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11 Luglio 2021
9:04

Come rinasce un gatto abbandonato

Questa è la storia di Dentone, un gatto come tanti. Uno di quelli che, abbandonati in mezzo alla strada, mentre vagano alla ricerca di cibo, o forse per tornare nella casa da cui sono stati lasciati fuori, vengono investiti. Per lui, però, non era il momento di morire. Nonostante versasse in condizioni disperate, il destino gli ha dato una possibilità. E lui è rinato, con una nuova famiglia.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Con Dentone è stato un colpo di fulmine. Lo vedemmo in foto, una sera, sulla pagina Facebook di una clinica veterinaria sarda, e ce ne innamorammo. Non avevamo in programma di allargare la famiglia, con un cane e un gatto (e un bimbo di 3 anni) ci sembrava di aver trovato il nostro equilibrio rassicurante. Eppure… Saranno stati quegli occhi color smeraldo e un po’ asimmetrici o quel canino che, sbucando dalla rima labiale, si stagliava in pieno muso, oppure, ancora, il suo mantello rosso tigrato e spelacchiato.

Avevo sempre sognato di vivere con un gatto rosso, ma fino ad allora, ogni volta che si era liberato un posto in casa mia, ad aver bisogno di una casa erano stati felini di altri colori. Insomma, in una frazione di secondo qualcosa di magnetico ci attrasse irrimediabilmente a quel gatto, e non fu più possibile rinunciarvi. Uno sguardo d’intesa tra il mio compagno e a me bastò per chiamare in clinica e offrirci come nuova famiglia di Dentone. Da lì a poco ci saremmo sposati, ed era chiaro a entrambi che Dentone, se ci avessero scelti, sarebbe stato il nostro regalo di nozze.

L’arrivo in clinica per il primo soccorso

Dentone. I veterinari l’avevano chiamato così perché, per quanto avessero fatto oggettivamente miracoli nel tentativo di ricostruirgli la bocca, distrutta a seguito dell’impatto con un’automobile, quel dente ribelle proprio non aveva voluto saperne di rimanere dentro, al suo posto. E quella non era l’unica conseguenza dell’investimento, che aveva provocato fratture agli arti e un bel trauma cranico. Anche la regione della tempia era stata colpita, lasciando per sempre un occhio più chiuso dell’altro, con una lacrimazione più intensa e l’iride verde smeraldo che ogni tanto, quando il micio muove la testa, per un nanosecondo svanisce sotto la palpebra superiore. Era ancora vivo Dentone quando è arrivato in clinica: nel senso che respirava, ma i veterinari credettero di soccorrere un quasi-cadavere. Doveva essere in giro da un po’, per come era ridotto: l’ombra zoppa di quello che, un tempo, doveva essere stato un gatto. Pesava un chilo e mezzo quella creatura disidratata e stanca. Da giorni non mangiava e non beveva: evidentemente la bocca, sì tanto distrutta, non gliel’aveva permesso.

La forza della voglia di vivere

Contro ogni previsione, Dentone iniziò a riprendersi. In poco tempo, relativamente, le sue condizioni, in origine disperate, migliorarono, stabilizzandosi quel tanto che bastava per poter provare ad operarlo: la bocca, soprattutto, andava sistemata. Se i veterinari fossero riusciti a ricomporla, il poveretto avrebbe finalmente potuto riprendere a mangiare da solo, senza l’aiuto del sondino. E fu così che quella che sembrava un’impresa impossibile riuscì: al prezzo di una miriade di punti, svariati denti estratti e un cerchiaggio metallico, a Dentone fu restituita una bocca. Una bocca magari un po’ bizzarra, con quel dente ribelle che, poi, è diventato il suo "marchio di fabbrica", ma certamente funzionante. Da lì in avanti fu un viaggio in discesa, la sua ripresa avvenne in tempi sorprendentemente brevi, e quando le condizioni di salute lo resero possibile, la clinica lo mise in adozione.

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L’arrivo a casa

Circa due settimane dopo, Dentone arrivò a casa nostra. Esattamente il giorno dopo il nostro matrimonio. Dentone, il regalo quasi perfetto. Quasi sì, perché di un dettaglio dovemmo prendere atto immediatamente con grande sorpresa: non era rosso! Un’illusione ottica, un truffaldino gioco di luci ci aveva teso un tranello, facendoci vedere rosso quello che, in realtà, era un classico color marrone striato. O, forse, un gioco del destino, che aveva stabilito che quel gatto sarebbe stato nostro, a prescindere da tutto. Un dettaglio, ad ogni modo, che perse valore nel momento stesso in cui lo rilevammo.

Da come si comportava convenimmo tutti che, con ogni probabilità, si trattava di un gatto abbandonato. Desumerne l’età non era facile, soprattutto considerando che non si poteva far affidamento sui denti, ma quel gatto poteva avere su per giù quattro anni. Giovane, sì, ma non giovanissimo. E conosceva molto bene l’ambiente domestico, nulla, in casa, lo sorprendeva. Dai nostri animali residenti si fece accettare all’istante: poche ore dopo il suo arrivo, sgusciò furtivamente dalla porta che separava la stanza in cui lo avevamo alloggiato dal resto della casa, e prese a girovagare indisturbato, ignorandoli totalmente. Era giunto di prima mattina, e già la sera mangiava insieme a Rosie, la nostra fantastica levriera rescue, e a Pepe, il gatto più saggio del mondo.

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La fame atavica e la paura delle persone

Una sola cosa lo terrorizzava letteralmente: noi. Il nuovo membro della famiglia aveva una paura folle delle persone. Era voracissimo, segno che aveva patito moltissimo la fame. Mangiava alla velocità della luce e guardandosi alle spalle. Un’abbuffata di qualche secondo e si voltava a controllare, col terrore negli occhi. Se qualcuno di noi gli parlava, o si avvicinava, scappava a nascondersi sotto il letto. Sempre dalla mia parte, però, che poi era quella rivolta verso il muro.

Piano piano, nel giro di qualche settimana, non fu più necessario sparire sotto il letto, ma divenne sufficiente sentirsi protetto tra il letto e il muro. E quello fu il momento in cui potemmo iniziare a guardarci negli occhi. I suoi primi sguardi erano sfuggenti, questioni di attimi davvero fugaci. Poi, col tempo, si cominciò a comunicare. Avete mai incrociato gli occhi di un gatto? Il gatto, quando vi guarda, non si limita a posare i suoi occhi su di voi: vi fissa, intensamente, cercando con determinazione i vostri. E poi vi interroga. Si assicura che vi siate sintonizzati e, quando è certo di aver catturato la vostra attenzione, vi manda il suo messaggio passando all’azione. Si rotola per terra, o vi tocca il viso con la zampina, se vuole solo salutarvi; si struscia sulle gambe o sul viso, se vuole qualche secondo di attenzione o qualcosa di più solido, come la pappa. Oppure corre via, sperando in un pazzo inseguimento.

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Perché Dentone è stato abbandonato?

Ci sono voluti anni, almeno 2-3, perché Dentone tornasse a essere tutto questo: perché tornasse a essere un gatto sereno. Naturalmente non possiamo sapere con precisione perché sia stato abbandonato. I dati disponibili in letteratura ci dicono che, al pari dei cani, i gatti vengono spesso abbandonati, o dati via, per problemi, veri o presunti, dei compagni umani: un'allergia, un trasloco imminente, una malattia o addirittura il decesso, un divorzio o l’arrivo di un figlio, oppure, semplicemente, perché si stancano di loro. Altre volte, sono fattori legati ai gatti stessi: succede quando nascono gattini indesiderati, che poi, magari, troviamo chiusi in un sacco dentro un bidone della spazzatura, al margine della strada; quando si ammalano, e richiedono cure che implicano una spesa, o quando sviluppano comportamenti indesiderati, come eliminare fuori dalla lettiera.

Nella maggior parte dei casi, va detto, si tratta di circostanze a cui, con un po’ di pazienza e rivolgendosi a esperti competenti, si può porre rimedio. Dentone non può essere stato la causa del suo abbandono perché è un gatto magnifico, che ci sta regalando l’onore di invecchiare con noi. Ci è difficile immaginare quale motivo abbia spinto una persona a rinunciare a un simile privilegio ma la verità è che noi, a essere proprio sinceri, e forse un po’ egoisticamente, non finiremo mai di ringraziarla.

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Bibliografia

Jensen, J., Sandøe, P., & Nielsen, S. S. (2020). Owner-Related Reasons Matter more than Behavioural Problems-A Study of Why Owners Relinquished Dogs and Cats to a Danish Animal Shelter from 1996 to 2017. Animals : an open access journal from MDPI, 10(6), 1064. https://doi.org/10.3390/ani10061064

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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