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10 Ottobre 2021
12:00

Quando e perché si è estinto il dodo

Il dodo è uno degli animali estinti più famosi e iconici. Era un uccello inabile al volo endemico delle isole Mauritius che conosciamo soprattutto grazie ai racconti e alle illustrazioni. Esistono pochi frammentati resti di questo animale e il suo aspetto in vita era probabilmente diverso da come immaginiamo. Ma quali furono gli esatti motivi della usa estinzione? E quando è avvenuta?

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Quando nel 1598 il viceammiraglio olandese Wybrand van Warwijck sbarcò alle isole Mauritius, 550 km a est del Madagascar, si trovò di fronte a un uccello mai visto prima e decisamente insolito. Nei resoconti dei suoi diari di viaggio lo descrive come un animali dall'aspetto simile al cigno, ma più grosso, con la testa enorme ricoperta solo per metà dalle piume e privo di ali, sostituite da ciuffi di tre o quattro penne nerastre. Veniva chiamato Walghvogel, che in olandese significa uccello insipido o ispido, in sostanza non buono da mangiare. Quel giorno il viceammiraglio della seconda spedizione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali si trovò di fronte a uno degli animali più iconici e conosciuti delle Mauritius ma che purtroppo non esiste più: il dodo.

Forse l'animale estinto a causa dell'uomo più conosciuto e famoso tra tutti, il dodo (Raphus cucullatus) era un uccello endemico delle Mauritius, che nel corso dell'evoluzione aveva perso la capacità di volare. D'altronde sull'isola non c'erano predatori e per lungo tempo il dodo ha potuto vivere serenamente in un vero e proprio paradiso terrestre, fino a quando non è arrivato l'uomo. Fu proprio a causa dell'arrivo sulle isole di Homo sapiens che il dodo iniziò a sparire rapidamente fino alla sua completa estinzione. Ma quali furono le cause esatte dell'estinzione e quando il dodo è scomparso definitivamente dalle Mauritius?

Un uccello decisamente insolito

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Scheletro e ricostruzione di un dodo esposti all’Oxford University Museum of Natural History

Tutto ciò che sappiamo del dodo lo dobbiamo soprattutto ai diari e alle descrizioni effettuate da marinai ed esploratori che lo hanno visto coi propri occhi in vita. Purtroppo non esistono scheletri completi nei musei, quindi anche le ricostruzioni "in vita" dell'animale fanno affidamento principalmente a queste descrizioni e alle illustrazioni, che però non sempre sono concordi e attendibili. La maggior parte dei dipinti e delle rappresentazioni artistiche restituiscono il dodo come un animale tozzo e "grasso" ma quasi certamente queste illustrazioni erano esagerate, poiché basate non su animali in vita, ma su racconti, pelli ed esemplari impagliati, spesso male. Molto probabilmente il dodo era un animale molto più snello e agile di quanto si pensi e il suo piumaggio era quasi certamente più vivo e colorato.

Secondo la maggior parete delle rappresentazioni il dodo possedeva un piumaggio grigiastro, zampe gialle, un grosso becco ricurvo in parte scuro e in parte giallastro e un ciuffo di penne corte e ricciute sulle coda. Poco si sa sul suo comportamento ma essendo una specie terricola, molto probabilmente si cibava soprattutto di frutta, semi, bacche e bulbi che raccoglieva tra i boschi delle Mauritius. Un po' come fanno molti dei suoi parenti viventi più stretti, i piccioni. Il dodo infatti fa parte dell'ordine dei columbiformi, come tortore, colombe e piccioni, e il suo parente più stretto è un altro uccello inadatto al volo ed estinto, il solitario di Rodriguez (Pezophaps solitaria), endemico dell'isola di Rodrigues, la più piccola delle Isole Mascarene.

Il rapido declino del dodo

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Una ricostruzione del dodo nel suo habitat naturale

Quando all'inizio del 1600 iniziarono le esplorazioni e gli insediamenti dell'Impero Olandese alle Mauritius, la popolazione di dodo probabilmente doveva essere già piuttosto esigua e frammentata. Come viene spesso riportato nei diari di viaggio i dodo e le sue uova venivano di tanto in tanto cacciati e mangiati, ma le sue carni non erano particolarmente prelibate e non fu certamente questa la causa dell'estinzione. Come accade ogni qualvolta arriva in un nuovo territorio, l'uomo si porta dietro molti altri animali, sia da allevamento che come clandestini a bordo delle navi.

Le isole, originariamente prive di predatori e competitori, in tempi decisamente troppo rapidi iniziarono a popolarsi cani, gatti, maiali, ratti e topi. Cani e gatti rappresentavano un vero flagello per il dodo e i suoi pulcini, mentre suini e roditori riuscivano a saccheggiare con estrema facilità le sue uova. I maiali, le capre e altri animali erbivori, arrivati sempre via mare grazie all'uomo, entrarono anche in competizione alimentare con i dodo per la frutta, i semi e le altre risorse alimentari. L'arrivo di tutte queste specie alloctone fu la causa principale del declino dei dodo che, insieme alla deforestazione e alla caccia, ne decretò rapidamente l'estinzione.

L'ultimo avvistamento e l'eredità del dodo

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L'ultimo avvistamento accertato di un dodo in vita risale al 1662, appena 64 anni dopo la sua prima scoperta avvenuta nel 1598. È quella la data ufficiale della sua estinzione ma con tutta probabilità la specie è sopravvissuta ancora per qualche decennio dopo quell'anno. Presunti avvistamenti successivi al 1962 ce ne sono stati molti, sebbene non siano mai stati confermati e quindi non vengono riconosciuti. In ogni caso entro il 1700 il dodo sparì certamente e definitivamente dal pianeta e con lui decine di altre specie di uccelli, rettili e pipistrelli che abitavano quelle isole.

Della sua estinzione all'epoca non se ne accorse praticamente nessuno, a quei tempi le specie viventi erano considerate fisse, immutabili ed eterne. Negli secoli successivi la sua popolarità, grazie alle numerose illustrazioni e ai racconti, continuò a crescere, trasformando il dodo in una sorta di animale mitologico. Alcuni iniziarono persino a dubitare della sua effettiva esistenza ma a partire dalla metà dell'1800 divenne chiaro che il dodo, con tutte le sue particolarità e bizzarrie, era diventato l'icona e il simbolo delle estinzioni causate dall'uomo. Ancora oggi la sua scomparsa rappresenta un monito per l'umanità, un avvertimento che però Homo sapiens sembra ancora non aver raccolto e che non ha permesso di evitare la scomparsa di innumerevoli e irripetibili tasselli della biodiversità.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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