La storia di Nino, cane di quartiere finito dietro le sbarre del canile

Nino è un cane libero di 10 anni, microchippato e regolarmente reimmesso sul territorio, amato e accudito dalla grande maggioranza dei cittadini di Lido di Noto, in Sicilia, la città che per anni è stata la sua casa. Ma qualcuno ha deciso di privare quell'anziano cane della sua libertà, rinchiudendolo dietro le sbarre di un canile.

18 Giugno 2021
17:29
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Nino è un cane libero, amato e accudito dalla maggioranza dei cittadini di Lido di Noto, un piccolo Comune della Sicilia, la città che per anni è stata la sua casa. Ma qualcuno ha deciso di privare quell'anziano cane della sua libertà, rinchiudendolo dietro le sbarre di un canile.

A raccontarci la sua storia è stata Emanuela Ambrogio, presidente di Cuori Zampe e Code, un'organizzazione di volontari che opera nella provincia di Siracusa e che si occupa della protezione degli animali presenti sul territorio: «Negli ultimi anni, con l'incrementarsi del turismo, molti gestori di attività, temendo che qualche turista non gradisse gli animali a ridosso del marciapiede – ha spiegato Emanuela a Kodami – ha fatto di tutto per rinchiudere Nino dietro le sbarre». Nino ha 10 anni, è un cane microchippato e regolarmente reimmesso sul territorio. Un cane di quartiere come tanti, che ha vissuto gran parte della sua vita in strada: adesso, si trova nel rifugio sanitario di Noto, ed è in attesa di adozione: «Ci auguriamo che anche Nino faccia innamorare qualche famiglia – afferma Emanuela – e che trovi una casa il prima possibile, perché rischia di passare gli ultimi anni, forse mesi, in un canile».

Nino è diventato negli anni una celebrità di Noto, dove i residenti hanno imparato a rispettare e a prendersi cura di un cane di quartiere: «Manca moltissimo a tutte le persone che lo conoscono – ci spiega Emanuela -. Ci ha insegnato la convivenza tra uomo e animale. Purtroppo la parte debole sono gli esseri senzienti ma che non hanno parola, sono loro che subiscono la cattiveria degli umani».

La gran parte dei canili e dei randagi in Italia si concentra soprattutto al Sud, in quei territori dove spesso mancano misure di prevenzione e controllo da parte delle istituzioni. Come vi abbiamo raccontato nella nostra inchiesta sul fenomeno delle staffette, infatti, il nostro è un Paese diviso a metà, in cui la maggioranza dei canili sanitari o rifugi si ritrova proprio nel Mezzogiorno. Di fatto, le gabbie dei canili sono viste ancora come l'unica soluzione al randagismo.

«Il canile non è mai la soluzione adatta – afferma Emanuela -. Seguire un cane sul territorio vuol dire lasciargli la libertà, seguirlo in tutte le sue criticità, anche con l’aiuto di esperti cinofili. Il futuro non è il canile, gli abbandoni continuano a essere tanti. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le persone a non abbandonare, a regolarizzare i propri animali. La cosa più bella e far andare tutti i cani in una casa, oppure farli vivere in libertà, per creare una convivenza tra uomo e animale».

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