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17 Luglio 2023
10:10

Una speranza per il diavolo della Tasmania

Un nuovo vaccino ispirato a quello utilizzato per la COVID-19 potrebbe salvare i diavoli della Tasmania dal pericoloso tumore facciale contagioso che minaccia la specie.

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Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
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La notizia è di qualche giorno fa: un nuovo vaccino ispirato alla tecnologia usata per la COVID-19 potrà essere utilizzato per la cura del tumore facciale del diavolo della Tasmania. Questo piccolo marsupiale (Sarcophilus harrisii) è molto diffuso in Tasmania ed un tempo colonizzava anche l’Australia da cui però è scomparso circa 3.000 anni fa. Solo recentemente alcuni individui giovani sono stati re-introdotti nell’isola dei canguri e recentemente si sono riprodotti dando vita ad una nuova colonia, alimentando la speranza che il piccolo mammifero possa di nuovo diffondersi anche in quel territorio.

La particolarità biologica del diavolo della Tasmania è che si ammala di un tumore, localizzato alla regione della faccia, che si trasmette con il morso da un individuo ad un altro. Siamo di fronte a qualcosa di unico in oncologia ovvero un caso di tumore trasmissibile. Si tratta in realtà di una linea cellulare tumorale, di cui si conoscono due varianti: DFT1 e DFT2, che si impianta sulla faccia fino a deformarla e far morire il soggetto. La malattia è altamente diffusiva tant’è che si è temuto per l’estinzione del piccolo marsupiale.

Uno degli aspetti più intriganti di questo tumore è che non viene attaccato dal sistema immunitario dell’ospite, perché non ci sono molecole che permettono di individuare il “nemico invasore”. Dunque, lo sforzo dei ricercatori è stato quello di indurre il sistema immunitario ad identificare le cellule tumorali come estranee per attaccarle e distruggerle. Oggi siamo ad una svolta grazie al successo dei vaccini usati per prevenire la COVID-19.

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La tecnologia usata è la stessa: utilizzare un virus (adenovirus) reso innocuo per veicolare nelle cellule le informazioni genetiche utili alla produzione di una proteina che stimola e allena il sistema immunitario dell’ospite. In questo modo, se un animale viene morsicato e si ammala del tumore le sue cellule immunitarie sono già pronte ed allenate per attaccare e distruggere la neoplasia. Questa la teoria che ha ispirato il vaccino.

Adesso bisognerà capire se in pratica tutto ciò funziona. Per ora è stata autorizzata una prima fase su animali sani per verificare se il vaccino non ha effetti collaterali e se induce la reazione immunitaria voluta. Se si otterranno i risultati sperati allora si procederà alla somministrazione su larga scala ma non con iniezione bensì per via orale come il vaccino per la prevenzione della rabbia nei selvatici. Si immagina che grazie ad uno strumento di intelligenza artificiale un dispenser potrà selezionare i diavoli della Tasmania escludendo le altre specie.

La speranza ancora una volta è che la tecnologia e l’investimento nella ricerca scientifica potrà dare un contributo determinante per il benessere animale e la conservazione delle specie.

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Giuseppe Borzacchiello
Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Sono professore universitario di ruolo presso il Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università degli studi di Napoli Federico II e titolare della cattedra di Fisiopatologia degli animali domestici. Ho insegnato in diverse Università italiane, corsi di perfezionamento e master universitari. Appassionato di animali e di cani in particolare, mi occupo da oltre vent’anni di ricerca scientifica nel campo della patologia spontanea degli animali domestici e di tematiche inerenti l’oncologia comparata.
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