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9 Maggio 2022
13:07

#IOSONOACASA: storie di adozioni e relazioni nel libro di Francesco Cerquetti

Nel libro "#IOSONOACASA", l'istruttore cinofilo e operatore di canile Francesco Cerquetti racconta storie vere di adozioni, che dimostrano come le relazioni tra cani e umani sono fatte anche di difficoltà da superare insieme.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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A gennaio 2022 vede la luce un piccolo libro denso di storie di cani del canile. Storie di individui che hanno vissuto l’esperienza della reclusione e che poi hanno ritrovato il calore di un focolare. Il libro di Francesco Cerquetti – collaboratore di Kodami, istruttore cinofilo e operatore di canile – si intitola “#IOSONOACASA” e, nel sottotitolo recita: “Perché le favole più belle sono quelle vere. Storie di cani di canile e di piccole magie quotidiane”.

Non si tratta di un errore di battitura, l’hashtag nel titolo (#) riporta alla memoria e testimonia un particolare periodo della nostra storia più recente legato alla pandemia, alla necessità di restare chiusi in casa “per il bene di tutti”, come riporta al ruolo dei social network, presenti in qualsivoglia attività umana, anche in quella dei cani e dei canili.

Come è nato "#IOSONOACASA"

«La spinta maggiore a scrivere questo mio libro è arrivata dal lockdown, il primo, quello più assoluto. Con la chiusura di tutto, insieme con lo slogan “io resto a casa”, anche i canili ne hanno avuto delle ripercussioni con il blocco delle adozioni, soprattutto quando l’adozione di un cane è vista come un percorso d’inserimento in una nuova famiglia – spiega l'autore – Questo implica forzatamente la conoscenza delle persone, il fatto che si incontrino e si conoscano con il cane e i vari step prima di arrivare a vivere insieme. In quel periodo tutto questo non poteva essere fatto. Ci sono certe realtà che sono andate avanti lo stesso a fare adozioni, ma per noi e i nostri cani quei passaggi sono inderogabili, quindi ci fu il blocco totale».

E così l’autore è arrivato a diverse riflessioni sul tema delle adozioni, sul ruolo del cane nella società: “Ho sentito l’esigenza di condividere cosa significa affrontare un percorso di adozione all’interno di un canile, ripensando anche a molti fatti avvenuti negli anni, ai pregiudizi degli adottanti proprio nei confronti dei percorsi adottivi. Quando vuoi offrire un buon servizio e proponi alla persona di fare più incontri per conoscere e creare affiatamento con il cane, tutto con la finalità di dare più strumenti sia al cane che alla persona prima di andare a convivere, molte volte viene visto come qualcosa di negativo, come se fosse un modo per ostacolare l’adozione, invece che favorirla».

Le storie vere di adozione raccontate da Francesco Cerquetti

Cerquetti decide così di raccontare nel suo libro delle storie vere di adozione nelle quali il percorso è il focus principale: «Questi percorsi ci hanno anche posto di fronte a delle difficoltà, alle volte si è cambiato l’orientamento su un soggetto diverso da quello preso in considerazione all’inizio. Comunque un percorso fa emergere tematiche sulle quali porre l’attenzione, come per esempio l’inserimento di un nuovo cane in un a famiglia in cui vivono altri animali, come dei gatti. Oppure la valutazione del contesto urbano, cosa da non sottovalutarsi a seconda delle caratteristiche del cane stesso. Alle volte quindi ci sono stati dei veri e propri ripensamenti: si pensa di volere un cane in particolare ma poi consapevolmente si arriva ad adottarne un altro. Naturalmente questo non significa che poi anche il primo scelto non abbia trovato un contesto di adozione a lui più idoneo…».

Il libro di Cerquetti punta ad una larga diffusione e non necessariamente è rivolto a un pubblico di addetti ai lavori ma ha l’intenzione di arrivare a coloro che amano i cani e che magari intendono avvicinarsi ad una adozione. Il fine è di stemperare quella convinzione che se si chiede un percorso da affrontare insieme non è per scoraggiare l’adozione ma l’esatto contrario. «Detto ciò è però anche un libro che vuole parlare a coloro che in canile ci lavorano o vi fanno volontariato – continua Cerquetti – Persone che possono riconoscersi in tratti comuni, che magari non hanno la possibilità di confrontarsi con colleghi di altre parti d’Italia. Ho pensato che parlare di queste cose possa anche stimolare il dialogo e la cooperazione tra  tra coloro che vivono il canile».

Delle infinite storie di cani che passano per il canile l’autore ha dovuto operare una scelta, naturalmente, e nel libro sono raccontati dieci "episodi". «Ho scelto quelle che da un certo punto di vista mi hanno segnato, che mi sono rimaste nel cuore, che mi hanno fatto anche crescere sia come operatore che come persona. Alcune storie rappresentano per me dei ripensamenti, vicende che mi hanno costretto a mettere in discussione alcune mie convinzioni».

Un aspetto importante che emerge dalle parole di Francesco Cerquetti è che l’atto di adottare un cane dal canile non è solo qualcosa che ha a che fare con il benessere del cane ma anche che la stessa vita delle persone può migliorare. «Questo effetto inizia molto prima di portare a casa il cane, dato che non si tratta solo di un "atto" ma di un percorso di conoscenza e crescita fatto insieme. Questo percorso inizia in canile e potrebbe anche, in taluni casi, continuare dopo a casa».

«Le relazioni tra cani e umani sono fatte anche di difficoltà da superare insieme»

Tra le pagine, spesso, l’autore mette in risalto un aspetto legato all’empatia, alla sensibilità e all’intesa folgorante tra persone e cani, cosa che lui traduce con lo "sguardo": «Questa cosa mi rispecchia molto – dice Cerquetti – Ha a che fare con esperienze fatte in canile. A volte mi sono trovato a capire o entrare in rapporto con dei cani proprio attraverso lo sguardo. Ricordo, ad esempio, il caso di un Dogo Argentino che mi era stato presentato come soggetto "molto difficile", ma non mi erano state date molte informazioni su di lui. Lo vedevano come un cane aggressivo ma quando abbiamo incrociato gli sguardi, per me, tutto è cambiato, quella cosa mi ha aiutato molto a comprendere chi avevo di fronte. Nel mio modo di lavorare, e di essere, lo sguardo è qualcosa che cerco molto, credo sia qualcosa di molto profondo e purtroppo alle volte da noi professionisti del settore questo viene “tecnicizzato”. L’empatia e la relazione spesso, per me, passa anche dallo sguardo».

Cerquetti racconta che sovente cani che si pensava non sarebbero mai stati adottati, o che comunque avessero pochissime possibilità, invece poi sono stati in grado di stupire, rivelando di essere molto diversi da quello che si pensava: «Spesso le persone cercano la perfezione nei cani e se adottassero lo stesso metro e le stesse pretese nei confronti degli esseri umani che incontrano probabilmente vivrebbero perennemente soli. Siamo esseri viventi e certe caratteristiche possono essere da alcuni viste come difetti, mentre per altri sono pregi. In fondo siamo individui con caratteristiche peculiari, non siamo perfetti e l’accettazione delle caratteristiche dell’altro è certo un passo per la costruzione di un rapporto. Le relazioni sono fatte anche di difficoltà da superare insieme».

Questo ci porta a pensare quanto possa essere difficile fare delle valutazioni su un cane mentre vive in canile, magari da anni, in merito alle potenziali adozioni. Insomma, trovare il giusto abbinamento, o quello potenzialmente migliore, tra un cane e una famiglia, è un lavoro molto complesso: «Entra in gioco quello che oggi sono le adozioni, quando forse ci si mettono troppi paletti nel giudicare le persone che si presentano alla porta. Rilevo qui un limite del nostro lavoro come professionisti. Un atteggiamento troppo giudicante rende difficile l’apertura e di conseguenza anche il capire chi ci è di fronte. Per me, per esempio, le adozioni dovrebbero essere seguite da uno staff e non da un singolo, un gruppo di persone con competenze differenti. Questo consentirebbe di entrare in contatto con i vari aspetti che caratterizzano una persona in modo poi da poter scegliere insieme il compagno con il maggior potenziale per quelle caratteristiche di ambiente e famiglia. Alle volte le persone più motivate magari crollano alla prima difficoltà, mentre a quelle che non avresti dato che poche chances invece si rivelano essere adatta alla convivenza anche con cani non facili da gestire. Serve riuscire a partire senza pregiudizi, e ciò rappresenta un bell’ostacolo da superare».

Il lavoro di educatori cinofili e volontari in canile

Arriviamo quindi ad un altro tema interessante e certamente molto dibattuto, quando l’autore dichiara che, nella sua esperienza, ha visto istruttori formati ed esperti essere in difficoltà con alcuni cani che invece si dimostravano poi «docili agnellini» nelle mani di «semplici volontari», e lui stesso si è trovato in situazioni simili. Questo ha cambiato molto il suo modo di osservare e considerare il lavoro degli altri, ricavandone così preziosi insegnamenti. Quello che l’autore dice di aver compreso è che la costanza, la dedizione e la tenacia «agli occhi del cane possono valere più della tecnica, perché un cane è prima di tutto un essere sociale e non una macchina come, alle volte, noi professionisti tendiamo a trattarli, pensando che un’ora con noi possa valere di più che con la guida di un volontario».

Questo tipo di riflessioni sono scaturite nella pratica e nella frequentazione quotidiana del canile per Cerquetti. «Spesso ho osservato educatori e istruttori fare interventi in canile. Ho pensato che è anche una questione di differenti obbiettivi: l’educatore entra in canile perché vuole ottenere dei risultati, il volontario perché vuole costruire delle relazioni. Siccome io sono sia l’uno che l’altro mi rendo conto che alle volte, noi professionisti, ci scordiamo questo aspetto, e sottovalutiamo l’importanza del volontariato. È vero che c’è anche tanto volontariato che si dedica esclusivamente alla relazione, magari costruita anche male, e non si accorge di alcune cose e crea problemi invece che risolverli. Però, altre volte, ti accorgi che quella persona è riuscita a costruire una relazione con un cane che io avevo difficoltà ad approcciare. In canile il lavoro è un lavoro di squadra, non è un lavoro individuale. Bisogna entrare in relazione con tante figure diverse e comprendere la mentalità di ognuna affinché ognuno si possa esprimere al meglio in quel contesto».

Nel libro c’è la storia di Cesare, un Dobermann, che è stata l’inizio dell’avventura editoriale di Cerquetti. «Attraverso quella storia fui messo in contatto con l’editore, Antonio Crepaldi, il quale si è dimostrato molto disponibile e ha subito assecondato il progetto di raccogliere le storie. Sono stato molto contento che l’editore, il quale si occupa soprattutto di cinofilia, diciamo "classica", e che ha pubblicato molti libri zootecnici, abbia deciso di dare spazio anche a questo tema, ossia al canile, e credo sia la prima volta in assoluto».

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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