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4 Novembre 2021
12:00

Quando e perché si è estinto il mammut

Il mammut è uno degli animali più rappresentativi e iconici dell'ultima era glaciale. Vissuti per lungo tempo fianco a fianco con l'uomo sono scomparsi quasi tutti circa 10mila anni fa, proprio con la fine dell'era glaciale. Tuttavia alcune piccolissime popolazioni sono sopravvissute ancora per molto tempo. Scopriamo quindi quando e perché si sono estinti gli ultimi mammut sulla Terra.

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Durante l'ultima era glaciale nel Pleistocene, quando il ghiaccio polare si estendeva fino all'Europa centrale, sulla Terra le società umane vivevano di caccia e raccolta. A quel tempo passeggiando tra le foreste e le praterie era possibile incontrare tigri dai denti a sciabola, rinoceronti lanosi e maestosi ed enormi pachidermi ormai estinti, con cui gli essere umani del tempo si sono trovati spesso a interagire: i mammut. Questi enormi proboscidati dalla folta pelliccia sono tra i più noti e iconici rappresentanti della megafauna estinta, e rivaleggiano con ben poche altre specie per quanto riguarda fascino e potere evocativo nell'immaginario collettivo.

È piuttosto risaputo che la maggior parte dei mammut è scomparsa proprio in concomitanza con la fine dell'ultima era glaciale, circa 10mila anni fa, ma in pochi sanno che alcune piccole popolazioni sono sopravvissute ancora per molto tempo. Ancor meno note sono poi le cause effettive che ne hanno portato l'estinzione, ma forse siamo vicini a comprenderle davvero per la prima volta. Scopriamo quindi quando e perché si sono estinti gli ultimi grandi mammut sulla Terra.

Chi erano i mammut

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In molte grotte sparse per l’Europa sono tantissime le pitture rupestre raffiguranti mammut

Con il termine mammut in realtà ci si riferisce a una decina di specie diverse, tutte estinte e appartenenti al genere Mammuthus. Come i moderni elefanti erano tutte dotante di lunghe zanne ricurve e, nelle specie che vivevano nell'emisfero settentrionale, di una folta pelliccia che li aiutava a sopportare il freddo glaciale. I primi mammut vagavano sulla Terra già 5 milioni di anni fa, e col passare del tempo le diverse specie che si sono alternate sono riuscite a colonizzare praticamente tutti i continenti, dall'Europa all'Asia, passando per Africa e l'America. Il mammut più noto tra tutti, e anche l'ultimo a essersi estinto, è però quello lanoso (Mammuthus primigenius), diffuso praticamente in tutto l'emisfero nord a partire da circa 800mila anni fa.

Il mammut lanoso aveva più o meno le stesse dimensioni dei moderni elefanti africani, con i maschi più grandi delle femmine e che raggiungevano un'altezza alla spalla tra 2,7 e 3,4 metri e potevano pesare fino a 6 tonnellate, mentre le femmine raramente arrivavano alle 4 di tonnellate. Era ricoperto da una fitta pelliccia lanosa, il cui colore variava molto in base alla regione, dal fulvo molto scuro a tonalità invece più tenui e chiare. A differenza dei moderni elefanti aveva orecchie e coda molto piccole, adattamento che serviva a disperdere meno il calore e ad evitare il congelamento. Sempre per combattere freddo e la carenza di cibo, accumulava grasso corporeo nella "gobba", posizionata all'altezza delle spalle. Entrambi i sessi avevano due lunghi incisivi trasformati in zanne ricurve, la cui lunghezza poteva arrivare fino a 4,2 metri (la più lunga mai misurata su un elefante africano arrivava invece a 3,4).

I mammut lanosi vivevano in un habitat molto simile all'odierna tundra, che si estendeva in buona parte l'emisfero nord durante l'ultima glaciazione. Mangiavano un'ampia varietà di specie vegetali, che conosciamo in maniera piuttosto approfondita grazie ai resti di trovati negli esemplari rimasti congelati nel permafrost. Principalmente si trattava di piante erbacee e arbusti, che venivano di tanto in tanto integrate con muschi e foglie di alberi. Un adulto di 6 tonnellate poteva mangiare fino 180 kg di vegetali al giorno, e poteva arrivare a mangiare fino a 20 ore in una giornata. Erano animali che si spostavano molto, compiendo forse anche vere e proprie migrazioni. In 28 anni un esemplare maschio, vissuto in Alaska 17mila anni fa, ha percorso oltre 80mila Km, quasi due volte il giro del mondo.

I mammut e l'uomo

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Gli uomini hanno dato la caccia ai mammut per molto tempo, ma non è stata questa la causa principale della loro estinzione

I mammut hanno vissuto e interagito con l'uomo per tantissimo tempo, soprattutto a partire dal Paleolitico superiore, quando intorno ai 40mila anni fa Homo sapiens iniziò a colonizzare l'Europa a partire dall'Africa. Prima ovviamente c'erano già stati contatti con i Neanderthal, che usavano ossa e zanne per fabbricare strumenti e utensili, ma è coi sapiens che il mammut diventa uno dei animali al centro delle società umane. Questi pachidermi sono infatti il terzo animale più raffigurato nell'arte dell'era glaciale, dopo cavalli e bisonti, e sono stati probabilmente – e per molto tempo – la fonte di cibo principale per diverse società umane.

I resti di numerosi esemplari, sia giovani che adulti, mostrano infatti chiari segni di lance e frecce sulle ossa, a dimostrazione che gli uomini cacciavano attivamente questi enormi mammiferi, anche se molto probabilmente la maggior parte della carne veniva "rubata" ad altri predatori, o recuperata da carcasse trovate abbandonate. Queste continue interazioni con l'uomo, unite alla contemporanea scomparsa di molte altre specie, hanno fatto ricadere proprio su di noi e sul sovrasfruttamento la colpa per l'estinzione di questi colossi. Oggi, grazie a studi recenti, sappiamo che i motivi della scomparsa dei mammut erano in realtà molto più complessi, e soprattutto legati ai cambiamenti climatici.

Perché si sono estinti i mammut

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Probabilmente i maschi potevano lottare duramente tra loro come fanno gli odierni elefanti

La maggior parte delle popolazioni di mammut lanosi scomparve durante il tardo Pleistocene e all'inizio dell'Olocene (circa 11mila anni fa), insieme alla maggior parte della megafauna del tempo, come accaduto alla tigre dai denti a sciabola. Caccia eccessiva e cambiamenti climatici sono sempre stati viste come i fattori principali che hanno portato all'estinzione dei proboscidati lanosi, ma uno studio recente pubblicato su Nature sembra però scagionare, almeno in parte, l'uomo e la caccia. Studi sul DNA ambientale raccolto dai resti di mammut, vegetazione e altri campioni biologici trovati nel permafrost, hanno evidenziato un rapido cambiamento ambientale legato alla fine dell'era glaciale, che ha sconvolto molto velocemente l'habitat dei pachidermi. La causa principale dell'estinzione sembra essere quindi il rapido cambiamento del paesaggio e della vegetazione, a cui mammut non sono riusciti ad adattarsi quando i ghiacci si sono ritirati.

Una volta il clima è diventato molto più umido e il ghiaccio ha iniziato a sciogliersi, si sono formati laghi, fiumi e paludi dove prima invece c'era la fredda tundra. Di conseguenza è cambiata anche la vegetazione, che non era più in grado di sostenere da un punto di vista alimentare le grandi mandrie di pachidermi. Queste furono le cause principali del declino globale del mammut lanoso, tuttavia alcune piccole popolazioni sono riuscite a sopravvivere, in maniera sorprendente, ancora per diversi millenni, e sono state molto più vicine a noi di quanto si possa pensare.

Gli ultimi mammut sulla Terra

L'ultima piccolissima popolazione di mammut è sopravvissuta sull'isola di Wrangel, nel Mar Glaciale Artico, fino ad "appena" 4mila anni fa. I pochi esemplari rimasti sono scomparsi poi in contemporanea con l'arrivo sull'isola dell'uomo, cha avrà avuto certamente un ruolo cruciale. Sempre grazie al recente studio sul DNA ambientale pubblicato su Nature, abbiamo però scoperto che anche in Siberia continentale era sopravvissuta un una piccola popolazione più o meno coetanea.

Nonostante gli stravolgimenti ambientali, nella parte settentrionale della regione, buona parte della vegetazione e dell'habitat preferito dai mammut erano infatti sopravvissuti. Questo ha permesso alla specie di resistere più o meno fino a 4mila anni fa. In pratica mentre nell'Antico Egitto l'uomo costruiva le grandi piramidi, in Siberia c'erano ancora mammut lanosi che vagavano per le steppe e la tundra artica. Falcidiati dagli sconvolgimenti ambientali, e ridotti a un lumicino con una popolazione con scarsissima variabilità genetica, gli ultimi mammut si estinsero in quel periodo, cancellando per sempre una delle specie più iconiche dell'era glaciale, o forse no?

Il ritorno del mammut?

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Scheletro di mammut lanoso conservato al museo dell’Università di Zurigo

Del mammut lanoso possediamo una quantità enorme di reperti bene conservati grazie al freddo e al ghiaccio. Zanne, ossa, pelli e persino giovani esemplari perfettamente preservati dal permafrost, come il famoso esemplare chiamato Lyuba, scoperto vicino al fiume Yuribey nel 2007 e tirato fuori dal ghiaccio dove è rimasto congelato per oltre 40mila anni. L'esistenza di così tanti resti di tessuti molli bene conservati da cui estrarre il DNA di mammut, ha portato all'idea che la specie potesse essere "resuscitata" come in Jurassic Park grazie alla clonazione. Periodicamente, quindi, numerose società e centri di ricerca annunciano di essere a un passo da tutto ciò, e che presto rivedremo i mammut marciare sulla Terra.

L'ultima in ordine di tempo è stata la società di bioscienze e genetica Colossal, che ha raccolto 15 milioni di dollari per creare un ibrido elefante indiano-mammut. Sebbene la clonazione sia tecnicamente possibile, difficilmente riusciremo a ricostruire un vero mammut al 100%. Quello che probabilmente saremo in grado di fare, sarà creare un elefante indiano, il parente vivente più prossimo al pachiderma lanoso estinto, equipaggiato con "pezzi" di DNA che gli daranno un aspetto mammuttesco.

In tanti però nella comunità scientifica sono decisamente scettici all'idea. Vale la pena ricreare in laboratorio un animale che non è né un mammut né un elefante solo perché la scienza ce lo consente? Che ci piaccia o no il mammut e il suo habitat sono ormai estinti da tempo e non torneranno mai più indietro. Tuttavia sempre più specie stanno allungano ancora oggi la lista degli animali scomparsi o a un passo dall'estinzione per colpa dell'uomo. È forse su queste specie e sulla sesta estinzione di massa che dovremmo concentrare gli sforzi.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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