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2 Giugno 2021
12:00

Nati cuccioli di diavolo della Tasmania in salute: un tumore facciale minaccia la specie

In Australia sono nati i primi diavoli della Tasmania grazie a un progetto di ripopolamento che punta a salvare la specie dall'estinzione. Questi marsupiali, infatti, sono minacciati dalla diffusione di un tumore facciale contagioso che si trasmette da individuo a individuo e he sta decimando la popolazione della Tasmania.

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Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Articolo a cura del Prof. Giuseppe Borzacchiello
Medico Veterinario e Professore universitario, esperto di patologia animale
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La buona notizia questa volta viene dalla lontana Australia: sono nati cuccioli di diavolo della Tasmania (Sarcophilus harrisii) in un territorio che oltre 3000 anni fa aveva visto l’estinzione di questa specie animale. Si tratta di cuccioli nati da individui non affetti da cancro reintrodotti in una riserva.

È importante sottolineare che i cuccioli sono nati da soggetti cancer-free perché la particolarità biologica, quasi unica nel mondo animale (solo nel cane c’è un fenomeno simile), di questa specie consiste nell’ammalarsi di un tumore che si trasmette.

Un’eccezione al paradigma della malattia tumorale che è una patologia non infettiva e dunque per definizione non trasmissibile. Un particolare di non poco conto, giacché stiamo parlando di un tumore maligno della faccia che trasmettendosi ha determinato quasi lo sterminio totale della specie in Tasmania.

Il tumore della faccia trasmissibile del diavolo della Tasmania

Il tumore in genere si sviluppa intorno agli occhi e nella regione della bocca, comportando in quest’ultimo caso la morte del marsupiale per inedia, in quanto l’espansione della massa tumorale impedisce la masticazione.

Il diavolo della Tasmania è un animale solitario, ma molto aggressivo nei confronti dei conspecifici, per cui gli individui malati trasmettono il cancro agli altri, e dunque la morte, attraverso morsi e/o graffi. E non è finita qui. La pressione “selettiva” di questo tumore maligno ha modificato il ciclo riproduttivo della specie. Normalmente, il diavolo della Tasmania si riproduce più volte durante la stagione riproduttiva (specie iteropara) ma la massiva mortalità indotta dal tumore ha determinato una modificazione del ciclo riproduttivo, che è diventato molto più precoce ed unico. Un’ulteriore particolarità biologica di questa specie che anche in questo caso è unico esempio del mondo animale.

Il tumore trasmissibile e la conseguente diminuzione di diavoli della Tasmania ha anche delle conseguenze sull’equilibrio dell’habitat. Infatti, con lo sterminio quasi totale di questi animali, si è verificato uno squilibrio della nicchia ecologica per cui le prede naturali (volpi e altri piccoli carnivori) hanno avuto un notevole aumento demografico con tutte le conseguenze del caso.

Il diavolo della Tasmania forse non si estinguerà per il tumore facciale

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La scoperta del tumore della faccia trasmissibile del diavolo della Tasmania risale al 1996, quando un naturalista fotografò il primo individuo affetto da questa patologia. Successivamente, queste osservazioni si estesero anche ad altri soggetti della stessa specie fino a quando, dopo circa dieci anni, si scoprì che si trattava di neoplasie della faccia trasmissibili. La trasmissibilità per contatto di un cancro è un unicum biologico, che ha destato da sempre l’interesse dei ricercatori. Gli studi, condotti da vari gruppi di ricerca, hanno evidenziato che si tratta di tumori che originano da cellule nervose (cellule di Schwann) e finora ne sono state individuate due popolazioni distinte geneticamente tra di loro (DFT1 e DFT2) ma con le stesse caratteristiche di trasmissibilità.

L’aspetto che maggiormente interessa e incuriosisce gli scienziati è capire come mai il sistema immunitario degli individui a cui viene trasmesso il cancro non si attivi per distruggere le cellule malate. Un vero mistero, che ci auguriamo verrà svelato presto e che nasconde la chiave di una futura possibile immunoterapia (vaccini) che possa salvare questi animali.

In conclusione, la notizia che viene dall’Australia è sicuramente positiva e fa ben sperare per il ripopolamento di questa terra da parte di una specie che era scomparsa per l’azione predatoria dei dingo, con l’augurio che questa volta non sia il cancro a portarselo via.

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Giuseppe Borzacchiello
Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Sono professore universitario di ruolo presso il Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università degli studi di Napoli Federico II e titolare della cattedra di Fisiopatologia degli animali domestici. Ho insegnato in diverse Università italiane, corsi di perfezionamento e master universitari. Appassionato di animali e di cani in particolare, mi occupo da oltre vent’anni di ricerca scientifica nel campo della patologia spontanea degli animali domestici e di tematiche inerenti l’oncologia comparata.
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