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4 Maggio 2022
15:30

La storia dei “Cani dell’Inps” di Torino: dalla libertà al canile all’insegna della solita gestione superficiale

Nella città di Torino vive da anni un gruppo di cani che nell'ultimo periodo, per diversi motivi, ha attirato le attenzioni su di sé. L'amministrazione ha iniziato ad accalappiarli, senza ascoltare le proposte di chi studia questi fenomeni e cerca soluzioni per la convivenza.

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© Stray Dogs International Project

Nella periferia Nord di Torino, in un bosco sulle rive del fiume Stura, viveva da molti anni un gruppo di cani randagi. La loro presenza è nota agli abitanti della città e, nel tempo, sono stati soprannominati "I cani dell'Inps" per via della vicinanza con il palazzo della previdenza sociale.

La zona in cui si erano insediati, e dove erano da generazioni senza nessun conflitto con gli umani, però è un ambiente in rapido cambiamento: le fabbriche abbandonate dell'antico quartiere popolare stanno lasciando posto ai centri commerciali e il campo nomadi che occupava parte dell'argine del fiume è stato sgomberato. Tra gli orti e i nuovi parchi è sorto anche un albergo.

In questo rinnovato contesto urbano, in cui gli spazi naturali sono diminuiti e quelli occupati dall'uomo hanno cambiato forma, i cani hanno cominciato ad attirare le attenzioni su di sé, portando la nuova amministrazione comunale, eletta lo scorso autunno, a prendere provvedimenti. Per farlo, negli ultimi mesi hanno iniziato ad accalappiarli e trasferirli all'interno di un canile.

Ma era ed è davvero necessario catturarli oppure esistono alternative che non richiedano il prelevamento degli animali e che favoriscono piuttosto una pacifica convivenza? Colpiti da questa storia e desiderosi di comprendere l'opinione dell'amministrazione comunale, già a partire dallo scorso mese di gennaio, noi di Kodami abbiamo provato a parlarne con il neoeletto Assessore con delega alla tutela degli animali, Francesco Tresso, senza ricevere però alcuna risposta, nemmeno quando, improvvisamente, sono iniziate le attività di cattura. Intanto, però, abbiamo ricostruito le tappe e seguito sempre l'evolversi della situazione.

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© Stray Dogs International Project

La storia dei "cani dell'Inps"

I fenomeni di randagismo, come sappiamo, vanno analizzati sempre nel dettaglio, perché ogni circostanza è differente e richiede uno studio approfondito delle variabili. A pensarla così è anche anche Clara Caspani, vice-presidente e fondatrice di Stray Dogs International Project, l'associazione che da molti anni si occupa di studiare i diversi aspetti legati al randagismo in molti paesi del mondo, con l’intento di creare i presupposti per una pacifica coesistenza tra gli esseri umani e i cani.

Da tempo l'organizzazione aveva iniziato a studiare la situazione dei "cani dell'Inps" con la speranza di trovare, insieme all'amministrazione locale di Torino, una soluzione adeguata per gli abitanti del quartiere e anche per gli animali che, da generazioni, si muovono tra il bosco, i parchi e le rive del fiume.

«In seguito alle numerose segnalazioni ricevute riguardo questo gruppo di cani, l'anno scorso abbiamo deciso di intervenire attivamente parlandone con l'allora consigliera di circoscrizione Carlotta Salerno – racconta a Kodami Clara Caspani – Si era mostrata immediatamente disponibile al dialogo e ci aveva illustrato i tentativi che avevano già messo in atto in autonomia, purtroppo però, senza mai ottenere i risultati sperati».

Prima delle elezioni comunali dell'ottobre 2021 infatti, il Comune di Torino, aveva effettivamente provato a intervenire attivamente nella gestione dei cani liberi del quartiere Stura, strutturando un sistema di cucce e di punti cibo, ovvero dei luoghi appositi, dove i cani avrebbero sempre potuto trovare le risorse alimentari necessarie al sostentamento.

«Come spesso accade però, questi punti cibo erano stati sistemati nei pressi della strada: una scelta che favorisce inevitabilmente l'abitudine da parte dei cani di avvicinarsi alle automobili e agli umani, rendendoli più vulnerabili e visibili rispetto al passato, quando invece si tenevano alla larga dall'ambiente urbano – spiega Caspani – Ne abbiamo quindi parlato con la consigliera Salerno, la quale si è detta, ancora una volta, disponibile al dialogo e alla collaborazione per la creazione di un progetto di gestione sul territorio, salvo poi interrompere, di punto in bianco, le comunicazioni con noi».

Le evoluzioni degli ultimi mesi e le proposte per il futuro

Nonostante le difficoltà comunicative e l'impossibilità di creare un dialogo concreto con l'amministrazione comunale, Stray Dogs International Project ha però continuato a seguire i cani e raccogliere informazioni a riguardo. Anche grazie all'aiuto di un gruppo di volontari, giunti appositamente sul posto, la scorsa estate ha svolto un censimento degli individui, in modo da conoscere più approfonditamente tutte le abitudini del gruppo, come avevano già fatto altrove.

«Effettivamente durante le osservazioni abbiamo riscontrato delle reali problematiche di convivenza causate sia dalla gestione scorretta del cibo che dalla diminuzione dello spazio a disposizione per i cani – spiega l'esperta – Il territorio ha però anche numerosi fattori positivi che permetterebbero realmente di intervenire senza dover trasferire i cani in canile».

L'analisi svolta dagli esperti, intenzionati a trovare la strada adatta alla convivenza con i cani liberi di Torino Nord infatti non mette in luce solo le problematiche ma prende in considerazione anche le concrete opportunità offerte dall'ambiente. «Non dimentichiamo che Torino è una città universitaria dove ha sede anche una facoltà di Etologia – sottolinea Caspani – Se solo vi fosse il desiderio di intervenire nell'ambito del randagismo in maniera oculata, si potrebbe studiare una struttura di recinti volta a ridurre l'impatto della presenza dei cani sui cittadini. In questo modo, i "Cani dell'Inps" potrebbero diventare una vera e propria risorsa di enorme importanza per chi si dedica ad osservare e studiare il comportamento».

In base agli studi svolti da Stray Dogs, infatti, nonostante l'ampliamento della zona urbanizzata, sulla riva del fiume vi è ancora uno spazio sufficientemente esteso per permettere ai cani di trovare una sistemazione che non richieda il costante contatto con l'uomo. «Questo genere di interventi può diventare a tutti gli effetti uno strumento di riqualificazione della zona – spiega la vicepresidente dell'associazione – Speriamo che l'amministrazione comunale invece che proseguire sulla strada dell'accalappiamento decida di ascoltare finalmente il nostro messaggio e valuti nuovamente questa collaborazione, evitando che i cani, nati e cresciuti sul territorio, vengano chiusi in un canile da cui probabilmente non usciranno mai».

Anche Kodami da tempo attende una risposta dall'ente locale per comprendere se e come vuole affrontare la situazione e non vederla nei fatti, ovvero "risolvendo le cose" aprendo ancora altre gabbie di canile per poi chiuderle per sempre. Restiamo a disposizione del Comune di Torino, nella speranza di riuscire a costruire un dialogo e mostrare all'amministrazione che una strada alternativa esiste e che, anche grazie all'ascolto delle proposte, la città avrebbe l'opportunità di mostrarsi davvero innovativa nelle azioni dedicate al benessere animale piuttosto che indifferente e sorda come si è presentata in questi ultimi mesi.

«Personalmente trovo assurdo che nel 2022, mentre il mondo si interessa sempre più a questi argomenti, una città come Torino preferisca scegliere una via gestionale così miope – conclude Caspani – Non può essere che in un Comune così importante ci si accontenti di far scomparire i cani, illudendosi che nessuno si chieda dove finiranno piuttosto che ascoltare le proposte concrete di chi vuole davvero favorire la convivenza e prova con impegno a dialogare per individuare le soluzioni più adatte per il territorio e per gli animali che lo condividono con noi».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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