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14 Aprile 2021
17:10

La clonazione e l’ingegneria genetica potranno salvare le specie in via di estinzione?

Si stima che sono circa 20.000 le specie animali e vegetali a rischio estinzione a causa di diversi fenomeni tra cui l'antropizzazione, la trasformazione e la perdita degli habitat e così via. Un possibile modo per aiutare la conservazione delle specie è rappresentato dalle nuove tecniche di ingegneria genetica e biotecnologie riproduttive, ma la strada è ancora lunga.

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Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Articolo a cura del Prof. Giuseppe Borzacchiello
Medico Veterinario e Professore universitario, esperto di patologia animale
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Le più recenti proiezioni calcolano che circa 20.000 specie animali e vegetali sono a rischio di estinzione dal pianeta terra. I fenomeni di antropizzazione e la conseguente trasformazione degli habitat sono solo alcuni dei complessi fenomeni che portano all’estinzione di molti animali selvatici. Come fare per conservare le specie? Una possibile risposta a questa domanda viene   dall’impiego delle più raffinate tecniche di ingegneria genetica e biotecnologie riproduttive disponibili da qualche decennio.

La pecora Dolly e la cavalla Prometea, ma la clonazione può salvare le specie in pericolo di estinzione?

Oggi la tecnologia ci permette facilmente di moltiplicare all’infinito animali in provetta. Stiamo parlando della clonazione ovvero della capacità di ottenere individui con un patrimonio genetico e uguale all’individuo di provenienza. La tecnica generalmente consiste nel privare un ovocita (gamete femminile) del nucleo per inserire il nucleo di una cellula già specializzata.

Una possibilità tecnologica concreta che a partire da Dolly, primo mammifero clonato, ha prodotto risultati incoraggianti. E proprio in Italia è stata clonata Prometea, una cavalla uguale alla fattrice che l’ha partorita e ad oggi molti animali domestici (cane, gatto etc.) sono stati clonati con successo. La tecnica è stata applicata anche a specie selvatiche. Un esempio è la clonazione di esemplari di muflone, una specie selvatica che rischiava di scomparire dalla Sardegna.

E’ importante però dire che la clonazione per la sopravvivenza di specie a rischio di estinzione trova poche possibilità pratiche di applicazione visto che gli animali clonati spesso hanno una vita breve in quanto sviluppano patologie con esito infausto. E non sarebbe una buona idea ripopolare foreste e giungle con cloni di una stessa specie: si metterebbe a rischio la diversità con il pericolo che un qualsiasi evento disturbante l’equilibrio dell’habitat metterebbe a rischio tutti gli animali clonati. Tuttavia, la tecnica può essere d’aiuto nel salvaguardare “ceppi” genetici particolari.

Importanti passi in avanti nell’applicazione di biotecnologie riproduttive per la salvaguardia di specie a rischio viene dall’impiego di particolari cellule dette staminali. Le cellule staminali hanno la capacità di riprodursi sempre e soprattutto di poter specializzarsi nei vari tessuti dell’organismo. Questa caratteristica è tipica delle cellule staminali dell’embrione che sono definite per questo pluripotenti. Studi pioneristici in questo affascinante campo della biologia hanno permesso di ottenere cellule staminali molto simili a quelle embrionali che dunque possono specializzarsi in vari tipi cellulari riprogrammando le cellule di un individuo adulto. Si ottengono in questo modo delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) ovvero cellule che possono acquisire i caratteri e le funzioni di quasi tutti i tipi di cellule di un organismo. Risultati di esperimenti di frontiera hanno hanno dimostrato la possibilità di generare da un piccolo grumo di iSPC animali vivi avendo a disposizione ovociti.

Nel caso delle specie domestiche è possibile avere femmine donatrici di cellule uovo ma questo non sempre è possibile per le specie in via di estinzione. Tuttavia, gli importanti traguardi raggiunti con le iSPC hanno ispirato biologi della fauna selvatica e della conservazione ad utilizzare queste raffinate tecnologie genetiche ai fini della salvaguardia delle specie e della biodiversità.

Ancora lunga la strada della ricerca ma qualche segnale di speranza c’è

Un primo passo è stato quello di ottenere iSPC da specie animali selvatiche (bovidi, uccelli, leopardo delle nevi etc.) utilizzando principalmente la banca tessuti dello zoo di San Diego (Frozen Zoo) in cui sono “custoditi” oltre 10.000 campioni di circa 1.000 specie animali. Un vero e proprio forziere “genetico”. Un primo esperimento pioneristico è stato quello di ottenere iSPC a partire da cellule adulte congelate di due specie gravemente minacciate di estinzione (drillo e rinoceronte bianco).

A partire da queste iSPC si dovrà poi trovare il modo per indurre lo sviluppo di spermatozoi e cellule uovo da fecondare ed ottenere degli individui adulti che possano aumentare numericamente la popolazione in pericolo e preservare la diversità genetica. Quest’ultimo aspetto è di particolare importanza per la riuscita dell’impresa. La sfida è dunque iniziata e si potrà vincere anche grazie alle biotecnologie e all’uso sapiente che ne sapremo fare per la salvaguardia delle specie.

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Giuseppe Borzacchiello
Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Sono professore universitario di ruolo presso il Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università degli studi di Napoli Federico II e titolare della cattedra di Fisiopatologia degli animali domestici. Ho insegnato in diverse Università italiane, corsi di perfezionamento e master universitari. Appassionato di animali e di cani in particolare, mi occupo da oltre vent’anni di ricerca scientifica nel campo della patologia spontanea degli animali domestici e di tematiche inerenti l’oncologia comparata.
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