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29 Novembre 2022
14:05

La storia del cane sordo Rafa insegna le straordinarie capacità cognitive e adattive dei cani

Un nuovo caso di intelligenza animale ci dimostra quanto è elastico il cervello dei nostri amici domestici.

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La storia di un cucciolo spagnolo sta permettendo di comprendere meglio il meraviglioso funzionamento della mente dei cani. Per anni gli studiosi hanno infatti tentato di comprendere quali potessero essere le differenze presenti fra il nostro encefalo e quello dei nostri più fidati amici animali. A seguito però dell'esplorazione della neurologia e del comportamento animale, siamo giunti ad un punto della ricerca in cui possiamo essere sicuri nell'affermare come gran parte dei mammiferi presenti sulla Terra presentano un'organizzazione cerebrale simile, talvolta mettendo in atto le stesse modalità per risolvere problemi comuni.

Non dovrebbe dunque meravigliare la notizia proveniente dalla Spagna secondo cui un giovane di Perro de Agua Español che soffre di sordità congenita ha risposto positivamente all'apprendimento del linguaggio dei segni, come strumento usato dalla sua famiglia per comunicare.

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Un Perro de agua Espanol

Il cervello dei mammiferi, del resto, è uno degli apparati più complessi e straordinari che la natura abbia mai prodotto. Per quanto siamo abituati a considerare il nostro cervello come l'organo più evoluto dell'intera biosfera, capace di sforzi mentali impossibili da realizzare per gli altri esseri viventi, in verità la proprietà di avere un cervello particolarmente sviluppato appartiene a tutti i mammiferi, nessun escluso. E al d là del nostro maggior sviluppo del lobo frontale dell'encefalo e a un maggior numero di circonvoluzioni nervose, sono poche le differenze anatomiche che si possono riscontrare superficialmente quando si va a confrontare il cervello di due o più specie appartenente alla classe dei mammiferi.

La storia di Rafa, un cane che dimostra le grandi capacità della sua specie

Rafa, il nome del cane, ha solo sette mesi e come tutti i mammiferi che stanno per entrare nel solco dell'età adulta ha un cervello già capace nell'adattarsi e nell'acquisire nuove capacità, tra cui cogliere ed elaborare nuove informazioni dalla relazione con la sua famiglia e dal contesto in cui vive. La famiglia di Rafa l'aveva adottato non accorgendosi subito del suo handicap. Solo dopo alcuni mesi infatti i suoi affezionati familiari si sono resi conto del problema, che è diventato palese quando il cane sembrava non interagire ad alcun richiamo, soprattutto se girato di spalle. La sordità di Rafa però non è mai stata affrontata come una tragedia da parte della sua pet mate. Anzi, non scoraggiandosi e spinta dalla lettura di alcuni articoli la sua amica ha deciso di usare con lui un differente sistema di comunicazione, optando per il linguaggio dei segni.

Il risultato di questo "esperimento" è stato davvero fruttuoso. Rafa ha imparato in pochissimo tempo i segni che noi umani abbiamo inventato nella comunicazione non verbale per esprimere concetti e consuetudini come "seduto”, "mangia", “vieni” o “resta”,  tramite gesti manuali associati anche alle vecchie metodologie legate al rinforzo positivo.

Nel corso delle successive settimane Rafa ha dimostrato anche di saper apprendere concetti complessi come il gesto associato al suo nome e i gesti associati alle persone della famiglia che hanno annotato tutti i suoi progressi pubblicando video settimanali su Facebook .

Rafa non è il primo mammifero che ha imparato a comunicare con il linguaggio dei segni, ci sono stati tanti altri animali ad averlo anticipato come maiali, mucche e scimpanzé. Ma cosa ci insegna la sua storia? Non solo che non bisogna mai arrendersi, anche in situazioni difficili, ma soprattutto che il cervello dei cani ha sempre grandi capacità per adattarsi alle difficoltà. Proprietà che sembrano disporre non solo loro e gli esseri umani ma pure molti altri mammiferi che spesso consideriamo come semplici macchine guidate dall'istinto.

La sordità di Rafa del resto è congenita e seppur non siano stati compiuti ancora studi su di lui, è molto probabile che il suo encefalo ha dovuto riadattarsi a questo deficit. Sfruttando gli altri sensi e le proprietà insite dei centri nervosi, Rafa ha imparato una diversa forma di linguaggio, che nel suo caso tra l'altro non gli appartiene per "natura". I linguaggi che Rafa ha dovuto imparare infatti non sono quelli legati alla espressività dei volti o all'odore che una certa persona produce, ma si tratta di una forma di linguaggio complesso, inventato da una specie di primate con capacità espressive molto differenti dalla sua, che sfrutta principalmente il movimento degli occhi ma soprattutto delle dita e della mani.

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La rassomiglianza fra il cervello umano e quello del cane

I ricercatori sanno però già da molti decenni che l'area legata al linguaggio (verbale e non verbale) e alla sua comprensione – nel cervello degli esseri umani come in quella di molti altri mammiferi – sembra essere quella schiacciata tra il lobo parietale e il lobo temporale, in quanto casi di ictus e di incidenti alla testa che hanno colpito quest'area specifica del cranio hanno provocato quasi sempre nei pazienti dei disturbi connessi all'eloquio o alla comprensione del significato delle parole. Quest'area è universalmente riconosciuta negli esseri umani come area di Broca, ma mentre noi primati sembriamo usare l'emisfero sinistro per svolgere queste funzioni, nei cani sembra essere l'emisfero destro quello coinvolto nel linguaggio.

Il cervello dei cani non è stato ancora completamente studiato. Cominciamo però a maturare l'idea che molte aree con cui noi classifichiamo gli emisferi cerebrali umani siano presenti anche nei nostri amici a quattro zampe, per quanto esistono differenze minime dovute alla differente evoluzione e alla diversa origine cognitiva degli encefali. Per esempio, il cervello dei cani è il classico cervello di un predatore che presenta inspessimenti nei centri nervosi collegati all'olfatto e alla vista, ma si è evoluto per riconoscere sempre di più le espressioni e gli stati emotivi di noi esseri umani, mentre il nostre cervello sembra essere già diventato più suscettibile alle risposte emotive indotte dagli animali. I lupi tra l'altro non sembrano possedere questa capacità sviluppatasi nei cani.

Quello però che è possibile dedurre dalla ricerca e dai video diffusi di Rafa è che il suo cervello ha riadattato l'area legata alla comprensione dei suoni, che abitualmente gli altri cani usano per riconoscere la voce dei loro pet mate, per permettergli invece di recepire i messaggi non trasmessi attraverso l'udito ma tramite la vista e il tatto.

Dopo aver assimilato questo, una domanda però sorge spontanea osservando le capacità cognitive e di adattamento di cani e uomini: come è stato possibile che due specie così diverse si siano co-evolute al punto da influenzarsi a vicenda?

La storia di una stramba ma fruttuosa alleanza

Per comprendere l'origine della comprensione fra uomini e cani dobbiamo tornare alla Preistoria, verso i 15-12.000 anni fa, sebbene ormai si ritiene che si possa andare indietro fino ad almeno 40 mila anni.

É all'epoca che risalgono tracce della convivenza fra gli antenati degli odierni cani e l'uomo e dell'evoluzione cognitiva integrata delle due specie.

Quel periodo è conosciuto per essere fra i più tragici della storia umana. Siamo durante gli ultimi secoli dell'ultima glaciazione e l'intera Europa è stretta dalla morsa dei ghiacci. La cacciagione scarseggia per tutti i predatori e perfino i Mammut si dirigono verso una rapida estinzione. All'epoca i predatori più comuni dell'Eurasia sono due, esseri umani e lupi, ed entrambi sopravvivono fra ristrettezze alimentari e inverni molto freddi.

Non si conosce come andò precisamente, né se furono i lupi o gli esseri umani ad avvicinarsi per primi ai loro "naturali" avversari: le teorie sono diverse e gli studi continuano al riguardo. In ogni caso giunse un giorno in cui i componenti più predisposti e probabilmente affamati delle due specie firmarono un patto, raramente osservato in Natura. Homo sapiens e Canis lupus avrebbero stabilito una tregua fruttuosa, iniziando ad aiutarsi  in cambio di reciproci vantaggi che avrebbero segnato non solo il loro cammino ma anche la percezione e il controllo che avrebbero avuto sul loro mondo. Presto il connubio lupi/esseri umani divenne così saldo che non solo gli animali selvatici cominciarono ad interpretare la presenza del "lupo di guardia" collegandolo alla presenza dell'uomo, ma portò gli stessi lupi e uomini a modificarsi, fisicamente e caratterialmente, rispetto al rapporto che esisteva fra loro.

Per istituire questo patto entrambe le specie hanno dovuto seguire una forma di linguaggio comune che altri animali non hanno sviluppato. Difficilmente infatti i componenti delle altre specie comunicano tra di loro, istituendo un dialogo interspecifico. Per quanto riguarda invece quegli antichi lupi – che si sono poi evoluti in cani – e gli esseri umani, questa forma di dialogo diventò il vantaggio selettivo che li avrebbe portati a superare l'epoca più buia della loro storia. Su come fu istituito questo dialogo, i ricercatori sono ancora dubbiosi. Siamo però consapevoli che il linguaggio non si esprime solamente con il significato delle parole, ma anche con il tono della voce, la rapidità con la quale pronunciamo i concetti e l’intonazione.

Furono però ben altri i primi sistemi che portarono alle due specie al comprendersi: l'espressione dei corrispettivi volti, i gesti, gli sguardi. Come anche la postura del corpo o la presenza/assenza di segnali minacciosi, come una lancia direzionata per gli esseri umani e il digrignamento dei denti nei lupi, furono i primi segnali che entrambe le specie usarono per interagire.

Estrapolare il significato di questi fattori è divenuto dunque la chiave con cui nei primi momenti uomini e lupi si compresero a vicenda. Inoltre anche la neotenia di alcuni caratteri secondari in entrambe le specie può aver portato alcuni esemplari da entrambe le fazioni ad affezionarsi al proprio compagno.

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In poche parole, furono molte le ragioni che spinsero i nostri antenati a comprendersi con gli antenati degli attuali cani, tanto da spingerli a venire selezionati in diverse razze per diverse occasioni di collaborazione. Al giorno d'oggi non a caso esistono cani pastore, cani da guardia, cani da caccia e così via. Questa istituzione del dialogo è stata probabilmente possibile proprio grazie al fatto che entrambe le specie disponessero di circuiti neurali simili, legati all'interpretazione di suoni e gesti. La stessa adattabilità cognitiva nel comprendere le forme para verbali dei propri compagni fu essenziale a questo scopo. Infine fu la stessa natura sociale di entrambe le comunità a portare uomini e lupi a riconoscersi come entità sociali e a velocizzare quel processo che storicamente abbiamo definito domesticazione, ma che al giorno d'oggi viene visto più come una domesticazione incrociata, che ha portato ovvero alla convivenza quasi egualitaria.

Il fattore evoluzionistico fondamentale di questo rapporto è stato sicuramente la condivisione delle risorse e del benessere, mentre dobbiamo ringraziare all'innata capacità delle nostre specie se siamo riusciti ad adattarci perfino cognitivamente alle forme di conversazione para verbale che spesso instauriamo con i nostri fidati amici a quattro zampe. Se non fossimo stati infatti predisposti evolutivamente a riconoscerci come alleati, come probabili amici, se i lupi preistorici fossero stati meno inclini agli esseri umani e se la nostra mente fosse stata sufficientemente diversa rispetto a quella dei cani, probabilmente oggi non potremmo godere della fortuna di desiderare la compagnia di un fidato pastore tedesco o di ridere dinnanzi alle marachelle del cane del vicino.

La storia di Rafa come quelle di tanti altri amici domestici ci permette così di comprendere meglio non solo come funziona la mente dei nostri cani, ma anche come si sia istituita l'amicizia fra un animale così legato a noi. Non potendo sfruttare le aree cerebrali legate al riconoscimento della voce umana o dei versi degli altri cani, possiamo presumere che Rafa- e continueremo a presumere finché uno studio non confermerà la vicenda –  ha "occupato" le aree usualmente utilizzate dagli altri cani con altre capacità, per mantenere vividi gli stessi rapporti che altri cani hanno con la nostra specie, permettendoci una nuova occasione di riflettere sulle somiglianze e differenze che ci legano alle altre specie presenti sulla Terra.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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