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11 Gennaio 2024
15:50

La motivazione et-epimeletica

La motivazione et-epimeletica è il desiderio e il bisogno di richiedere cure. Si tratta di una spinta che non riguarda solo i cani, ma tutti i mammiferi che offrono cure parentali, quindi anche noi esseri umani.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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La motivazione et-epimeletica è il desiderio e il bisogno di ricercare attivamente le attenzioni e le cure da parte di un altro individuo. Si tratta di una tendenza che non riguarda solo i cani ma accomuna tutte le specie che presentano cure parentali e, quindi, anche noi esseri umani.

Viene manifestata ad esempio dai cuccioli nei confronti della madre, quando emettono vocalizzi per richiedere cibo o cure, ma non è da considerarsi una caratteristica legata solo ai primi mesi di vita. La motivazione et-epimeletica, infatti, è quella che vediamo nei nostri cani quando vengono a chiederci qualche minuto di coccole. Ma non riguarda solo questo aspetto: perché sempre attraverso questa modalità, il soggetto prova risolvere i conflitti con i propri simili o con gli esseri umani, proponendo comportamenti volti a dimostrare la propria docilità.

Come ogni altra motivazione, anche quella et-epimeletica è tipica della specie e si declina in maniera fortemente indivuduale nel soggetto. Ciò significa che ogni cane mostra questo bisogno/desiderio in maniera differente e con frequenze distinte.

L'insieme delle tendenze motivazionali dell'individuo dà forma alla personalità che dipende sia da questi aspetti che da molti altri elementi tra i quali vi sono, per esempio, il patrimonio genetico e le esperienze vissute.

Come riconoscere la motivazione et-epimeletica

La motivazione et-epimeletica si riconosce nei comportamenti cosiddetti "giovanili", ovvero quelli che vengono proposti sia dai cuccioli che dai soggetti adulti, con l'obiettivo di ottenere attenzioni e benevolenza oppure per interrompere un incontro in cui vi è il rischio di aggressività.

Un esempio è la tendenza di alcuni cani a leccarci o a spostare le nostre mani con il muso per essere toccati, per ricevere una coccola o un po' del nostro pranzo. Anche il richiedere cibo e nutrimento, infatti, è strettamente legato alla motivazione et-epimeletica. D'altra parte, noi pet mate, intenti a prenderci cura di loro, siamo guidati invece dalla nostra motivazione epimeletica, ovvero il piacere e il bisogno di prenderci cura dell'altro.

Possiamo vedere l'et-epimelesi anche nei comportamenti dei cani che cercano di evitare i conflitti con i propri simili e con gli umani. Nel farlo, infatti, potrebbero mettersi a pancia all'aria, ritraendo le zampe anteriori come fa il cucciolo quando si lascia esaminare dalla madre.

Anche mugugnando, uggiolando o piangendo il cane può chiedere l'aiuto e l'appoggio dall'altro e queste stesse attitudini possono essere paragonate ai nostri comportamenti proposti quando siamo malati, in difficoltà o quando proviamo dolore. Anche gli umani, infatti, se si trovano in situazioni di insicurezza, chiedono di essere rassicurati, protetti e coccolati. È in questo aspetto che si manifesta l'et-epimelesi.

Prestiamo però attenzione a un dettaglio fondamentale: troppo spesso accogliamo in casa cani e altri animali con l'illusione che le loro uniche necessità siano quelle legate all'offerta di cibo e alla tutela dai rischi. Esattamente come noi, invece, anche loro hanno bisogno di esprimersi in diversi ambiti e secondo i loro interessi e altre passioni, compiendo azioni non collegate alla sola cura.

Pensare che un individuo possa accontentarsi dell'appagamento di una sola delle motivazioni rischia di condurlo verso una vita povera di opportunità. Affinché i cani siano felici c'è bisogno di un equilibrio tra le motivazioni ed è proprio così che potranno sviluppare diversi strumenti per interfacciarsi con il mondo: ad esempio attraverso la motivazione collaborativa, quella perlustrativa, quella sociale e quella protettiva.

I cani esperti di motivazione et-epimeletica

Non possiamo limitarci a dire che esistono alcune razze "esperte di et-epimelesi" perché si tratta di una motivazione fortemente legata all'individualità che dipende (forse ancora più delle altre) sia dalla relazione che il soggetto instaura con i suoi umani che dalle opportunità che la vita gli offre per metterla in pratica. Inoltre, non dimentichiamo che anche i meticci hanno le proprie motivazioni perché non vi è certo bisogno di un pedigree per avere interessi, bisogni e passioni.

Ciò nonostante, attraverso la selezione delle razze operata nei secoli da parte dell'uomo, oggi vi sono alcuni cani che tendono a mostrare questa motivazione con maggiore frequenza e parliamo, ad esempio, di molti cani da compagnia, come i Bouledogue Francesi o i Carlini, che potrebbero passare intere ore a guardarci con gli occhi languidi in attesa di un contatto. Ci sono poi anche i Bulldog Inglesi che hanno una storia tutta diversa dai precedenti che abbiamo citato ma il loro aspetto e la loro personalità è cambiata così tanto per via della selezione che oggi (spesso) amano che ci prendiamo cura di loro.

Anche i Labrador Retriever e i Golden Retriever, sebbene abbiano una grande esperienza come cacciatori da riporto, al giorno d'oggi si interfacciano spesso con gli altri attraverso modalità che rimandano a questa motivazione ma non dobbiamo affatto sottovalutare le altre motivazioni di cui sono dotati e che li spingono a correre, esplorare il mondo e a riportarci gli oggetti che gli lanciamo (motivazione sillegica).

I cani che mostrano spesso comportamenti legati all'et-epimelesi sono anche quelli che vivono all'interno di un gruppo su cui sentono di poter fare affidamento. Quando arriva la sera e la famiglia si riunisce in casa, loro trovano spazio tra i membri del gruppo e vanno alla ricerca del contatto con i propri pet mate per ricevere qualche grattino o una rilassante spazzolata.

Purtroppo, i comportamenti legati all'et-epimelesi vengono mostrati anche nella sofferenza, quando il cane ha paura della reazione con chi ha di fronte e sceglie di fingersi cucciolo con l'intenzione di evitare reazioni di violenza.  Un esempio di questo caso sono i video molto diffusi sui social in cui il pet mate sgrida il cane che, con attitudine apparentemente rammaricata (secondo l'interpretazione di alcuni), scodinzola, si fa piccolo o si mette a pancia all'aria. Queste immagini, quindi, osservate pensando alla motivazione et-epimeletica fanno molto meno ridere di ciò che si potrebbe pensare.

Nella loro mente

Il cane con una forte motivazione et-epimeletica riconosce nell'altro una figura che può offrire serenità e pace, lo cerca e fa affidamento sul suo desiderio e sulle sue spinte epimeletiche. Vi è quindi una reciprocità tra chi offre (e desidera offrire) le cure e chi le richiede e le riceve.

I soggetti che vivono una deriva motivazionale (ovvero una tendenza a far girare gran parte della propria vita intorno a una sola motivazione) sono tendenzialmente insicuri, con un forte bisogno di affidarsi e ricercare una spalla. Ai propri umani affidano la propria tranquillità e si sentono completamente in pace solo all'interno della relazione.

Risulta quindi chiaro come questa motivazione possa portare (se sviluppata in maniera incontrollata) ad una sorta di dipendenza, per cui il cane non riesce ad esprimersi in assenza della sua figura di riferimento. Anche da qui nascono, talvolta, i disturbi legati all'ansia da separazione.

Per ridurre il rischio che il cane si trovi in una condizione di questo tipo, il consiglio è quello di favorire lo sviluppo di altre motivazioni che spingano invece verso il desiderio di uscire dalla relazione esclusiva e provare, ad esempio, a perlustrare l'ambiente, ad inseguire gli oggetti in movimento (motivazione predatoria) o a competere con i propri simili in giochi di vario tipo.

Così facendo è possibile che il cane alleni la sua tendenza a interfacciarsi con gli altri e aumenti quindi la sicurezza in sé stesso, la capacità di agire in autonomia e anche l'autostima, che sorregge tutti questi elementi.

Come giocare con la motivazione et-epimeletica

Per divertirsi insieme al cane con questa motivazione possiamo offrirgli l'opportunità di ricevere ciò che chiede. Il miglior modo per renderlo soddisfatto, infatti, è dimostrandogli che riconosciamo i suoi bisogni e siamo, quindi, effettivamente delle figure su cui fare riferimento.

Possiamo poi, fin da quando il cane è cucciolo, imparare a osservare e comprendere i comportamenti che tende a proporre più spesso quando richiede cure e attenzioni: c'è chi ci porta un gioco, chi invece viene a leccarci, altri che si mettono nel letto accanto a noi e semplicemente ci guardano nella speranza di ricevere una carezza.

Per favorire l'et-epimelesi possiamo infine pensare di farci portare la spazzola quando il cane ha il desiderio di farsi spazzolare, oppure fargli prendere l'asciugamano quando vuole farsi asciugare il pelo. Il cane, attraverso questa proposta, ci chiede di prenderci cura di lui e non è affatto un gesto scontato: significa che si fida e che sa di essere compreso.

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Riconoscere le motivazioni del cane è fondamentale per riuscire a comprendere i suoi desideri e per prevedere le azioni che metterà in atto per raggiungere la gioia e per evitare il disagio. Si tratta di un elenco (in evoluzione) di desideri e necessità individuali che fornisce strumenti preziosi per aiutare a costruire una relazione più profonda con l'animale.

Nel momento dell'adozione, indipendentemente dalla razza del cane, può essere utile riconoscere le sue motivazioni per individuare il soggetto più adatto alla vita all'interno della propria famiglia. 

Non esistono motivazioni "giuste" o "sbagliate": l'obiettivo è che al cane venga offerta l'opportunità di raggiungere un equilibrio che  non lo porti a focalizzarsi eccessivamente su poche azioni dipendenti da solo una (o pochissime) spinte motivazionali.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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