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25 Agosto 2022
14:00

“La Casa di Dora”, un rescue per dare un’altra possibilità ai Rottweiler abbandonati

I rescue sono luoghi in cui vengono accuditi cani di razza abbandonati o provenienti da situazioni difficili. A Spresiano, in provincia di Treviso,  c'è un rifugio per Rottweiler che hanno bisogno d’aiuto, operativo da oltre dieci anni.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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A Spresiano, in provincia di Treviso,  c'è "La Casa di Dora”, un rifugio per Rottweiler che hanno bisogno d’aiuto, operativo da oltre dieci anni. E' stato fondato da Alessandra Bardisan e con lei lavora l’educatrice cinofila Selene Mazzarella.

«Ero terrorizzata dai cani – ricorda Alessandra, emozionandosi al ricordo di come Dora era entrata nella sua vita –  Non avevo alcuna particolare affinità con loro, men che meno con i Rottweiler, tanto che anche i cuccioli mi mordevano, forse sentendo il mio disagio. Poi, per una serie di vicissitudini, al mio compagno di allora viene chiesto di prendersi cura di una femmina di Rottweiler. Doveva essere una sorta di stallo ed era luglio del 2009».

Dora veniva da una famiglia che la teneva legata alla catena e la nutriva con montagne di avanzi di pollo, dato che lavoravano per una ditta che trattava questo tipo di carne. «Quando è arrivata era una sorta di bidone con quattro zampe: aveva anche avuto ben 14 cuccioli che fortunatamente erano tutti andati in famiglia. La persona di riferimento doveva partire per tornare nel suo paese d’origine, la Tunisia. Al tempo Dora aveva quattro anni e mezzo. Una delegata dell’OIPA, Mara Canzian, disperata perché non era affatto facile trovare una sistemazione per una Rott adulta (come non lo è mai, ndr) aveva chiesto al mio ex compagno se poteva prendersene cura mentre le si trovava una nuova sistemazione.  Eravamo senza preparazione e per dirla tutta la situazione era questa: io ero terrorizzata, Mara era disperata, ma ecco… noi avevamo un giardino… un piccolo giardino in cui poterla accogliere».

Così è nato un amore folgorante

Il primo incontro è indelebile nei ricordi della donna che poi ha fondato un rifugio dedicato proprio alla razza di Dora. «Era la sera del 31 di luglio del 2009, faceva molto caldo. Lei scende dalla macchina, dondolante: aveva molte difficoltà nel muoversi. Il mio compagno la accoglie mentre io rimango in disparte. Tra Dora e lui è nato subito un bellissimo feeling. I volontari che l’hanno portata da noi ci hanno fatto solo qualche raccomandazione, mentre la facevamo entrare in casa e nel giardino. Ho mantenuto il distacco con lei per almeno una settimana, la osservavo a distanza. La gestiva il mio ex, che era diventato subito il punto di riferimento di Dora, da lui accettava qualsiasi cosa. Poi, ad un certo punto, proprio lui mi passa il guinzaglio mentre eravamo in passeggiata al Piave, e da lì è iniziata la nostra storia».

Non è stato facile per Alessandra entrare nella sfera intima di Dora. «Ho preso anche dei morsi, quando commettevo delle leggerezze che non capivo: non amava essere toccata da me. Ci rivolgemmo un educatore cinofilo della zona quando mi ferì il naso perché l’avevo disturbata mentre era a pancia all’aria in salotto. Raccontammo quello che era successo e l’educatore ci diede una chiara spiegazione del perché il cane avesse reagito in quel modo e poi aggiunse che non eravamo persone adatte ai Rottweiler».

Alessandra però non si lascia andare alla disperazione, decide di impegnarsi di più nel comprendere Dora e le sue motivazioni: «Ho cercato di evitare di commettere altri errori e di comprenderla sempre di più: Dora sarebbe rimasta con noi, a tutti i costi. Il nostro è stato un amore devastante, anche se la convivenza durò poco, appena 16 mesi, molti dei quali passati in malattia, purtroppo. Aveva un osteosarcoma che ce l’ha portata via il 28 novembre del 2010».

Da quel momento in poi, però, in Alessandra è nata la consapevolezza che aver incontrato Dora sia stata una sorta di disegno del destino, forse inevitabile, che ha dato il via ad un cambiamento nella sua vita, in modo radicale, che ha portato poi alla situazione odierna.

«Da lei è nato l’amore per questa razza, tant’è che abbiamo cominciato a rispondere agli appelli di proprietari di Rottweiler che chiedevano aiuto. Ma all’inizio non avevamo spazi, quindi facevamo arrivare i cani e li mettevamo in pensione fino a trovargli una nuova sistemazione. Si trattava di soggetti provenienti soprattutto dal sud Italia, dalla Sicilia in particolare, e lì eravamo seguiti da volontari molto attivi sul territorio». I primi tentativi di adozione non vanno tutti a buon fine, ma si trattava di inesperienza che via via però insegnava ad Alessandra come agire per il meglio. «Ad un certo punto mi sono detta: perché non trovare un posto dove radunare i cani per seguirli meglio? In fondo i costi delle pensioni erano ormai molto elevati ed era difficile seguire i cani, era una scelta forzata. È iniziata così una ricerca che, fatalmente, mi ha condotto qui nel febbraio del 2012. È nata così “La Casa di Dora", in memoria di lei».

Il rifugio, i cani problematici e il ruolo dell'educatrice

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L’educatrice cinofila Selene con Achille e Baghera

Le spese per mantenere i cani, per le cure veterinarie e per l’affitto della struttura non sono certo poche. Ciò nonostante Alessandra Bardisan cerca di far fronte a tutto questo di tasca sua, impegnando il suo stipendio da professionista nel campo della progettazione anti-incendio. Accanto a lei c'è Selene Mazzarella: «Alessandra non ama chiedere soldi alla gente, io cerco però di spingere su questo tasto perché non è possibile auto finanziare proprio tutto quanto, almeno per le spese veterinarie cerchiamo di avere supporto dai sostenitori».

Da quando  Selene lavora al rifugio, l'attività si è strutturata meglio: «Nell’agosto del 2012 – spiega Alessandra – un’associazione animalista di Bergamo l’aveva mandata da me per valutare un Rottweiler che avevo in stallo per conto loro, un cane parecchio difficile che mi creava oggettive difficoltà: aveva scambiato il giorno per la notte a causa di problemi neurologici e, dato che aveva sempre vissuto esclusivamente recluso in un box, gli spazi aperti gli risultavano intollerabili. Conosco così Selene che mi dà una serie di indicazioni finalmente corrette! Diciamo che allora io improvvisavo un po’, riuscivo ad andare avanti con l’intuito, non avevo alcuna formazione. Da allora io e Selene non ci siamo mai più perse di vista e siamo diventate amiche. Lei si occupa di seguire la parte delle adozioni, ossia di scegliere i candidati e poi io accolgo le persone quando vengono qui per incontrare il cane».

Il lavoro della Casa di Dora: circa 150 Rottweiler seguiti in dieci anni

Alessandra e Selene ci spiegano che negli ultimi dieci anni La Casa di Dora è diventata un po’ il punto di riferimento per le persone in difficoltà con questa razza. Sono passati da lì circa 150 Rottweiler, più o meno tutti con storie difficili alle spalle. Cani presi con superficialità dalle persone, maltrattati, tenuti isolati dal resto del mondo.

In molti casi non è possibile recuperare i danni fatti da persone inesperte e violente, alle volte la fiducia negli esseri umani è stata distrutta a tal punto che è molto difficile tornare indietro. «Attualmente ci sono dieci cani al rifugio – sottolinea Alessandra – Al massimo siamo arrivati ad averne in tutto più di trenta contemporaneamente. Stalli e pensioni ci hanno aiutato nelle emergenze. Durante la pandemia è stato particolarmente difficile, inoltre devo far conto anche con l’età che avanza e le energie che diminuiscono, quindi abbiamo dovuto prendere una decisione, quella di occuparci solo di quei cani che abbiano anche un minimo di possibilità di essere reinseriti in una famiglia e in un numero relativo a quanti ne possiamo effettivamente accogliere nella nostra struttura».

I Rottweiler arrivano a seguito di una segnalazione e dopo attenta analisi da parte di un educatore cinofilo che ne vaglia le condizioni e la possibilità di essere reinserito in una famiglia. I potenziali adottanti, che non mancano mai, vengono selezionati dopo aver compilato un questionario e aver fatto un colloquio con Selene e Alessandra. A questo punto, se risultati idonei all’adozione di uno dei cani, si passa alla conoscenza. In questo processo è necessaria grande esperienza e sensibilità, trovare il giusto abbinamento tra cane e famiglia non è affatto cosa facile, soprattutto quando si parla di cani con queste caratteristiche e con alle spalle storie difficili.

Selene Mazzarella racconta del lavoro con i cani: «Quando arrivano qui, la prima cosa che dobbiamo fare – e pare banale dirlo, ma banale non è – è quella di farci conoscere e accettare da loro. Qui i cani hanno spazi ampi, cosa fondamentale per la gestione dello stress e della frustrazione motivazionale. Hanno in Alessandra un punto di riferimento stabile e questo li aiuta a fare il passaggio con i futuri nuovi umani di riferimento. In pratica Alessandra fa da ponte tra il cane e la famiglia. Il fatto che i cani si affidino a noi abbastanza rapidamente ci aiuta poi a lavorare con loro, a fargli fare delle esperienze e capire come si muovono nel mondo, per esempio come riescono a gestire l’ambiente urbano, che solitamente è un po’ il tallone d’Achille per quanto concerne le adozioni. Scoprire poi le competenze sociali dei nostri Rottweiler ci consente di sapere se sono in grado o meno di vivere con altri animali, non solo cani: questo influenza i parametri di adottabilità in molti casi. Dobbiamo capire molte cose, come per esempio se serve che la famiglia abbia o meno un giardino a disposizione, se il cane debba andare per forza in una casa di campagna o possa anche stare in città, eccetera. Lavorando così riusciamo a cogliere quante più informazioni possibili sugli individui, insieme poi alla conoscenza che Alessandra matura vivendoci assieme. Tutto questo è indispensabile per selezionare i possibili richiedenti adozione. Questi cani hanno caratteristiche tali che non possono essere affidati con leggerezza, a chiunque, in un qualunque contesto».

Gli errori commessi dalle persone: violenza e non conoscenza della razza

Parte del lavoro di Alessandra e Selene è quello di fare informazione e cultura su questa razza. Ci spiega l’educatrice Selene Mazzarella: «Compilare il questionario alle volte non è sufficiente. Sulla carta potrebbe essere che una persona risulti perfettamente idonea all’adozione di un cane, ma quando poi scendiamo nel dettaglio per approfondire non è affatto detto che lo sia per uno dei nostri Rottweiler. Alla domanda sul perché proprio un Rottweiler capiamo che molti non sono ben a conoscenza delle sue peculiarità, magari ne hanno visto uno e si sono “innamorati” e adesso lo vogliono anche loro. Ecco che allora è importante fare informazione, spiegare quali siano le attitudini del Rottweiler, quali siano le accortezze nella gestione, e magari fare contro-cultura sulle cose che si dicono su questi cani, che spesso non fanno che peggiorare la relazione con loro, come per esempio l’essere aggressivi nei loro confronti, men che meno l’essere violenti come metodo "educativo". Si cerca di spiegare, ad esempio, cosa osservare, quali sono i segnali sottili che i cani emettono e che significato hanno».

L’associazione si può permettere di fare un’ottimo lavoro di selezione proprio in virtù del fatto che il numero di richieste per i loro cani sono alte. A tal proposito dice Selene: «Per certi soggetti ci arrivano moltissime richieste, quelli che ovviamente attirano maggiormente l’attenzione delle persone sono i cuccioli, ma secondo me queste sono le situazioni più difficili da gestire perché sì parliamo di un cucciolo ma rimarrà tale per molto poco e riuscire a trovare la famiglia giusta è complicato. Adottare un cane adulto, invece, è un'esperienza diversa e che si può fare con maggiore consapevolezza. Dobbiamo andare a ritirare proprio questa settimana un cucciolo di poco più di due mesi acquistato da un allevamento che la persona già non vuole più. Cerchiamo di non ripetere questi errori. Quindi ok il questionario, poi il colloquio, ma soprattutto, giusto o sbagliato che sia, poi noi ci basiamo molto sulle nostre sensazioni per affidare uno dei nostri cani».

Quali sono i motivi per cui le persone rinunciano al loro Rottweiler?

Ma quali sono le ragioni che spingono una persona a rinunciare al proprio compagno di vita? «Sono essenzialmente due le motivazioni per cui le persone vogliono cedere il loro cane. Nella maggior parte dei casi si tratta di morsicature che sistematicamente avvengono quando i cani non sono stati gestiti bene. Ci tengo a sottolinearlo: tutti i soggetti che abbiamo valutato erano stati trattai con metodo addestrativo coercitivo e il cane, soprattutto in età adolescenziale, si ribella alle vessazioni. Dove si lavora così non c’è alcuna lettura dell'animale, non viene trasmessa alcuna competenza nel capire la comunicazione del Rottweiler alle persone di famiglia. Si crea competizione tra cane e umano invece che una sana relazione e così sorgono inevitabilmente problemi, soprattutto con i maschi adolescenti. È tutto un rimproverare, impedire, bloccare, controllare, schiacciare, senza aver costruito la minima fiducia. La situazione conflittuale è costante e fortissima, e questi cani poi non te le mandano certo a dire».

L’altro caso comune è quello in cui le persone dicono di non aver più tempo per star dietro al cane. «Giusto per far un esempio abbastanza recente – conclude Alessandra – E' successo a dei cuccioli presi durante il periodo del lockdown che abbiamo seguito, provenienti soprattutto da Milano. Una volta finita l’emergenza, quando le persone hanno ripreso a lavorare, si sono accorte di non aver più tempo da dedicare ai loro cani. In quest’ultimo caso ricadono anche quei soggetti presi da coppie che poi si sono separate e chi è rimasto con il cane non riesce più a prendersene cura. Poi ci sono i casi del “cambio casa”, che sono sempre più frequenti. Ma spesso questa è una scusa, quando poi Selene approfondisce salta fuori, non di rado, che c’è stata una morsicatura di mezzo».

La leggerezza nelle scelte delle persone e un’errata gestione del cane sono ancora i motivi ai vertici dei problemi e ciò accade, in fondo, in modo trasversale non solo per quanto riguarda i Rottweiler. Ma nel caso di questa razza si vanno ad aggiungere anche convinzioni e approcci deleteri che vanno a ledere quella tipologia di cani detti da “utilità e difesa” per i quali permane ancora, in taluni casi, una visione “arcaica” del rapporto con loro.

«Il record di cessione lo detiene una signora che ha acquistato due Rottweiler, un maschio e una femmina – racconta la fondatrice de La casa di Dora – Ci ha chiamato per cedere i cani che hanno solo due mesi e quindici giorni. Li ha acquistati da un “cagnaro” e questi criminali rappresentano un grande problema nel nostro Paese. I cani sono venduti a poco prezzo, senza documenti, ovviamente senza microchip e senza tener in considerazione minimamente della situazione e delle competenze della famiglia che li acquista. A questi individui interessano solo i soldi. La signora si è resa subito conto di non poter gestire due cuccioli, dopo solo un paio di settimane, e ci ha chiamato per allontanarli da casa sua il prima possibile. Abbiamo noi trovato nuove famiglie, ora stanno benissimo e sono felicissimi ma poteva andare in tutt’altro modo, come succede purtroppo a decine di altri Rott».

Il commercio illegale dei cani, della totale assenza di controlli da parte degli enti preposti e delle istituzioni è elemento comune delle storie dei cani di razza, purtroppo. Il traffico di cucciolate che genera una continua offerta a fronte di un’ingente e ignorante richiesta su Internet fa comprendere l’entità del fenomeno: una rete molto estesa e capillare nella quale cascano gli sprovveduti.

Alessandra aggiunge però una nota positiva, a nostro modo di intendere: «A fronte delle richieste di cessione dei cani però riceviamo anche molte richieste d’aiuto da parte di persone che non vogliono lasciare il loro Rottweiler, che hanno seri problemi ma cercano suggerimenti utili per risolverli. Abbiamo così una rete di contatti di educatori che possono essere di supporto, sia quando ci sono già dei seri problemi in essere che in prevenzione, prima che i problemi si manifestino».

Chi è il Rottweiler? Conoscerlo per condividere la vita insieme

Uno dei compiti che La Casa di Dora si è posto è quello di fare informazione per aiutare chi pensa di essere appassionato di questi cani ma anche per dissuadere le persone che non hanno le condizioni per poter vivere con cani che hanno le peculiarità del Rottweiler. Chi è, allora, questo meraviglioso molossoide? «Come abbiamo detto è certamente un cane che deve sentirsi parte integrante di una famiglia, ha bisogno di avere una condizione affiliativa di una certa profondità e qualità. Quindi, cosa che facciamo ben presente alle persone, bisogna sapere che soffrono moltissimo situazioni di reclusione e isolamento come l’essere legati alla catena, chiusi in un box di una ditta, lasciati sempre soli in un giardino, eccetera. E quando il cane non sta bene poi il suo comportamento ne risente.

Il Rottweiler ha bisogno di “fare”, nel senso che la noia lo affligge, anche se non è certo un cane così esageratamente attivo, soprattutto se può stare con le sue persone di riferimento. Può essere competitivo, soprattutto con gli altri cani, nella fase adolescenziale in particolar modo: questo è un periodo molto critico e l’80% delle richieste d’aiuto hanno a che fare con esso. Sono propensi a proteggere sia il territorio nel quale vivono che le persone alle quali sono legati affettivamente, e questo da un lato è positivo, ma bisogna fare i conti poi con la vita che facciamo, nel contesto in cui andiamo a metterli. Sono cani fisici, ma va imparato il loro linguaggio, capire cosa significano i loro comportamenti e atteggiamenti. Sono cani con una forte motivazione possessiva e competitiva e questi aspetti vanno considerati e rispettati, oltre che gestiti con attenzione. È un cane guardiano, quindi tende ad essere diffidente con gli estranei, ed è territoriale… insomma tutta una serie di motivazioni spiccate che mal gestite causano danni».

Da Dora a Cleo, le storie importanti di adozioni consapevoli

«Quando Cleo è arrivata da noi era fuori di testa. Magra, arrabbiata, si scagliava contro la rete. Aveva vissuto la sua vita, tre anni e mezzo, dentro ad un box in un allevamento, senza mai uscire. E intendo proprio mai», ricorda Alessandra.

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Così Alessandra incontra Cleo, nel box dell’allevamento dal quale non era mai uscita.

«L’allevatrice, che non era riuscita a venderla, e che non poteva usarla come fattrice, chiedeva solo un rimborso spese pur di liberarsene. Cleo non aveva alcuna conoscenza, alcuna competenza relazionale. Era deprivata totalmente ma in lei ho intravisto una grandissima curiosità e credo sia stata quella a salvarla».

All'inizio Cleo mostra comportamenti molto aggressivi, ma Alessandra si rende conto che si trattava di paura, di incapacità di capire la situazione. «Per la prima settimana non ho fatto altro che entrare nel suo recinto, molto più ampio e aperto del box nel quale era stata reclusa fino ad allora – spiega – Mettevo il cibo e uscivo, senza chiedere nulla, non facevo altro. Poi ho provato a darle del cibo dalle mie mani e lei si è fidata. Pian piano sono anche riuscita a toccarla, esperienza totalmente nuova per lei. Mi osservava, quando non ce la faceva poteva anche allontanarsi, aveva lo spazio che le serviva. Abbiamo lavorato per quasi un anno per aiutarla ad interagire con le persone in modo un po’ più affabile».

Iniziano così le prime uscite e Cleo piano piano scopre il mondo fino a ché accade ciò che più si sperava. «Abbiamo cominciato a portarla fuori con la pettorina ma la svolta epocale per lei è stata, dopo quattro anni con noi, quando è arrivata la famiglia giusta. Moglie e marito sono venuti a conoscerla. Lei si è avvicinata, li ha annusati, poi siamo usciti insieme in passeggiata, mentre io spiegavo le sue caratteristiche e la sua storia alla coppia. Cleo in quell’occasione è stata veramente eccezionale e loro anche: tranquilli, delicati, si sono dimostrati le persone perfette. C’era ancora molto da fare per creare un legame ovviamente ma abbiamo fatto diversi incontri. Ad un certo punto ho dato loro il guinzaglio e gradualmente mi sono messa in disparte, rimanendo sempre più indietro. Le cose andavano benissimo, ma poi è arrivato l’8 marzo del 2020, il giorno del lockdown totale, e Cleo aveva sette anni e mezzo. Cosa fare? Non potevamo più procrastinare, dovevamo fare il salto. Abbiamo deciso di dare fiducia, sia a lei che alla famiglia ed è stata la miglior scelta che potevamo fare. I due coniugi sono stati fantastici nel superare le prime difficoltà di Cleo nel nuovo ambiente e il lockdown l’ha aiutata molto con le sue diffidenze. Le città deserte, niente traffico né persone, le passeggiate alle due di notte per aiutarla a superare la paura di un mondo a lei totalmente sconosciuto».

Cleo ha imparato ad andare in automobile con la nuova famiglia e a conoscere il mare. Nicoletta, la sua umana di riferimento, l’ha portata molto tempo in piscina per aiutarla a fare questo passaggio, ora è felice e va con loro ovunque. «Chi ha visto Cloe quando è arrivata qui non può credere che sia lo stesso cane – conclude Alessandra – Se fosse capitata nelle mani di un coercitivo, di uno che voleva piegare la sua paura per smorzare il suo atteggiamento, l’avrebbe distrutta. Aveva bisogno di tutto l’opposto e ringrazio il cielo che sia arrivata da noi, anche se mi dispiace che abbia “perso” quattro anni prima di incontrare la famiglia giusta ma la vita che sta facendo negli ultimi anni credo che la ripaghi di tutto».

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Nicoletta e Cleo al mare

Una tara genetica, mortale e poco conosciuta: la JLPP

C’è una patologia che poco si conosce, una tara genetica che affligge i Rottweiler, di cui La Casa di Dora ha parlato per prima in Italia: la JLPP (Juvenile Laryngeal Paralysis & Polyneuropathy), in italiano "Paralisi Laringea Giovanile e Polineuropatie". E' una malattia ad esito fatale causata da una mutazione genetica a carattere recessivo.

Non ci sono cure e viene trasmessa alla prole da genitori portatori sani. È degenerativa, quindi porta alla morte in età giovanile nella maggior parte dei casi prima del compimento dell’anno d’età. Attacca il sistema nervoso (polineurale) e i sintomi sono: difficoltà respiratorie, problemi di soffocamento durante l’ingestione di cibo e acqua; perdita di coordinazione degli arti anteriori e incapacità di movimento; varie anomalie oculari; degenerazione celebrale, fino alla morte. I sintomi possono manifestarsi a partire dalle 12 settimane di vita del cucciolo, il che significa che potremmo comprare un cucciolo che non manifesta ancora alcun sintomo, ma in breve potrebbe morirci tra le braccia.

«Ne abbiamo parlato sui social con il caso di Thea, una giovane Rottweiler che abbiamo tirato fuori da un allevamento di Parma – racconta Alessandra Bardisan – Stava malissimo e non capivamo perché. Alla fine le è stato fatto un test genetico in Francia è risultata essere affetta dalla JLPP. Nonostante questo, l’allevatore – con affisso e tutto quanto il resto – ha continuato a far accoppiare cani senza fare test genetici. In seguito siamo venuti a sapere, da una brava allevatrice svedese, che il test genetico per la JLPP in Svezia ed in altri paesi europei è obbligatorio mentre in Italia no».

Vengono i brividi nel pensare a quanto questa tara si possa essere diffusa nei Rottweiler italiani senza un accorto lavoro degli allevatori. La sola esperienza diretta di Bardisan non è certo di conforto: «Noi abbiamo seguito tre casi, tutti cani morti giovanissimi: Thea, per l’appunto, la prima, morta a 14 mesi nonostante le cure manicali; Baby, morta a 12 mesi, e una terza, che si trovava però in Croazia, che doveva arrivare da noi ma era gravissima ed è morta durante il viaggio: aveva solo 7 mesi. Siamo inoltre a conoscenza di molti altri eventi simili».

Se proprio volete un cucciolo di Rottweiler, dunque, non dimenticate di pretendere di vedere l’esito del test fatto ai genitori, che sta all’etica dell’allevatore far eseguire, anche se non è ancora obbligatorio nel nostro paese. Fortunatamente sui documenti di alcuni riproduttori comincia a comparire il fatto che siano stati testati per la JLPP, ma, ça va sans dire, ci sono molti “cagnari” nel nostro paese, con o senza affisso ENCI, che di etico hanno ben poco.

Il nostro più caloroso suggerimento è quello di rivolgersi a persone come Alessandra e Selene della Casa di Dora se proprio si desidera vivere con un soggetto di questa razza o di fare un giro al vostro canile di zona: magari dopo una chiacchierata con loro che possono aiutarvi a trovare soggetti che aspettano solo di essere adottati nello stesso luogo in cui si trovano già.

Kodami spera vivamente che nel darvi queste informazioni si contribuisca a far scomparire i truffatori e quelli che, dietro un falso amore per la razza, e per i cani in generale, non fanno che lucrarci sopra senza ritegno. Come sempre, più siamo informati meglio vanno le cose, per noi e per i cani: l’ignoranza fa il gioco dei malfattori, non solo in cinofilia, ovviamente.

Potete contattare La Casa di Dora sulla pagina ufficiale di Facebook.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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