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10 Febbraio 2023
14:13

In Marocco riparte il monitoraggio di Stray Dogs sui cani liberi. Ci saremo anche noi di Kodami

In un piccolo paese sull'Atlantico l'associazione italiana che si occupa di convivenza tra esseri umani e cani torna con un nuovo progetto di monitoraggio e censimento. Ci saranno anche la direttrice di Kodami Diana Letizia e Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale, membro del nostro comitato scientifico.

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Taghazout è un piccolo paesino affacciato sull'Atlantico, poco distante da Agadir, in Marocco. E' lì che inizia nel 2015 il primo progetto di osservazione dei cani liberi e del rapporto tra la popolazione locale e quegli animali che a causa di alcune interpretazioni del Corano, ancora oggi, vengono definiti "impuri" nella cultura islamica.

Ma qual era e qual è la percezione reale delle persone? Quale è il rapporto tra umani e cani in luoghi in cui ancora c'è la possibilità di una convivenza in un Pianeta che dovrebbe appartenere a tutte le specie che lo abitano?

«Partiva da queste considerazioni quel primo viaggio che feci con un gruppo di amici dopo essermi innamorata del Marocco – spiega Clara Caspani, educatrice cinofila e fondatrice di Stray Dogs International Project – Presi i biglietti per tutti e partimmo per quella prima avventura che poi è diventata un progetto di ricerca a cui hanno partecipato nel corso del tempo gruppi di lavoro composti da veterinari, etologi, educatori e istruttori e anche persone non necessariamente del settore ma che hanno voluto approfondire l'etologia del cane in natura per comprendere meglio i cosiddetti pet, ovvero i cani di famiglia che vivono nelle case di tante persone al mondo».

Il lavoro di monitoraggio sul territorio dell'associazione italiana è diventato un progetto riconosciuto a livello internazionale, soprattutto nel 2018 quando Stray Dogs ritorna sul campo con le "working holidays" che diventano un momento di osservazione e poi di riflessione che si trasforma in un lavoro di ricerca e analisi dei dati. «Siamo tornati attrezzati e con maggiori competenze grazie alle quali abbiamo anche realizzato un'App che consente di creare un data base utile alle amministrazioni locali in qualsiasi parte del mondo e che dimostra l'importanza di comprendere il fenomeno del randagismo prima di mettere in atto metodi cruenti come avvelenamenti e addirittura uccisioni a suon di spari come purtroppo è accaduto proprio nel luogo dove è nato il progetto».

In Marocco, infatti, nonostante la presenza di volontari e associazioni sul posto (tra cui SARA -Sunshine Animal Refuge Agadir gestita da Michele Augsburger che da anni si occupa di effettuare sterilizzazioni, vaccinazioni e reimmissioni sul territorio e Morocco Animal Aid gestita da Lucy Austin) le stragi non si sono fermate e proprio di questi giorni è la notizia di una recrudescenza delle mattanze compiute nelle strade in concomitanza con eventuali eventi sportivi che si potrebbero svolgere nello Stato africano.

«Il lavoro dalle associazioni è enorme ma quello che sta accadendo in Marocco come in altri paesi in via di sviluppo è che le stragi non si fermano di fronte al crescente aumento del turismo che porta a una forsennata corsa all'edilizia – continua Caspani – Aumentano anche i canili, prima luoghi solo di passaggio e ora strutture in cui si ammassano gli animali. Torniamo sul campo dopo una lunga pausa dovuta principalmente alla pandemia e alla difficoltà di poter viaggiare ma lo facciamo proprio per portare di nuovo le persone sul posto e risollevare l'attenzione su quanto sia importante preservare il benessere animale e la salute umana».

Caspani si riferisce a un dato di fatto molto rilevante che fa comprendere come la gestione corretta del fenomeno dei cani liberi sia stata d'aiuto anche alle popolazioni locali: «Dopo la strage del 2018, in cui sono stati massacrati anche i cani seguiti dalle associazioni e reimmessi sul territorio, a breve distanza sono arrivati altri cani e il numero alla fine non è mai calato e senza l'attività di controllo della salute degli animali si sono avuti anche casi di rabbia. Questo accade quando non si comprende, sebbene i dati appunto ormai parlino chiaramente, che la presenza di un numero stanziale di individui e oltretutto benvoluto dalla cittadinanza consente di migliorare la qualità della vita di umani e non».

Ciò che è accaduto post massacro del 2018 infatti ha cancellato anni in cui non solo gli animali erano in buona salute e ben tollerati ma la cura nei loro confronti aveva mostrato la via per mantenere lo status quo e anzi migliorare le condizioni della stessa società civile. Attraverso il progetto di sterilizzazione e castrazione si era infatti arrivati a contenere il numero di animali, cosa che aveva anche dato una svolta alle condizioni igienico sanitarie della popolazione, portando gli abitanti a fare – grazie al progetto sui cani – anche la raccolta differenziata in un luogo in cui la spazzatura viene gettata per strada, non confinata in zone dedicate.

In questa zona del Marocco poi sono arrivate anche le ricercatrici del Wolf Science Center di Vienna che, scoperto il progetto di Stray Dogs, hanno chiesto all'associazione italiana di poter essere messe in contatto con le varie realtà locali. Nella zona a nord di Agadir hanno così poi effettuato alcuni studi scientifici, analizzando diverse sfaccettature delle differenze o delle somiglianze nel comportamento tra lupi, cani di famiglia e cani liberi. Sono tre i lavori in particolare che il Wolf Science Center ad oggi ha prodotto grazie alle rilevazioni sul campo fatte in Marocco: uno sulla relazione uomo cane ("Perché i cani guardano le persone per ottenere qualcosa quando gli è impossibile farlo"),  uno sugli effetti della domesticazione e dell'esperienza sull'interazione sociale di cani e lupi con un compagno umano  e l'ultimo sulle differenze comportamentali tra cani di famiglia, cani liberi e lupi.

A distanza dunque di di 4 anni dall'ultima esperienza ufficiale sul campo (Caspani è tornata diverse volte per monitorare la situazione) ecco che Stray Dogs ritorna alle origini, con un campo di lavoro che si svolge dall'11 al 21 febbraio, a cui parteciperanno dieci persone e nel quale ci sarà anche la direttrice di Kodami, Diana Letizia, che per prima ha realizzato proprio nel 2018 un web doc "Taghazout, storie di umani e cani" dedicato a ciò che era accaduto in quell'area del Marocco prima e dopo la strage.

Nel video a seguire un estratto del video reportage in cui c'è la testimonianza di una persona del posto che spiega l'approccio dei marocchini con i cani liberi:

Nel gruppo c'è anche Laura Arena, veterinaria esperta in Benessere animale e membro del comitato scientifico del nostro magazine. «È importante partecipare a iniziative come queste per comprendere fino in fondo la relazione che oggi abbiamo con i cani nelle nostre famiglie e le differenze tra un paese come il Marocco e l'Italia nell'approccio con il fenomeno del randagismo. Osservare i cani liberi in altri luoghi del mondo, come abbiamo spiegato su Kodami, ci aiuta a capire meglio il nostro compagno di vita, ci fa vedere degli aspetti che non consideriamo normalmente nella relazione di dipendenza che necessariamente un pet ha con la persona di riferimento. Vedere similitudini e differenze aiuta ad approcciare ai cani in maniera più consapevole e rispettosa. Altro aspetto molto importante è che anche in Marocco, stragi a parte, stanno aumentando i canili ma il benessere degli animali in questi luoghi è ben lontano dal poter essere definito tale. Un confronto, anche in questo caso, è importante per valutare tanto lo stato dell'arte in Italia quanto in luoghi in cui questo accumulare sta diventando sempre più evidente e per capire quanto sia importante puntare a luoghi che mettano al centro non solo elementi strutturali, come le dimensioni dei box per fare un esempio, ma appunto le esigenze psicofisiche di animali che non hanno più la possibilità di vivere liberi sul territorio».

Stray Dogs torna così in un luogo che è simbolo della relazione tra uomini e cani. Nel primo editoriale su Kodami è stato anche il ricordo di uno di quei viaggi a Taghazout a testimoniare attraverso le parole della nostra direttrice quanto sia importante aprirsi al mondo senza giudizio ma cercando sempre di trovare soluzioni che puntino alla convivenza e al rispetto tra persone e animali.

Il focus di questo viaggio che faremo anche noi, dunque, è portare i lettori del nostro magazine a scoprire un mondo in cui la relazione tra due specie che sono legate da millenni di co-evoluzione può ancora essere osservata senza la mediazione di un guinzaglio, fondamentale e obbligatorio nelle nostre città così urbanizzate, in una realtà che però sta mutando velocemente.

«Andiamo ad analizzare i cambiamenti territoriali, ambientali e la presenza dei cani oggi per fare un confronto rispetto agli altri anni in cui abbiamo raccolto i dati – conclude Caspani – Avremo così una fotografia dei vari aspetti della relazione tra esseri umani e cani: convivenza, gestione e adattamento di entrambe le specie da portare a casa e farne tesoro sperando di dare il nostro contributo per diffondere sempre più conoscenza e consapevolezza».

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