episodio 10

Chi è davvero il diavolo della Tasmania e cos’è quel raro tumore che lo perseguita

Il diavolo della Tasmania è un mammifero marsupiale della famiglia dei Dasiuridi che vive sull'isola da cui prende nome. Per secoli è stato considerato un animale diabolico e dannoso, ma c'è un nemico che ne minaccia la sopravvivenza: il tumore facciale.

22 Marzo 2024
20:00
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Il diavolo della Tasmania, come già suggerisce il suo nome, non gode di un’ottima reputazione. Ma quali sono le motivazioni alla base? Le origini del suo nome sono da ricercare probabilmente tra i primi coloni giunti sull’isola australiana della Tasmania che, durante la notte, venivano spaventati da urla fortissime e agghiaccianti. Ben presto scoprirono che le urla provenivano da un piccolo animaletto nero, apparentemente irascibile e che si nutriva di animali morti: tutte caratteristiche che immediatamente li portarono a pensare a un’entità malefica, quindi lo chiamarono “diavolo” e quel nome praticamente non se l’è mai più tolto di dosso.

Ma siamo sicuri che sia davvero così "diabolico"?

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Chi è il diavolo della Tasmania

Il diavolo della Tasmania appartiene alla famiglia dei Dasiuridi ed è un mammifero marsupiale: praticamente è un cugino alla lontana del canguro. Poiché per secoli è stato considerato un animale diabolico e dannoso, ci sono voluti tanti anni per far sì che si arrivasse a una classificazione scientifica. Il primo a farlo fu il naturalista inglese George Harris, che nel 1807 lo descrisse paragonandolo a un piccolo orso per via della loro somiglianza, da cui anche il nome di diavolo orsino. Poi nel tempo gli sono stati diversi altri nomi, finché nel 1841 Pierre Boitard non lo definì Sarcophilus harrisii, che letteralmente significa "amante della carne” e poi harrisii, “di Harris” in onore del naturalista citato prima.

Dove vive il diavolo della Tasmania

Dopo aver compreso perché viene definito “diavolo”, ora passiamo alla seconda parte del suo nome. Il diavolo, infatti, si trova solo ed esclusivamente sull’isola della Tasmania, la quale oggi rappresenta il suo ultimo rifugio, l’unico habitat naturale in cui oggi è possibile osservare il diavolo orsino. Prima la Tasmania era collegata all’Australia continentale, ma poi con l’innalzamento dei mari è diventata un’isola separata: fino a circa 3 mila anni fa, quindi, qualche popolazione di diavoli era presente anche lì, nell’Australia continentale, invece a sopravvivere ancora oggi sono solo e soltanto i diavoli che abitano appunto la Tasmania.

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Com’è fatto il diavolo della Tasmania

Abbiamo già detto che il suo verso non è poi così rassicurante, al contrario le sue dimensioni non è che spaventino molto: il diavolo della Tasmania, infatti, è grande quanto un cane di razza Beagle, quindi raggiunge massimo gli 80 centimetri e i 12 chili di peso. Anche il suo muso ricorda quello di un cane, con il naso sempre umido.

Ad aver spaventato i coloni, però, dev’essere stata anche la bocca formata da 42 denti affilati in grado di frantumare le ossa. La mascella può aprirsi anche fino a 70°-80°, quasi ad angolo retto, e può sferrare morsi davvero potenti. Secondo un indicatore che misura la forza del morso dei carnivori in relazione al loro peso (BFQ), il morso del diavolo della Tasmania è uno tra i più potenti tra i mammiferi esistenti: se l’indicatore del morso del leone è pari a 112 e quello della tigre a 127, quello del diavolo della Tasmania è pari a 181.

Cosa mangia il diavolo della Tasmania

Essendo un carnivoro, la dieta del diavolo della Tasmania è molto varia e spazia da piccoli mammiferi, a pesci o bacche, insomma si basa su ciò che il territorio offre. Prevalentemente, però, si nutre di animali morti che individua anche a chilometri di distanza grazie al suo olfatto molto sviluppato. Durante la notte ripulisce l’isola dai corpi degli animali morti o perché uccisi da altri predatori o perché trasportati sulla terraferma dall’alta marea del mare o, ancora, perché investiti dalle automobili. Anziché “diavolo della Tasmania”, quindi, potremmo definirlo “spazzino della Tasmania”.

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Corteggiamento e piccoli del diavolo della Tasmania

Per contendersi la partner, i diavoli maschi mettono in atto dei veri e propri combattimenti, ferendosi tra loro a suon di morsi. Il diavolo che avrà la meglio potrà poi approcciarsi alla femmina e lo farà in modo molto curioso: cercherà di portare la femmina all’interno del nido d’amore mordendole il collo e trascinandola nel vero senso della parola.

Dopo l’accoppiamento, poi, la femmina verrà sorvegliata a vista dal suo gelosissimo partner che non le staccherà gli occhi di dosso perché teme con tutto se stesso che possa commettere infedeltà.

Trascorsi 21 giorni di gestazione, le mamme partoriranno anche 20-30 piccoli, che appena nati saranno minuscoli e molto poco sviluppati. Già dal primo momento, però, i piccoli dovranno affrontare una grande sfida: raggiungere i capezzoli delle mamme per nutrirsi del latte. I capezzoli della mamma sono soltanto 4 e si trovano all’interno del marsupio: quindi, di tutti i 20 o 30 piccoli che siano, solo 4 riusciranno a tagliare il traguardo, cioè a infilarsi nel marsupio e attaccarsi ai capezzoli. Pura selezione naturale, dunque, perché solo i più forti riusciranno a nutrirsi e salvarsi, mentre tutti gli altri moriranno di fame.

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Cos'è il tumore facciale del diavolo della Tasmania

Il nemico più spietato del diavolo della Tasmania non è un predatore, bensì una malattia: il tumore facciale. Solitamente i tumori non sono trasmissibili da un individuo all’altro, ma questo cancro rappresenta un’eccezione poiché è trasmissibile con il morso. Per il diavolo della Tasmania questo è un enorme problema, dato che spesso gli esemplari si mordono tra loro per contendersi il cibo o la partner oppure per accoppiarsi.

La malattia fa emergere delle protuberanze intorno agli occhi e alla bocca, che ostacolano la ricerca del cibo e il nutrirsi in sé per sé, quindi nel giro di poco tempo il diavolo morirà di fame. Il tumore è stato diagnosticato nel 1996 e nel giro di 20 anni ha devastato la popolazione selvatica di diavoli portando a una diminuzione dell’80% degli esemplari.

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