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20 Marzo 2022
8:50

Il calciatore Jamie Vardy: «Volevo comprare un pinguino». La Peta: «Non sono giocattoli»

Il mondo dello sport nuovamente sotto accusa. Questa volta le critiche piovono su Jamie Vardy, giocatore del Leicester, che ha ammesso di aver desiderato di acquistare un pinguino da tenere in giardino. Una dichiarazione che non è sfuggita alla PETA, l’associazione che si batte per il trattamento etico degli animali.

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Il mondo dello sport nuovamente sotto accusa. Questa volta le critiche piovono su Jamie Vardy, giocatore del Leicester, che ha ammesso di aver voluto acquistare un pinguino da tenere in giardino.

«So che può sembrare strana l’idea di tenere uno di questi uccelli marini così carini in casa, ma mi sarebbe piaciuto molto e quindi mi sono informato per capire come fare», ha detto l’attaccante durante la presentazione del libro per bambini “Cedric the Little Sloth with a Big Dream” (Cedric il Piccolo Bradipo con un Grande Sogno) scritto insieme alla moglie.

Una dichiarazione che non è sfuggita alla PETA, l’associazione che si batte per un trattamento etico degli animali, che ha trovato più di qualcosa da ridire al riguardo. «Siamo più che certi che Vardy sappia che i pinguini non sono giocattoli oppure ornamenti da giardino. E che sappia anche che la vendita di animali esotici è una delle maggiori fonti di guadagno da parte di criminali in tutto il mondo e chi ne paga il prezzo sono gli animali stessi».

Infatti, anche se “l’affare”, fortunatamente non è mai andato in porto, il calciatore, come da lui ammesso, ha però scoperto «come si fa a comprare giraffe e altri animali esotici in maniera legale». Una rivelazione, per la PETA, altrettanto grave, visto che appunto il commercio di fauna selvatica è uno dei più importanti business sul Pianeta, ai primi posti insieme al traffico di esseri umani, di droga e di armi.

Vardy, pur presentandosi come un grande amante degli animali, evidentemente questa volta ha dimenticato di porsi il problema, fondamentale, del benessere dell’animale una volta che il pinguino fosse mai arrivato nel suo giardino. Una mancanza che resta difficile da comprendere visto che qualche dubbio sulla cattività del povero uccello acquatico costretto a vivere in una piscina casalinga non può non venire a chi abbia davvero a cuore le esigenze degli animali.

La PETA ha già ripetutamente avvertito e sensibilizzato sull’assurdità di comprare animali esotici, cercando di dissuadere chi desideri farlo. Sul sito, ma anche in tante campagne e dichiarazioni, l’organizzazione ha sempre insistito sul fatto che la vendita di animali selvatici protetti nei negozi, nelle aste o su Internet sia una delle maggiori fonti di guadagno criminale e che gli animali per arrivare a destinazione subiscono torture di ogni genere.

I pappagalli, ai quali vengono legati becco e zampe, vengono infilati in tubi di plastica che possono essere facilmente nascosti nei bagagli. Le uova di uccelli e di rettili rubati vengono nascoste in giubbotti speciali in modo che i corrieri possano aggirare le macchine a raggi X negli aeroporti. I cuccioli di tartaruga vengono intrappolati all'interno dei loro gusci con del nastro adesivo e infilati nei calzini e i pitoni neonati vengono spediti in custodie per CD.

Quindi, strappati dai loro habitat, luoghi come l'Australia, l'Africa e il Brasile, vengono sottoposti a estenuanti trasporti in cui molti muoiono prima di raggiungere le loro destinazioni e, quelli che sopravvivono, soffrono infinitamente in cattività e muoiono prematuramente a causa della malnutrizione, di un ambiente innaturale e scomodo, della solitudine e dello stress opprimente della reclusione.

Sul traffico di fauna selvatica, che riguarda un giro d’affari dal valore stimato intorno ai 300 miliardi di dollari l’anno, però, in generale, si parla ancora poco. E anche se quantificare con precisione quanti siano gli animali oggetto di questo commercio, legale e illegale, è difficile, le proiezioni più accreditate riferiscono di circa 100 milioni di animali sottratti ai loro habitat naturali ogni anno.

Oltre a questo c’è anche il pericolo per l’uomo. Il business, infatti, è un veicolo per la diffusione di zoonosi, com’è successo per il Covid-19. Secondo l’Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, il 75 per cento delle nuove malattie emergenti è legato in qualche modo con le specie selvatiche e, la maggior parte dei circa 200 episodi di zoonosi conosciuti, sono stati causati dal loro commercio. Inoltre, come se non bastasse, questo business globale è anche la seconda più grande minaccia diretta alla biodiversità dopo la distruzione degli habitat.

Dallo scorso aprile in Italia commercio, possesso e importazione di animali selvatici ed esotici sono stati vietati. Una vera svolta per il nostro Paese, dove il mercato era fiorente, resa possibile dall’approvazione della legge di delega europea che prevede il bando di importazione e detenzione di animali esotici e selvatici, oltre a restrizioni al commercio degli animali domestici.

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Simona Sirianni
Giornalista
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