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27 Luglio 2021
15:35

I cani capiscono se un umano possiede un’informazione sbagliata, accettando l’ignoranza ma non l’inganno

Una ricerca pubblicata recentemente su Proceedings of the Royal Society B ha dimostrato che i cani riescono a distinguere tra false credenze, ossia a capire che un altro può avere un'informazione sbagliata rispetto a un contesto, e credenze vere, una capacità cognitiva alla base del concetto di "teoria della mente"

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La teoria della mente, ossia la capacità di attribuire stati mentali agli altri e riconoscere che questi possono avere delle intenzioni e delle credenze diverse dalle nostre, è una prerogativa che si pensava fosse esclusivamente umana. Ma, come spesso accade, diverse ricerche hanno poi dimostrato questa abilità, o almeno le basi di questa, anche in altre specie come scimpanzé (Pan troglodytes), bonobo (Pan paniscus), orango (Pongo abelii) e macaco giapponese (Macaca fuscata), anche se sono necessari ulteriori studi per capire se effettivamente hanno piena consapevolezza degli stati mentali altrui. A parte i primati però, c'è un animale in particolare su cui sarebbe interessante indagare, in quanto cammina fianco a fianco dell'uomo da almeno 14.000 anni, e ha imparato così a leggere i nostri gesti e a capire come comunichiamo: il cane. A tal proposito una ricerca pubblicata recentemente su Proceedings of the Royal Society B ha dimostrato che i cani riescono a distinguere tra false credenze, ossia a capire che un altro può avere un'informazione sbagliata rispetto a un contesto, e credenze vere, suggerendo che questa capacità non si sia evoluta in maniera univoca nei primati.

Lo studio: il test Sally-Ane

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L’immagine (a) mostra lo sperimentatore mentre nasconde il cibo nel primo contenitore (secchio A), mentre il cane e il comunicatore guardano. La figura (b) mostra lo sperimentatore che trasferisce il cibo nel secondo contenitore (secchio B). Infine la figura (c) mostra il comunicatore che suggerisce il secchio A. © Lonardo, L., Völter, C. J., Lamm, C., & Huber, L. (2021). Dogs follow human misleading suggestions more often when the informant has a false belief. Proceedings of the Royal Society B, 288(1955), 20210906.

I ricercatori dell'Università di Vienna hanno sottoposto i cani a tre esperimenti, riproducendo il test verbale Sally-Ane utilizzato per i bambini. Questo test consiste nel porre i bambini davanti a uno scenario: uno sperimentatore nasconde del cibo in un armadio, lasciando poi la stanza. A questo punto entra un secondo sperimentatore che sposta il cibo in un altro mobile. Quando ai bambini veniva chiesto dove il primo sperimentatore avrebbe cercato il cibo, questi, solo se di età superiore ai quattro anni, rispondevano "nell'armadio". Si erano quindi resi conto conto che lo sperimentatore aveva in mente una falsa credenza, dato che non aveva visto il trasferimento del cibo da un mobile all'altro.

In questo studio i ricercatori hanno sottoposto i cani a un test simile con due scenari diversi: in entrambi i cani vedevano lo spostamento del cibo dal contenitore A al contenitore B, consci quindi che il cibo raggiungeva la posizione finale in B. Nel primo scenario uno sperimentatore, chiamato il "comunicatore" assisteva al trasferimento del cibo, nel secondo invece era assente, rappresentando quindi la condizione di "falsa credenza". Successivamente il comunicatore indicava con diversi segnali ai cani il contenitore A, che in entrambi i casi era privo di cibo, per vedere dove i cani si indirizzavano e come avrebbero utilizzato questa informazione fuorviante.

Se i cani infatti avessero scelto solo in base alla posizione finale del cibo, si sarebbero dovuti indirizzare verso il contenitore B ignorando il comunicatore. Se invece avessero basato la loro scelta rispetto a quello che il comunicatore sa, avrebbero dovuto scegliere preferenzialmente il suo suggerimento nella prima condizione, ossia quando era presente al trasferimento del cibo, interpretando il segnale del comunicatore come motivato dal mostrare ai cani qualcosa di nuovo all'interno del contenitore. Nel caso invece della "falsa credenza", ossia quando lo sperimentatore non ha visto il trasferimento del cibo, i cani si sarebbero dovuti indirizzare preferenzialmente verso B, consci che sapevano qualcosa in più rispetto al comunicatore, ossia che il cibo non era più nel contenitore A. Il test, della durata di circa 20 minuti, è stato ripetuto tre volte: la prima ha coinvolto 120 cani appartenenti a 36 razze diverse, il secondo 60 cani di 21 razze, e il terzo 40 Border Collie e 40 terrier di 14 razze diverse, per valutare la differenza delle caratteristiche di razza.

I cani seguono più spesso i segnali dello sperimentatore guidato da "buone intenzioni"

I risultati dello studio sono stati sorprendenti: i cani mostravano un comportamento diverso nelle due condizioni, ma opposto a quello che avviene nei bambini e nelle scimmie e che avevano ipotizzato i ricercatori. Più cani hanno infatti seguito il suggerimento fuorviante del comunicatore quando quest'ultimo era assente durante lo spostamento del cibo, ossia nella condizione di "falsa credenza". I ricercatori suggeriscono che i cani abbiano valutato l'intenzione del comunicatore: se questo sapeva la posizione del cibo, e li ingannava volontariamente, veniva ignorato più spesso. In caso contrario, i cani erano più propensi a seguire i suoi suggerimenti, perché effettivamente non sapeva che il cibo non era più lì ed era quindi guidato da "buone intenzioni". Inoltre, si sono resi conto che i terrier, rispetto alle altre razze, mostravano il pattern opposto: seguivano più frequentemente il suggerimento del comunicatore se questo sapeva dov'era davvero il cibo. I ricercatori suggeriscono che ciò è dovuto alle caratteristiche di razza: i terrier infatti sono stati selezionati come "lavoratori indipendenti" e sono meno abili nel riconoscere l'inganno umano. Questo studio dimostra per la prima volta che i cani riescono a distinguere tra vere e false credenze, una capacità cognitiva alla base del concetto di "teoria della mente", e ulteriori ricerche potranno indagare se questa abilità è frutto della domesticazione o è presente anche nei loro progenitori: i lupi.

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