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29 Dicembre 2021
10:30

Cani alla catena: cosa dice la legge? 

È possibile in Italia tenere i cani legati alla catena? La legge nazionale non dà specifici divieti, contro questa pratica bisogna guardare i regolamenti degli Enti locali.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
Cani alla catena

In Italia, purtroppo, capita ancora di frequente di imbattersi in cani legati alla catena per giorni interi; in molti casi questa è la condizione in cui trascorrono gran parte della loro vita.

Dispiace dirlo ma, ad oggi, non esiste alcuna legge nazionale, applicabile su tutto il territorio, che vieti questa pratica. Le uniche normative che si occupano di gestire il fenomeno le si trovano a livello regionale e comunale. Di conseguenza, può ben verificarsi il caso che in una città l’uso della catena sia vietato e sanzionato e, al contrario, in quella accanto sia consentito senza limiti.

Cani alla catena: una situazione eterogenea

Occorre subito dire che in Italia vi sono alcune regioni virtuose, mentre altre si disinteressano completamente della questione. Per fare solo due esempi di approcci opposti: la Legge Regionale dell’Umbria n. 10 del 2016 (tra le più puntuali) prevede un generalizzato divieto dell’uso della catena e stabilisce una sanzione da 150,00 a 900,00 euro per chi viola la disposizione e lega i cani alla catena. Vi sono poi regioni come Basilicata, Liguria e Sicilia nelle quali la materia non è stata in alcun modo regolamentata.

Se già risulta variegata la normativa regionale, si può solo immaginare il frazionamento dato dalla molteplicità dei regolamenti comunali esistenti, che lo si deve dire, spesso sopperiscono alle carenze dei livelli superiori.

Tornando al caso della Liguria, nella quale, come accennato, nulla è stabilito a livello regionale, il Comune di Genova stabilisce alcuni limiti, seppur minimi: «non è consentito utilizzare una catena di misura inferiore a 4 metri. Il terminale della stessa deve essere fissato ad un cavo aereo tale da evitare al cane di rimanere impigliato. Al cane tenuto a catena deve essere consentito di raggiungere il contenitore dell'acqua ed un riparo per proteggersi dalle intemperie, rialzato al suolo e coperto da almeno tre lati».

Fortunatamente, alla diffusa inefficienza e alla confusione creata dalle norme vigenti, cerca di porre un freno la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità.

Infatti, si è affermato tra i giudici, sino in Cassazione, l’indirizzo secondo cui: l’uso indiscriminato della catena integra il reato di maltrattamento o comunque, in casi meno gravi, quello di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura.

Cosa dice la giurisprudenza

Di recente, ad esempio, con sentenza n. 34087 del 2021, la Corte di Cassazione Penale ha condannato un uomo per il reato di maltrattamento di animali per aver «collocato e custodito, per tempi prolungati, un cane di tipo Bull terrier in un ambiente tale da non consentire all'animale di potersi muovere liberamente e, quindi, inadatto alla sua naturale esistenza, in quanto rinchiuso all'interno di uno spazio di dimensioni estremamente anguste, delimitato da una rete, e legato ad una catena di soli 120 centimetri, tanto da cagionargli lesioni consistite in piaghe infette agli arti posteriori, verosimilmente causate da decubito sulla pavimentazione, nonché dermatiti di varia natura».

In altre parole, anche in assenza di leggi e regolamenti che vietino l’uso della catena (e prevedano adeguate sanzioni), questo comportamento è da considerarsi penalmente illecito se il cane è tenuto costantemente legato ad una catena di lunghezza non sufficiente per consentirgli di fare movimento; ancora, se non gli è consentito raggiungere un riparo dal sole o dalla pioggia e cibo e acqua. La catena, infine, non deve mai consentire lo strangolamento dell’animale.

L’uso della catena è invece tollerato dai giudici se di breve durata e nel caso in cui vi siano delle esigenze che lo giustifichino (ad esempio per ragioni di salute dello stesso animale). Chiarito che l’uso continuo della catena può integrare diversi reati tra cui quello di maltrattamento, va detto che chiunque, assistendovi, può segnalare il fatto alla pubblica autorità. È  importante evidenziare – perché spesso negato dalle medesime – che tutte le forze di polizia (Polizie Municipali e Polizie Provinciali in primo luogo, ma anche Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia Costiera ed altri corpi statali o locali) hanno il dovere di intervenire in caso di reati contro gli animali e non possono rifiutare il loro operato (sotto pena di integrazione potenziale di fattispecie omissive di reato).

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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