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1 Luglio 2023
16:00

“Grandi predatori nel prisma della sostenibilità”, ripensare la convivenza con orsi e lupi

Una giornata di dialogo sul tema della convivenza con le specie di grandi carnivori nel nostro paese, a cui hanno partecipato esperti provenienti da ambiti diversi, con l'obiettivo di individuare una visione d'insieme.

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Venerdì 30 giugno all'Università Ca’ Foscari di Venezia si è parlato di convivenza con lupi e orsi, durante il convegno dal titolo "Grandi predatori nel prisma della sostenibilità, tra regole della natura e regole del diritto". Un evento organizzato dai Dipartimenti di Filosofia/Beni Culturali e di Economia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Sassari. Numerosi gli esperti intervenuti, tra i quali Piero Genovesi (Responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica di ISPRA), Marco Apollonio (Direttore del Dipartimento di zoologia e antropologia biologica dell'Università di Sassari), Andrea Mustoni (Responsabile tecnico scientifico del progetto Life Ursus) e Fulvio Rocco (Presidente del Tar di Trento).

«La gestione dei grandi carnivori è un ambito di grande responsabilità, perché non riguarda solo gli animali, ma anche numerosi aspetti legati alla società e alla cultura umana», spiega in apertura dell'evento Marco Apollonio, da anni coordinatore del progetto di monitoraggio proattivo del lupo in Veneto: «Inoltre, i grandi mammiferi sono caratterizzati da un'enorme diversità di comportamento tra i soggetti e ciò significa che in alcune circostanze abbiamo a che fare con individui più confidenti o aggressivi rispetto alla norma. Questi casi, fortunatamente, rappresentano una minoranza molto ristretta, ma sono sufficienti per dire che se si desidera gestire una popolazione, bisogna conoscerla e conoscerne i comportamenti nel dettaglio. Solo così si può intervenire in maniera mirata e mai grossolana».

A questo riguardo, il Professore fa poi riferimento all'attuale situazione gestionale degli orsi in Trentino e, più nello specifico, alla proposta del Presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, di spostare 70 orsi altrove: «In qualità di zoologo, rabbrividisco quando sento questa ipotesi, perché è completamente inattuabile – commenta – D'altra parte, però, come sappiamo, in assenza di un intervento da parte dello Stato, si va incontro a un aumento del bracconaggio».

Anche Andrea Mustoni, responsabile della comunicazione scientifica del Parco Naturale Adamello Brenta (cuore della reintroduzione dell'orso in Trentino), aveva sottolineato in un'intervista esclusiva a Kodami, che il mancato intervento attivo da parte delle amministrazioni può portare all'aumento del bracconaggio. «Ho sempre sostenuto che la comunicazione sia un punto focale della convivenza e che la ricerca scientifica abbia il compito di raccontare gli orsi alle persone che vivono sul posto – spiega – Ora più che mai serve una ricerca fruibile, trasparente e laica, che sappia parlare a chi abita il territorio».

Mustoni ripercorre poi la storia della convivenza con la specie sulle Alpi, dal Settecento al 2004, quando si è concluso il progetto LifeUrsus e la gestione è passata in capo alla Provincia: «Il primo rilascio dell'Orso Mašun è avvenuto nel 1999, ma c'è un'altra data importante in questo lungo percorso svolto con perizia ed attenzione da parte di molti esperti, ed è il 2017, quando la Provincia Autonoma di Trento ha chiuso i contatti con il Parco Adamello Brenta, nato appositamente per offrire tutela alla specie. Da quel momento si è creata una situazione a dir poco particolare. Nonostante i nostri tentativi, non veniamo informati di nulla. Fare informazione in questo modo è davvero molto complesso».

La speranza dell'esperto è però che, in seguito alla tragica morte di Andrea Papi, avvenuta la scorsa primavera in Trentino, le cose cambino: «Il 5 aprile 2023 ha avuto inizio un periodo ancora una volta differente, caratterizzato dalla ricerca di nuove soluzioni per il futuro – continua – L'auspicio è la discussione torni ora nei termini tecnici e che ognuno sia ancora più intenzionato di prima a fare del proprio meglio. Purtroppo però, siamo ancora nell'immobilismo e, quando parlo con la gente delle valli incontro paura, confusione e tristezza. A mio parere, la maggior parte dei trentini si trova proprio tra un estremismo e l'altro. Osserva la situazione in silenzio, sperando che le cose, prima o poi, vadano meglio».

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@Piero Genovesi

«L'emotività spinge a una dialettica forte»

Ha preso poi la parola Fulvio Rocco, Presidente del Tar di Trento, che si sta occupando delle vicende legate al destino di JJ4 e Mj5, gli orsi condannati a morte da Fugatti e, in questa occasione ha parlato anche della discussa legge provinciale numero 9 del 21 luglio 2018, che offre alla PAT maggiore autonomia gestionale in tema faunistico. Sullo stesso argomento torna anche Fulvio Cortese, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento mentre, quasi contemporaneamente, dal Trentino arriva la notizia di una proposta di modifica della legge, che in futuro potrebbe permettere di abbattere orsi e lupi anche senza richiedere il parere di Ispra.

«Viviamo in un contesto caratterizzato da grande emotività, che spinge a una dialettica forte e che ha inevitabili conseguenze sull'attività delle amministrazioni – commenta il Professor Cortese – È probabile che questa nuova proposta finisca di fronte alla Corte Costituzionale, in quanto il motivo che aveva salvato la legge in precedenza era il ruolo che veniva dato allo Stato, ovvero ad Ispra».

La parola è passata poi proprio a Piero Genovesi, che ha parlato nel dettaglio del ruolo e dei compiti di Ispra per ciò che riguarda la gestione faunistica: «Ci tengo a sottolineare che, rispetto ad altri paesi abbiamo un sistema di tutela particolarmente stringente, eppure il nostro ruolo scatena spesso aspre polemiche, non solo per quanto riguarda l'orso e il lupo, ma anche e soprattutto sui temi legati alla caccia – spiega Genovesi – Per quanto riguarda gli orsi trentini, sono convinto che, se non ci sarà un intervento sulla popolazione, arriveremo a una situazione simile a quella della Scandinavia, dove nessuno parla più di monitoraggio e di fronte ai problemi si interviene con l'abbattimento, senza porsi alcuna domanda».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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