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6 Gennaio 2021
17:08

L’immagine della libertà: i cani randagi di Potenza

Le immagini del gruppo di cani disposti ordinatamente sotto la statua del Leone simbolo della città sono apparse sui social, mettendo ancora una volta in risalto un fenomeno trattato spesso con superficialità sia dalle istituzioni che dai cittadini, i quali, anche se in buona fede, rischiano di complicare le cose.

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Immagine

Le immagini sono potenti. Raccontano tutto in un istante e possono creare malintesi, a seconda dell’occhio di chi le guarda, talvolta anche difficili da superare. In questo caso, a catturare l’attenzione del web è stata la fotografia di un gruppo di cani disposti ordinatamente sotto l’emblema della città di Potenza. «Per me è stata una sorpresa – racconta Giuliana Bruno, l’autrice della foto – Mentre scattavo non mi sono posta molte domande. Ho semplicemente colto l'attimo, stupita da uno spettacolo così insolito e simbolico, visto il posizionamento dei cani accanto al leone, simbolo della città».

«Amo gli animali – continua Giuliana –  ma non sono un' attivista. Credo che il fenomeno del randagismo sia complesso. Da una parte le esigenze di sicurezza: in certi casi un branco può spaventare. Dall'altra la tutela degli animali che, come noi, hanno il diritto a vivere in libertà sul territorio. Lasciare ai singoli la soluzione è grave, dovrebbero essere le istituzioni a farsi carico del problema, ma certamente il canile per me rappresenta la peggiore ipotesi».

I rischi della sovraesposizione mediatica  e come una foto può essere simbolo di un nuovo modo di trattare il randagismo

Il randagismo è un fenomeno complesso, ricco di regole volte a tutelare e proteggere il benessere dei cani liberi.  Prima tra tutte l’abitudine a non rivelare il luogo in cui si trovano gli animali. Puntare i riflettori sui gruppi di cani, infatti, è molto pericoloso per la loro sopravvivenza. «Chiunque potrebbe sentirsi in diritto di compiere azioni personali – spiega Clara Caspani, presidentessa e co fondatrice dell’associazione Stray Dogs – e indipendendentemente dalle finalità, rischierebbe di portare a un disequilibrio, il quale sta spesso alla base delle problematiche di convivenza tra cani liberi e uomini. Ma per risolvere una questione complessa come il randagismo non basta la versione “pietistica” legata alla “libertà a tutti i costi”. Serve un tavolo di discussione tra cittadini, associazioni e istituzioni, nell’ottica della ricerca di un baricentro tra persone e cani».

Stray dogs International Project è un gruppo di lavoro che svolge attività di formazione, stage e divulgazione sul randagismo. «Giuliana ha avuto una reazione spontanea data dall’emozione di aver catturato un momento molto bello della vita di questi cani – spiega Clara Caspani – Non poteva sapere che la sua foto avrebbe avuto così tanto seguito e che molti l’avrebbero accusata di aver messo sotto i riflettori quei cani liberi. Ma la naturalezza di un’emozione positiva provata nello scattare quell’immagine può invece creare le basi per aprire un serio dialogo sulla questione del randagismo nel nostro paese». La foto, infatti, ha avuto subito grande risonanza sui social, rimbalzando da un profilo all’altro e generando commenti di tutti i i tipi. «Molti hanno inneggiato alla libertà – racconta Clara Caspani che ha seguito l’evoluzione mediatica – Solo pochi hanno commentato con disappunto, paura e preoccupazione. Per la prima volta, di fronte a una foto che mostra un gruppo di cani liberi in città, la reazione delle persone è stata positiva e  i social hanno messo in evidenza l’idea di una convivenza possibile».

I cani di Potenza, un gruppo molto conosciuto in città

L’immagine scattata da Giuliana ha evocato emozioni legate alla libertà e alla bellezza degli animali che condividono con noi le città. «Da quello che abbiamo capito approfondendo la questione – spiega la presidentessa di Stray Dogs  – questo gruppo di cani è molto conosciuto a Potenza. Si tratta  di un branco “storico” formato da membri anziani, presenti da anni sul territorio e altri membri più giovani, arrivati da poco. Normalmente vivono in una zona di campagna limitrofa alla periferia della città ma, qualche volta, si muovono verso il centro. Ciò che stupisce è che nessuno riferisca problematiche legate a questi cani. Sembra proprio che abbiano conquistato la fiducia dei cittadini». La capacità di questi cani di muoversi per le strade e di sentirsi parte del territorio è evidente anche nei due video (a seguire) che allo stesso modo della foto sono finiti su chat WhatsApp e pagine Facebook tra lo stupore di chi non ha familiarità con i cani in libertà e l’intento di altri che hanno voluto sottolineare attraverso quelle immagini il diritto degli animali a poter convivere con gli esseri umani nel loro posto di appartenenza.

A rendere possibile la presenza di gruppi anche numerosi di cani randagi a Potenza come in altre città del Sud è la somma di diversi fattori, come e soprattutto la possibilità di accedere a risorse alimentari facili da raggiungere: cibo generato dall’accumulo di spazzatura e l’abitudine da parte di alcune persone di portarlo agli animali con l’obiettivo di nutrirli.

«Se questa immagine ha saputo generare tanta positività sul Web – spiega ancora Clara Caspani – è anche grazie al lavoro delle associazioni che lavorano sul territorio. Nel tentativo di integrare i cani nella vita delle persone del luogo, i volontari hanno chiesto di aprire un dialogo con l’attuale amministrazione sulla gestione del randagismo e propongono un protocollo d’intesa volto a creare una collaborazione tra il comune di Potenza, l’Azienda sanitaria locale e il comando di Polizia Municipale. Chi si occupa di randagismo, insomma, è favorevole a svolgere attività di monitoraggio, censimento della popolazione canina e reimmissione sul territorio. Tutto ciò avverrebbe, secondo a seguito di un controllo sanitario periodico, una campagna di sterilizzazioni e vaccinazioni e iscrizione all’anagrafe, corsi di formazione, organizzazione di piccole oasi rifugio e dei fondi per il l’alimentazione dei cani sul territorio».

Il dibattito tra il consigliere comunale e l’Enpa di Potenza

Marco Falconeri, consigliere comunale del Comune di Potenza, a seguito della pubblicazione dell’immagine, ha però gelato l’entusiasmo dei cittadini favorevoli alla convivenza sul territorio sostenendo, in una nota inviata al giornale locale Potenza News, che si tratti di un problema di cui il Comune si deve occupare tramite accalappiamento, cattura e trasporto verso il canile di riferimento.

Rosaria Vitale, presidentessa della sezione di Potenza dell’Ente Nazionale Protezione Animali, non accetta però la soluzione proposta dal consigliere comunale. «Mi sono sentita in dovere di scrivere una nota di risposta al consigliere Falconeri a seguito del suo intervento, per sottolineare che un’altra soluzione esiste ed è possibile. Io non sono contraria al canile, ma deve essere l’ultima soluzione, non la prima».

«Faccio l’esempio del comune di Rionero in vulture, sempre in Basilicata – continua Rosaria Vitale – dove il dialogo con tutte le parti in causa, comprese le guardie zoofile e la Polizia locale, sta facendo la differenza nella qualità di vita dei cani, i quali vengono chippati, sterilizzati e re-immessi sul territorio». La presidentessa di ENPA Potenza sottolinea inoltre che: «L’intervento del consigliere comunale Falconeri citava anche la Legge Regionale 30 novembre 2018, n. 46 sostenendo che, seguendo questa normativa, i cani andrebbero accalappiati, ma scendendo all’articolo 20, la normativa parla anche dell’opzione relativa ai cosiddetti “cani di quartiere”, scelta non considerata dal consigliere il quale ha smesso di rispondere alle mie telefonate».

Secondo Rosaria Vitale, quindi, una soluzione per Potenza è possibile e sarà proprio il dialogo con le istituzioni a risolvere i problemi sollevati dalla foto girata sul web. «Nei prossimi giorni – afferma – mi occuperò di parlarne direttamente con il sindaco, e sono fiduciosa che riusciremo a trovare un equilibrio che escluda l’accalappiamento. Se incontreremo la sua volontà, e continueremo ad avere il supporto di molti cittadini, ce la potremo fare».

Possibili soluzioni, la strategia di Stray Dogs 

«Quando veniamo contattati da realtà come quelle di Potenza – spiega ancora Clara Caspani – la prima cosa che cerchiamo di fare è approfondire la conoscenza della situazione specifica. Stray Dogs si muove in supporto alle associazioni del luogo e il nostro ruolo è di essere dei veri e propri consulenti tecnici. Perché sono i cittadini, i volontari e le associazioni del posto ad avere un ruolo primario, proprio perché conoscono esattamente le dinamiche, i punti di forza e le problematiche in atto. Noi uniamo le informazioni che riceviamo e creiamo un piano strategico da attuare per raggiungere una convivenza positiva tra cittadini e cani.

Secondo Clara Caspani, la risposta di Rosaria Vitale è di fondamentale importanza: «Prima del nostro arrivo è indispensabile che cittadini e associazioni abbiano già provato ad aprire un dialogo con le istituzioni, altrimenti è impossibile sviluppare un serio progetto di gestione oculata del randagismo. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a portare avanti dei progetti pilota che devono avere come base solida la collaborazione, la partecipazione e la formazione di tutte le parti, per fornire dei modelli che anche altre realtà, meno organizzate, possano poi seguire».

Il comportamento del cittadino e il timore delle aggressioni

«Generalmente – conclude la responsabile di Stray Dogs – la presenza di cani randagi non rappresenta un rischio per le persone. I cani abituati all’uomo non hanno motivo di manifestare aggressività». Riguardo i rari casi di aggressione avvenuti in passato, aggiunge: «Analizzando le situazioni a posteriori, possiamo affermare che i rischi sono spesso causati da errori commessi dalle persone che, magari anche in buona fede, abituano i cani a frequentare sempre lo stesso luogo. Lasciando sempre cibo a disposizione degli animali nello stesso posto alla stessa ora, per esempio, abituiamo i cani a reputare quella zona come di loro proprietà. Un luogo da proteggere, insomma. In questo modo rischiamo di alimentare comportamenti aggressivi, ma in natura i cani non tendono ad attaccarci, ad eccezione dei casi in cui si sentano minacciati».

A modificare il loro comportamento quindi, siamo noi, con le nostre azioni,salvo poi non accettarne le conseguenze. «Per questo motivo quando incontriamo un gruppo di cani come quello della foto diventata famosa in questi giorni non dobbiamo cercare contatto né spaventarci e scappare via. I cani ci conoscono molto bene e sanno come devono comportarsi nei nostri confronti».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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