchiano, ricercatore in scienze forestali dell’Università di Milano e divulgatore scientifico. Il pianeta Terra perde centinaia di specie all’anno, l’antropocene è alla base della sesta estinzione di massa, un passo necessario per arrestare questo fenomeno è proprio la conservazione degli ecosistemi forestali.

La bozza di regolamento dell’Unione Europea contro il disboscamento è stata accolta da media e attivisti in maniera piuttosto positiva. In cosa consiste?

Si chiede al produttore che vuole esportare in Europa di dimostrare che siano state rispettate tutte le leggi del paese dove il bene viene coltivato. In più, chi produce dovrà fornire le coordinate geografiche del punto in cui sono stati coltivati quei beni. Così che la Commissione o gli stessi stati membri possano controllare lo stato della deforestazione attraverso l’uso di immagini satellitari. Si pone quindi un onere non indifferente sulle spalle di chi vuole vendere questi prodotti sul mercato europeo, facendo pagare all’azienda, e probabilmente anche al consumatore finale, la tutela ambientale.

Un’assunzione di responsabilità inedita rispetto a quanto avvenuto sino ad oggi.

Assolutamente sì, si tratta di un grosso precedente. L’Unione Europea sta provando a compiere un passo che non era mai stato tentato prima. Le novità principali sono due.

La prima è che si sta andando a colpire tutta la deforestazione, e non solo quella illegale. Sembra una sfumatura burocratica ma coinvolge milioni di ettari di verde. Questo perché molti stati ammettono una certa percentuale di deforestazione, se rientra nei programmi di sviluppo agricolo o economico. In questo senso, guardando fuori dall’Ue all’esempio più eclatante, Jair Bolsonaro si vanta di lottare contro la deforestazione illegale in Brasile, tuttavia ammette il disboscamento per l’agricoltura legale.

E la seconda novità?

Questo regolamento è interessante anche perché porta con sé un impact assessment: è vero che il bene costa di più, ma il valore ambientale che genera è comunque più alto. Ciò per la prima volta pone una equivalenza tra costi-benefici di produzione e il valore economico dei benefici ambientali. Un fattore fino ad ora rimasto fuori dal mercato.

Sì tratta quindi di un primo passo storico per fermare la degradazione degli ecosistemi. Ma è sufficiente?

Ovviamente non basta da sola a risolvere il problema della deforestazione. Perdiamo dieci milioni di ettari di foreste ogni anno, e secondo la stessa Commissione Ue questo regolamento sarà in grado di tutelare solo 72mila ettari, quindi meno di un centesimo rispetto alla superficie totale deforestata ogni anno nel mondo. Senza dimenticare che la Cina ha una domanda di questi prodotti molto superiore all’Ue e chi deforesta probabilmente si sposterà sul mercato asiatico invece che su quello europeo.

Inoltre, la platea dei beni colpita potrebbe essere più ampia, e comprendere ad esempio la gomma. Le piantagioni di gomma, come quelle della pianta da olio, spesso rimpiazzano le foreste verdi in fasce tropicali.

Ma quello compiuto dall’Unione resta un primo passo irrinunciabile.

Quali sono le specie animali che risentono di più della deforestazione?

Sicuramente quelle delle foreste tropicali, ma noi ne conosciamo solo una minima parte. Si stima che esistano circa 10milioni di specie nei domini della vita, ma poco meno di due milioni sono catalogate. Tutte le altre quasi sempre “si nascondono” nelle foreste tropicali, che per fortuna rimangono territori intatti difficilmente accessibili, e tali devono restare.

Tra gli animali che soffrono di più per la deforestazione ci sono anche quelli che hanno bisogno di territori ampi e contigui. In questi casi, anche solo l’apertura di una strada in una foresta intatta può mettere in pericolo la sopravvivenza dei grandi predatori, come i puma, i ghepardi e altri, che hanno bisogno di un territorio non frammentato. I grandi predatori al vertice della piramide trofica sono i più vulnerabili, e con la loro scomparsa si hanno effetti a cascata su tutti i livelli. Lo abbiamo visto proprio in Italia: la scomparsa del lupo e dell’orso ha generato squilibri che sono andati a incidere anche sulle attività umane.

Prima il trattato sulla deforestazione di Glasgow, ora il regolamento Ue contro il disboscamento. Qual è il prossimo grande impegno della comunità internazionale nella protezione degli ecosistemi e delle specie?

Prossimamente avrà luogo un evento poco attenzionato ma che può rivelarsi di grande impatto: la Cop15 sulla biodiversità, prevista questa primavera in Cina. Gli obiettivi fissati al 2020 dal summit precedente sono stati falliti. Forse il regolamento recentemente proposto dall’Europa potrà fare da esempio per altri paesi fortemente coinvolti nella deforestazione importata. Penso proprio alla Cina e, in piccola parte, anche a Stai Uniti e Canada.

Alla Cop26 di Glasgow è stato presentato il video d’animazione della trasmissione britannica Blue Peter, che racconta un prossimo futuro privo di biodiversità. Quanto è vicino un mondo senza alberi, e quindi senza animali?

Non siamo ancora così vicino a un mondo senza animali, anche se ci sono singole situazioni o singoli gruppi animali dove la situazione è più preoccupare di altri. Sugli anfibi grandi problemi: il 40% delle specie di anfibi è attualmente a rischio di estinzione. La causa principale è un fungo che è un parassita che si sta diffondendo a macchia d’olio a causa dei cambiamenti climatici. E poi il moltiplicarsi di fluttuazione ambientale è l’estremizzazione dei fenomeni è deleterio per gli anfibi.

Secondo l’ultimo report presentato da Legambiente, le foreste in Italia sono in aumento. È una notizia positiva, ma non c’è rischio che l’espansione delle foreste vada a colpire specie animali che vivono in habitat diversi?

Sì, è uno dei lati oscuri dell’espansione delle foreste. Se le foreste aumentano in un territorio che ne aveva poche ciò va a vantaggio degli “specialisti forestali”, se invece si espandono in territori già molto boscati, come in Italia le aree interne e montane, si vanno a incidere negativamente sulle sacche residue di biodiversità legate alle radune e agli spazi aperti. In questi casi l’incremento forestale può essere un pericolo per gli animali. Non dobbiamo dimenticare che ci sono anche animali legati all’attività umana: in un’Italia ideale, coperta all’80% di foreste, non troverebbero più spazio specie di animali legate ai pascoli e ai campi coltivati. Dobbiamo quindi sempre agire nell’ottica di preservare tutte le naturalità, perché rappresentano la massima espressione della biodiversità.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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