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22 Febbraio 2022
12:39

A cosa servono le zecche? L’esperto: «Come tutti hanno un ruolo nella biodiversità»

Ogni animale ha la sua importanza nell'ecosistema. Vale anche per le zecche, sebbene rappresentino un rischio per noi umani e per i nostri animali domestici.

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Chi vive con un cane sa bene quanto sia importante evitare il morso delle zecche, gli aracnidi che si attaccano ai nostri animali rischiando di trasmettere a loro (ma anche a noi) numerose patologie. Molte persone si saranno infatti trovate nella condizione di dover staccare uno di questi animali dal corpo del proprio cane, chiedendosi: «Perché esistono? Che utilità potranno mai avere per il mondo?».

Ma guardando il Pianeta con i loro occhi ci si può rendere conto invece che il loro ruolo è parte della complessità dell'ecosistema e le strategie che mettono in atto sono straordinariamente funzionali dal punto di vista evoluzionistico.

«Ogni elemento della biodiversità ha un ruolo che lo incatena a qualcun altro»

Esattamente come ogni forma di vita, anche le zecche hanno un proprio influsso sull'ecosistema e a spiegarlo a Kodami è Fabrizio Montarsi, biologo e dirigente del Laboratorio di parassitologia, micologia ed entomologia sanitaria dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). «Fanno parte della biodiversità e come tutti hanno un ruolo che è incatenato a qualcun altro – sottolinea l'esperto – Ovviamente per comprendere quello della zecca bisogna prima di tutto cambiare punto di vista e pensare ad un mondo che non vede noi esseri umani come centro del tutto».

Secondo Montarsi la presenza di questi parassiti nei boschi e nei prati del nostro paese favorisce la selezione degli animali selvatici: «I patogeni trasmessi dalle zecche causano la sofferenza degli animali sani, ma sono sicuramente più gravi per gli animali deboli, malati o già debilitati. La loro eliminazione da un punto di vista biologico è un bene perché aumenta il benessere dell'intera specie, che diventa quindi più sana».

Vi è infine un altro fattore che rende la presenza delle zecche un valore aggiunto all'interno di un determinato ambiente: «Mantenendo il focus sul benessere del nostro mondo va inoltre ricordato che ogni ecosistema è più in salute se vi è una maggiore biodiversità, ovvero più  varietà degli esseri viventi e interazioni tra essi».

«Conoscere l'animale per ridurre i rischi»

Se da una parte è quindi facile riconoscere a questi piccoli parassiti un ruolo importante per gli ecosistemi, dobbiamo però essere anche consapevoli dei rischi dati dalla loro presenza, informandoci sulla diffusione della specie negli ambienti che frequentiamo e comportandoci in maniera adeguata per fare in modo che le interazioni con noi e con i nostri animali si riducano al minimo.

«Per limitare i rischi bisogna prima di tutto conoscere le zecche, il loro comportamento e la loro biologia – spiega Montarsi – In Italia ne esistono circa 40 specie, ma quelle di maggiore interesse per noi umani e per gli animali che vivono con noi sono solo due: la zecca dei boschi (Ixodes ricinus) e la zecca del cane (Rhipicephalus sanguineus)».

Le due specie di zecca si differenziano per il tipo di ospite che prediligono. La zecca del cane infatti favorisce nettamente questa specie ed è quindi diffusa ovunque vi sia la presenza di canidi. La zecca dei boschi invece è più generalista ed è possibile trovarla laddove vi sia la presenza di erbivori di grandi dimensioni come caprioli, cervi, lupi, cinghiali ma anche roditori o uccelli.

A favorirne la diffusione, oltre alla presenza dei propri ospiti (ovvero le specie che tende a mordere), vi sono anche alcune questioni climatiche: «Un'elevata umidità e temperature non eccessive tendono a portarle a uscire dai buchi nel terreno in cui si nascondono quando fa troppo freddo – spiega il biologo – Sebbene alcune specie non abbiano nemmeno gli occhi, le zecche sono in grado di percepire l'arrivo di un ospite grazie alle vibrazioni del terreno e all'anidride carbonica rilasciata dalla respirazione e dalla sudorazione di un individuo».

L'agguato e il morso: un'ecologia vincente

Nel momento in cui una zecca sente che sta per arrivare l'ospite adatto, si prepara sulla cima della pianta al passaggio verso il corpo dell'altro essere vivente.

Così facendo il parassita riesce a trasferirsi rapidamente sull'individuo prescelto, ma prima di entrare in azione si muoverà per qualche ora sul suo corpo cercando un luogo poco esposto e umido come potrebbe essere l'ascella, una piega della pelle, oppure l'inguine.

«Da un punto di vista evoluzionistico, la zecca è un animale eccezionale. Per merito di queste strategie riesce a diffondersi ovunque e grazie agli uccelli si sposta addirittura da un continente all'altro. Dopo essersi staccata da un animale, cade poi a terra e trova altri ospiti – spiega Montarsi – Inoltre trasporta patogeni senza esserne particolarmente influenzata. Se non pensiamo solo ai pericoli dati dalla trasmissione delle malattie, possiamo quindi dire che la sua ecologia sia davvero vincente».

Oltre le leggende metropolitane: come comportarsi e come non comportarsi

Mentre mordono, le zecche rilasciano un anestetico che rende indolore la puntura e rilasciano una sostanza cementizia che le salda alla pelle: «Il pericolo di trasmissione di patologie aumenta se, nel tentativo di rimuoverle, si interviene con sostanze come l'alcol o l'olio. «Nessuno di questi metodi aiuta realmente a staccarle – spiega il biologo – Purtroppo le leggende metropolitane su questa specie sono molte e bisogna assolutamente evitare di fare errori di questo genere, perché se il parassita viene disturbato da questi fattori può essere indotto a rigurgitare la saliva e trasmettere quindi il patogeno».

Secondo l'esperto, per rimuoverle in maniera corretta dal proprio corpo o da quello di un animale domestico è necessario prendersi del tempo per farlo con attenzione: «Con l'ausilio di una pinzetta bisogna afferrare la base attaccata alla pelle e dare inizio ad una sorta di delicato tira e molla evitando di schiacciare il corpo e imprimendo dei movimenti di rotazione».

Un'altra leggenda metropolitana narra che sia molto rischioso lasciare una parte di parassita attaccato al corpo dell'ospite: «Certamente sarebbe preferibile riuscire a rimuovere completamente l'animale, ma la rimozione parziale può portare solo ad un'infezione batterica secondaria, come quella che rimane a causa delle spine del legno, per intenderci. I rischi sono quindi decisamente inferiori rispetto ad una mancata rimozione».

Antiparassitari, vaccini e controlli regolari dopo le escursioni

Le malattie trasmesse dalle zecche agli animali domestici sono principalmente la tularemia, l’ehrlichiosi, la babesiosi, la febbre bottonosa, l’ anaplasmosi, l’hepatozoonosi e la malattia di Lyme. «Ogni specie di zecca trasmette patogeni diversi – spiega l'esperto – alcuni di essi sono pericolose solo per i cani, altre anche per noi e altre ancora per entrambi, come la TBE».

La Meningoencefalite, anche detta TBE è una malattia del sistema nervoso centrale causata da un arborvirus appartenente al genere Flavivirus, molto simile a quelli responsabili della febbre gialla e della dengue.

«In Italia è possibile vaccinarsi contro la Meningoencefalite ed è consigliabile soprattutto per chi fa attività a rischio frequentando molto i boschi o gli animali – spiega Montarsi – Purtroppo non è facile riconoscere questa malattia perché può dare sintomatologie riconducibili ad altre patologie e spesso inizialmente mostra sintomi poco rilevanti. L'unico segnale che può aiutare a riconoscerla è la presenza di un eritema migrante, ovvero una piccola macchia rossa che si allarga sul corpo».

Per ridurre i rischi di morsi di zecca sono disponibili sul mercato numerosi antiparassitari che hanno diverse funzionalità. «I nostri cani sono particolarmente esposti per via del pelo e del loro passaggio sui sentieri all'altezza del sottobosco – conclude l'esperto – A noi umani invece non rimane che utilizzare repellenti cutanei che riportino sull'etichetta anche la validità contro le zecche, portare abiti lunghi, evitare di camminare fuori dai sentieri o nell'erba alta e controllare minuziosamente il nostro corpo dopo le escursioni».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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