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16 Maggio 2022
18:24

Decapitato cucciolo di cinghiale nella “zona rossa” di Roma. Gli animalisti: «Preoccupa l’escalation»

Il cadavere di un cucciolo di cinghiale senza testa è stato trovato nella zona della riserva dell'Insugherata, dove sono stati registrati i casi di peste suina africana. Associazioni in allarme.

cinghiali peste suina

Ritrovamento raccapricciante nel parco dell’Insugherata, la zona di Roma in cui sono stati recentemente registrati alcuni casi di peste suina africana: un cucciolo di cinghiale senza testa, all’apparenza decapitato.

Il cadavere del cucciolo è stato trovato domenica adagiato nell’erba, a notarlo alcuni passanti che hanno immediatamente avvisato la polizia locale. Sul posto è arrivato anche il personale veterinario della ASL Roma 1, che lo ha recuperato e ha avviato gli accertamenti del caso. Non è ancora stato confermato che sia stato ucciso e poi decapitato, ma il ritrovamento ha spinto le associazioni animaliste a puntare il dito contro quello che definiscono “un clima di terrore” nei confronti dei cinghiali, ritenuti gli unici colpevoli dell’epidemia di peste suina. Che dopo il Piemonte e la Liguria adesso colpisce Roma, costringendo l’amministrazione comunale e quella regionale a fare i conti con un’altra emergenza, quella dei rifiuti.

Peste suina africana, pronta l'ordinanza sugli abbattimenti selettivi

La presenza dei cinghiali a Roma è infatti da tempo addebitata in gran parte ai cassonetti strapieni e alle strade invase da rifiuti organici che si tramutano in banchetti per gruppetti di ungulati che arrivano dalle zone verdi che circondano la città. Prima che venisse registrato il primo caso di peste suina africana, il Campidoglio era al lavoro su un progetto sperimentale che prevede il posizionamento di varchi e recinti a quelli che vengono considerati “varchi di accesso” in alcuni municipi e la mappatura dei cassonetti delle zone a rischio. Un progetto che ha subito un’accelerata dopo che i casi confermati da uno sono diventati prima tre e poi sei, e che va di pari passo con una specifica ordinanza che individua la cosiddetta “zona rossa”, quella cioè più ad alto rischio, e le attività che potranno essere svolte all suo interno. E che anticipa un’altra ordinanza di natura più operativa, e che prevede – come confermato dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa – abbattimenti selettivi affidati a cacciatori.

«Credo che nella giornata di lunedì 16 maggio verrà firmata l'ordinanza dal commissario per quanto riguarda la zona di Roma, quindi verrà definita la zona rossa e verranno definite tutte le attività possibili all'interno di questa zona – ha detto Costa – l’ordinanza prevederà, ovviamente, l'abbattimento selettivo per la presenza dei cinghiali sul nostro territorio». A oggi è già in vigore un provvedimento adottato dalla Regione Lazio che indica i confini della zona considerata maggiormente a rischio, e che rientra nel raggio della riserva dell’Insugherata, circa 5000 ettari in cui rientra anche parte del Parco di Veio e l’intera superficie del Parco del Pineto e della riserva di Monte Mario.

Nelle ultime giornate erano state le Regioni a sollecitare un intervento normativo. Il presidente della Conferenza, Massimiliano Fedriga, aveva scritto al ministro Stefano Patuanelli chiedendo sostegno alla proposta normativa predisposta dal ministero della Transizione ecologica per contribuire in maniera efficace al controllo dei cinghiali e di altre specie di ungulati: «Dobbiamo essere consapevoli che siamo di fronte a due emergenze – ha sottolineato Costa – La prima è quella legata alla peste suina e per questo stiamo mettendo in atto tutta una serie di strategie, l’altra, più ampia, è la presenza dei cinghiali sul nostro territorio, che va oltre a quella che dovrebbe essere la densità prevista, provocando danni all'agricoltura e pericoli. Sotto questo aspetto credo che bisogna mettere in atto un piano che preveda la sensibile riduzione della presenza di questi animali sul nostro territorio».

A Roma il piano di contenimento dei cinghiali è incentrato principalmente sulla cattura tramite gabbie: prima del riscontro di casi di peste suina africana gli animali venivano catturati, dopodiché le strade erano due, trasferimento in oasi venatorie o invio al macello. Quest’ultima strada è stata quella più battuta, principalmente per l’assenza di aree adeguate al trasferimento.

Associazioni animaliste sul piede di guerra: «Pronti a impugnare i provvedimenti»

Se le associazioni animaliste già prima si battevano per evitare l’abbattimento, la notizia dell’imminente emissione di un’ordinanza specifica ha infiammato ancora di più il dibattito. Per gli attivisti i cinghiali fanno le spese di una malagestione dell’emergenza rifiuti, per lungo tempo trascurata e adesso esplosa. E diventano anche capro espiatorio, culminando in gesti come l’uccisione del cucciolo (se venisse confermato che non è stato attaccato e ucciso da altri animali), questo nonostante che la peste suina africana non contagi né gli esseri umani né altri animali al di fuori di cinghiali e maiali. Proprio i maiali, in particolare quelli di allevamento, rappresentano però la preoccupazione peggiore: se un caso dovesse essere registrato in un allevamento le conseguenze potrebbero essere pesantissime, visto che la psa è estremamente contagiosa e ha spesso esiti fatali per l’animale infettato.

Le associazioni animaliste si sono quindi mobilitate per chiedere che venga aperto un tavolo di gestione della situazione cui possano prendere parte e suggerire soluzioni alternative: «Non riteniamo sia corretto prendere decisioni senza ascoltare le associazioni protezionistiche e, soprattutto, i ricercatori che da tempo affermano come la caccia al cinghiale moltiplichi gli esemplari della specie», ha detto Massimo Comparotto, presidente dell’Oipa, che nei giorni scorsi ha inviato un’istanza di audizione al commissario Ferrari, oltre che alla Regione Lazio e al Comune di Roma.

«L’Oipa valuterà la possibilità d’impugnare provvedimenti che deregolamentino la caccia al cinghiale», ha fatto sapere l’associazione, ricordando che «secondo un parere chiesto agli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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