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29 Agosto 2022
8:48

Perché ai cani piace riportare la pallina?

A molti cani piace il gioco del riporto, che solitamente si svolge con il lancio di una pallina o un legnetto. Ma perché si divertono tanto a riportarci la pallina?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Se passeggiate in un parco, su una spiaggia, lungo ad un fiume, in un qualsiasi luogo aperto e naturale, è facile incontrare qualcuno che gioca con il proprio cane e tra i giochi più gettonati c’è, senza alcun dubbio, quello del “riporto” che solitamente si svolge con il lancio di un legnetto o di una pallina. E pare proprio che moltissimi cani – ma non tutti – si divertano tantissimo nel fare questo gioco. Da cosa deriva tutto questo divertimento, tale che per alcuni di loro il gioco potrebbe protrarsi all’infinito? Vediamo insieme cosa accade ai nostri beniamini.

Il gioco del riporto

Lanciamo un oggetto lontano da noi e subito il nostro cane lo inseguirà, lo afferrerà e ce lo riporterà tutto felice! È un gioco vecchio come il mondo che pare essere impresso nel DNA della nostra specie e, a dirla tutta, anche nel DNA del nostro compagno a quattro zampe. E non è un eufemismo. Nella nostra specie, infatti, possiamo dire che lanciare oggetti è qualcosa di naturale: lo facciamo fin da piccoli, appena abbiamo per le mani qualcosa. Come un sasso, per esempio: non vediamo l’ora di scagliarlo in acqua e restare affascinati dagli effetti, dalla traiettoria, dagli schizzi d’acqua. Ci piace lanciare le cose, e questo da un punto di vista etologico ha a che fare con la nostra natura. Si tratta di un buon sistema di difesa per una specie che non è dotata di zanne e unghioni ferini quando si sente minacciata da qualcuno.

Ed è forse così che è accaduto la prima volta, migliaia e migliaia di anni fa, quando un uomo ha scagliato qualcosa e il cane che gli gironzolava appresso è partito di corsa riportandoglielo. La cosa deve aver prima stupito e poi divertito il nostro antenato che da buon raccoglitore ha ripreso l’oggetto e subito riprovato l’esperimento per verificare se fosse stato solo un caso. Ma ecco che il cane è ripartito con foga e scodinzolante ha ripetuto il comportamento. Dato che l'evento ha divertito entrambi, possiamo immaginare che da quel giorno è nato uno dei giochi più conosciuti tra due specie così differenti ma così vicine.

Le motivazioni insite nel gioco del riporto

Se si parla di gioco si parla di piacere, di fiducia tra gli individui, di sviluppo delle proprie capacità, di condivisione e altro ancora. Proviamo a “smontare” questo gioco e andiamo a vedere da cosa il cane trae appagamento. Come detto le regole sono molto semplici: si lancia una pallina lontano, il cane la insegue, la afferra e la riporta per ricominciare tutto daccapo.

In ballo ci sono molteplici motivazioni del cane che si attivano e sulle quali questo gioco poggia: la motivazione collaborativa, cioè il piacere di fare qualcosa insieme; la motivazione predatoria, ovvero l’appagamento provato da un cane nell’inseguire qualcosa che si muove rapidamente; la motivazione sillegica, che è l’appagamento alla raccolta e al trasporto di qualcosa ad un affiliato o partner.

In tutte le fasi del gioco il cane prova appagamento, emozioni positive, e quindi è desideroso a far sì che il tutto si ripeta. Alle volte è lui stesso che tenta di innescare questa attività portandoci qualcosa per farci capire che vorrebbe fare quel particolare gioco, anche se fuori contesto. Ma per un cane che apprezza molto questa attività, ogni contesto va bene per una bella corsa dietro ad una pallina.

Perché a noi piace lanciare la pallina al cane?

Se il cane è animato da tutta una serie di motivazioni che si intrecciano rapidamente, fornendogli appagamento nel gioco del riporto, quali possono essere invece gli elementi che danno gratificazione a noi umani? Per ognuno è probabilmente diverso, ma senza entrare troppo nel personale o soggettivo, possiamo dire che vi sono aspetti di questa attività – comuni a moltissime altre – che suscitano in noi appagamento.

Per esempio il fatto di sentirci parte di qualcosa di bello e divertente: anche per noi infatti la motivazione collaborativa è alquanto rilevante. Ci piace quando siamo assecondati, quando c’è intesa con l’altro, specialmente se si tratta di un individuo appartenente ad un’altra specie. Questa intesa ha un ché di magico e ancestrale. Ci piace anche molto vedere la forza, la velocità del nostro compagno: un cane che corre tutto entusiasta crea fascinazione e interesse. Senza dimenticare che ci divertono anche possibili comportamenti buffi, ruzzoloni, inciampi e capriole che il nostro cane mette in atto involontariamente nella foga di raggiungere la pallina.

Quando poi il nostro compagno ritorna da noi con il trofeo stretto tra i denti e ce lo riconsegna, beh, qui forse raggiungiamo il picco del piacere. Ricevere qualcosa per un raccoglitore, quale noi siamo come specie, è fonte di grande piacere. Quindi nel giocare con il nostro cane otteniamo tutta una serie di emozioni positive, rafforziamo il legame con lui, miglioriamo le nostre prestazioni (per esempio nel lanciare qualcosa proprio dove vogliamo o il più lontano possibile), implementiamo la fascinazione nei suoi confronti, alle volte provando anche un poco di invidia per le sue doti atletiche e la sua resistenza. Insomma, corriamo insieme a lui e questo elemento di immedesimazione nell’altro è qualcosa di innato nell’uomo, è il nutrimento dell’empatia e della creatività.

Ma… eh sì! Ci sono anche dei “ma” da tener presente.

Le derive del gioco del riporto

Prendiamo ora in considerazione alcuni rischi insiti in questo particolare gioco. Partiamo col dire che alle volte i cani possono anche farsi del male proprio a causa dell’eccessiva foga, dell’estrema focalizzazione che hanno sul target (nel nostro caso la pallina) perdendo di vista ciò che gli sta attorno. Possono andar incontro a slogature, strappi muscolari o urti violenti con oggetti. Siccome si tratta di fatto di un’attività fisica impegnativa (i cani mettono sempre il massimo impegno in ciò che amano fare senza risparmiarsi troppo) sarebbe bene tener presente che “a freddo” un cane potrebbe essere soggetto a questo tipo di infortuni, proprio perché l’inseguimento richiede un intenso sprint e spesso repentini cambi di traiettoria ad alta velocità, così come impennate o frenate improvvise.

Va da sé che la salute fisica del nostro cane deve sempre essere monitorata, ma questo ci dice che il modo in cui facciamo fare questo gioco al nostro cane deve tener presente di tutta una serie di fattori, come la sua taglia e peso complessivo, l’intensità emotiva che è solito mettere in questo tipo di attività e, non ultima, la sua età. Va anche tenuta presente la struttura morfologica del cranio del nostro cane, il suo apparato respiratorio. Come detto molti cani mettono anima e corpo in certe attività e spesso non sono affatto in grado di auto-controllarsi, rischiano cioè di continuare fino allo sfinimento o al collasso, soprattutto quando noi non teniamo presente cose come la temperatura e l’umidità dell’aria. Rischiamo di far venire un colpo di calore ai nostri amati cani se proponiamo giochi del genere nella calura estiva soprattutto (ma non solo) a cani con gravi deformità craniche, come per esempio i brachicefali, che hanno enormi difficoltà respiratorie e nella termoregolazione.

Ci sono poi altri elementi che hanno a che fare, questa volta, con la sua psicologia. Abbiamo visto che si attivano tutta una serie di motivazioni nel fare questo gioco, e non è detto che tutte quelle elencate abbiano lo stesso peso o valore per il nostro cane. Solitamente in questa attività, benché la si sia nominata “gioco del riporto”, il peso maggiore può essere quello legato alla fase di inseguimento, ossia alla motivazione predatoria. Il rischio che si corre se, per esempio, questo tipo di gioco viene proposto di continuo senza essere alternato ad altri tipi di attività, o addirittura se si tratta dell’unica attività realmente proposta al nostro compagno a quattro zampe, è che la motivazione predatoria assuma caratteri ipertrofici, ovvero diventi tanto forte da indurre il cane a ricercarne l’appagamento in modo maniacale, senza sosta, in ogni tipo di contesto, anche il più inappropriato. Questa condizione induce il cane a permanere in uno stato di attivazione emozionale sempre molto alto, tendente all’iperattività. E ciò avrà un impatto serio sulla intera vita del cane, non solo quando sarà con noi al parco, ma anche in quel caso potrebbe imprigionarlo in comportamenti compulsivi in cui non trova pace.

Alle volte invece un cane dà molto più peso alla motivazione sillegica, ossia prova appagamento più nel darci qualcosa che nel rincorrere qualcosa. In certi casi quindi il rischio è che non si diverta troppo quando ogni volta che ci riporta un oggetto che abbiamo lanciato noi lo rigettiamo un’altra volta ancora. Alcuni cani infatti smettono presto di partecipare a questo gioco, fraintendendo il nostro intento e non trovando alcun appagamento nell’inseguire una cosa come una pallina, nella quale non trovano poi tutta questa attrazione.

Altri cani ancora hanno una motivazione collaborativa molto bassa, soprattutto nei confronti degli esseri umani, e questo non perché abbiano una “cattiva” relazione con noi, ma perché appartenenti ad alcune tipologie di cani che noi stessi abbiamo selezionato per essere più o meno indipendenti da noi, come per esempio i cani da pastore da guardiania. Con loro potrebbe essere difficile fare questo tipo di attività, anche perché solitamente non hanno una forte pulsione predatoria così generalizzata da trovare attraente una pallina che noi abbiamo gettato via.

Insistere nel proporre un gioco che non è interessante non ha molto senso, tanto meno costringere il cane, il gioco perderebbe ogni sua caratteristica di piacere, cooperazione e arricchimento del legame affettivo.

Quindi, come al solito, invitiamo le persone al buon senso, sostenuto da un minimo di conoscenza e approfondimento, per capire «quando», «come», «dove» e, soprattutto, «se» proporre questo tipo di gioco al nostro compagno canino. Ricordiamo che alle volte la saggezza dei nostri nonni potrebbe essere un buon consiglio da tener presente, soprattutto in certe circostanze, e magari anche a voi, in gioventù, sarà capitato di sentir dire: «Il gioco è bello quando dura poco».

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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