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30 Ottobre 2022
17:00

Il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri)

Il parrocchetto dal collare è un uccello dell'ordine degli psittaciformi - ovvero i pappagalli - e della famiglia degli psittaculidi. È originario dell'Africa e dell’Asia, ma colonie di parrocchetti si sono diffuse in molte città d'Europa e Nord America.

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Il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) è un uccello dell'ordine degli psittaciformi – ovvero i pappagalli – e della famiglia degli psittaculidi, originario dell'Africa e dell’Asia che, grazie alla sua grande adattabilità, si è diffuso anche in Europa e Nord America, dove vivono alcune popolazioni rinselvatichite, nate da rilasci volontari da parte dell'uomo e da soggetti sfuggiti alla cattività.

Raggiunge circa i 45 centimetri di lunghezza ed è riconoscibile per il colore verde chiaro prevalente e per il collo rosato. La nuca ha qualche tono di azzurro, mentre la coda è di un verde più scuro, con alcune penne centrali bluastre.

Come è fatto il parrocchetto dal collare

Il parrocchetto dal collare ha un aspetto massiccio ed è riconoscibile per via del verde come colore dominante, per il collare rosato – da cui prende il nome – e una mascherina facciale più scura sulla fronte. Il colore verde chiaro del corpo si abbina al verde scuro della coda, che termina però, con alcune penne che tendono al giallo. Il dorso ha riflessi olivastri e la parte inferiore delle remiganti è grigia. La mandibola superiore è di colore rosso, mentre quella inferiore presenta anche sfumature nere.

Il dimorfismo sessuale è evidente perché le femmine sono sprovviste del colletto rosato, hanno le penne della coda più corte e, inoltre, hanno una colorazione meno bluastra sul collo. Gli individui giovani hanno il becco leggermente più chiaro ed assomigliano alle femmine. Il collare, infatti, appare intorno  al terzo anno di età.

I soggetti adulti raggiungono circa i 40/45 centimetri di lunghezza e possono arrivare a 140 grammi di peso.

Comportamento

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I parrocchetti dal collare sono animali monogami e maschi e femmine si prendono cura dei giovani fino ad un'età media di circa 2 anni. Utilizzano tre richiami distintivi per comunicare con i propri simili, sebbene i soggetti più giovani propongano un solo richiamo e necessitino di più tempo per iniziare a produrre anche gli altri. Il primo suono ricorda un rapido "kew-kew-kew", il secondo è una sorta di "yak yak yak" e, infine, vi è un suono più profondo, simile a un "krrrr", usato in caso di minaccia.

Questa specie di parrocchetto è considerata piuttosto longeva, infatti, sebbene non sia chiaro quanto possa vivere in natura, secondo quanto riportato dal Museo di Zoologia dell'Università del Michigan, in passato un soggetto ha vissuto in cattività fino a 34 anni.

Molti credono che il parrocchetto dal collare sia in grado di parlare, ma non è così. In realtà questa specie è particolarmente comunicativa e, quindi, è capace di riprodurre i suoni che sente, dando quindi l'impressione agli esseri umani di esprimersi attraverso la parola.

Anche i soggetti nati in cattività tendono a mantenere un comportamento simile a quello dei selvatici ma, nel caso in cui ricevano quotidianamente attenzioni da parte di un essere umano di riferimento, mostreranno un comportamento più affiliativo nei suoi confronti. Ciò nonostante non ama essere toccato, sebbene ogni soggetto sviluppi un comportamento e una personalità a sé stante. Anche se viene allevato a mano, permane la propensione ad utilizzare il becco per evitare il contatto.

Riproduzione

Il parrocchetto dal collare si riproduce generalmente nei mesi invernali di dicembre e gennaio e tende ad avere un comportamento monogamo. Durante questo periodo, la femmina – intenta ad attirare a sé i maschi – strofina ripetutamente la testa contro quella del soggetto di sesso opposto ed è in seguito a questo comportamento che avviene l'accoppiamento, il quale dura solo pochi minuti.

I nidi nelle cavità degli alberi generalmente sono sufficientemente profondi da contenere fino a sette uova e la femmine, infatti, depone generalmente da quattro a sette uova per covata e l'incubazione dura circa 3 settimane.

Alimentazione

L'alimentazione del parrocchetto dal collare è per la maggior parte a base di cereali, erbe, frutti e semi di molti alberi. Laddove sia possibile si nutre anche di mele, uva, pere, prugne e, se disponibili, anche manghi. Sempre in base alle disponibilità ambientali, può cibarsi anche di noci, arance o nettare.

In alcune situazioni il parrocchetto dal collare può mangiare anche mais e semi di girasole e può, infine, scegliere anche di nutrirsi di alcuni tipi di verdura o di insetti.

Trattandosi di animali che si nutrono prevalentemente di grano e frutta, l'alimentazione a base di materie prime lavorate per il consumo umano non è adeguata al suo metabolismo.

Habitat e distribuzione

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Il parrocchetto dal collare è originario del subcontinente indiano e Africa Centro – settentrionale e, più in particolare, della zona che va dalla Guinea alla Mauritania nella zona occidentale e dall'Uganda al Sudan nella zona orientale. L'uomo lo ha introdotto – volontariamente e non – in Egitto, nella Penisola Arabica, in Europa, in Nord America e in Cina.

In Italia i parrocchetti si trovano in molte città da Nord a Sud e, in particolare, nel centro di Genova – dove sono stati censiti – a Roma, a Bolzano, in Sicilia, a Pavia, a Ferrara, in Toscana, a Bologna, Caserta, Napoli e Salerno.

In Africa si muove nelle savane alberate e nei campi coltivati e, in natura nidifica all'interno delle cavità dei tronchi o in luoghi che li ricordino. Proprio per questo motivo, l'habitat della specie è spesso condiviso anche con altri uccelli nidificanti, come picchi o storni, i quali rischiano di venire sfrattati a causa del comportamento più aggressivo di questo pappagallo.

All'interno di questi ambienti può interfacciarsi anche con scoiattoli, pipistrelli e insetti, ma secondo uno studio riguardo il suo habitat, condotto dall'Università degli Studi di Firenze in collaborazione con l'Università degli Studi di Torino e la Fondazione Italiana per la Zoologia dei Vertebrati (FIZV), gli effetti di questa coesistenza sulle singole specie non sono ancora chiari.

La vita in gabbia

Trattandosi di una specie selvatica, questo animale non è assolutamente adatto alla vita all'interno della gabbia, ciò nonostante ne è piuttosto diffusa la vendita. L'acquisto di un parrocchetto dal collare può arrivare a costare anche più di 300 euro, ma il commercio, il mantenimento e il trasporto, insieme all'esposizione di questa specie negli zoo, sono i principali fattori alla base delle fughe e della nascita di nuove colonie urbane. Si tratta quindi di una scelta assolutamente sconsigliabile.

Inoltre, sempre secondo l'Università del Michigan, questi uccelli necessitano di un home range di circa 751.000 metri quadrati: decisamente più di quanto possa offrire una voliera. Infine, è da escludere la convivenza con le specie domestiche, le quali rischierebbero di predarlo – nel caso di carnivori– oppure entrare in conflitto con lui – nel caso di altri volatili.

L'invasione dei parrocchetti dal collare in città

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Il parrocchetto dal collare è elencato nell'Invasive Species Compendium in quanto la sua presenza all'interno di un ecosistema può creare importanti danni alle colture agricole ed è quindi importate intervenire per contenere la sua diffusione, che può rappresentare una minaccia per la biodiversità.

La gestione delle colonie di parrocchetti che abitano le città è piuttosto complessa, perché il tentativo di allontanamento dei parrocchetti dal collare rischia di portarli a disperdersi in numerose zone diverse dello stesso centro urbano, finendo poi per diffondersi in ogni quartiere.

Alcuni esperti considerano di enorme importanza la sensibilizzazione della popolazione umana riguardo la necessità di non somministrare cibo a questi pappagalli. Il parrocchetto dal collare, infatti, si adatta particolarmente bene alle città per via della temperatura leggermente più alta durante l'inverno, ma anche per l'abitudine di molti cittadini di fornirgli risorse alimentari.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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