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19 Marzo 2022
17:00

Da Darwin alle razze dei cani: come la selezione ha inficiato su salute e comportamento

Cosa c’entra Darwin coi nostri cani? Cosa lega il padre della teoria dell’evoluzione con la nascita delle attuali razze? In realtà un legame c’è, quanto meno temporale.

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Cosa c’entra Darwin coi nostri cani? Cosa lega il padre della teoria dell’evoluzione con la nascita delle attuali razze? In realtà un legame c’è, quanto meno temporale. Non tutti sanno che la nascita della moderna cinofilia, quella dei pedigree e degli albi genealogici non ha origini antiche. Essa risale infatti allo stesso periodo delle opere di Darwin, la fine del 1800, quando ad opera di alcuni circoli di facoltosi appassionati, cominciarono a nascere i cosiddetti Kennel club.

Il primo fu l’English Kennel Club, fondato nel 1872. Nel 1882 arrivò l’italiano ENCI e per ultimo, nel 1911, l’FCI (Federation Cynologique Internationale) che riuniva Germania, Austria, Belgio, Francia e Paesi Bassi. Questi enti si riproponevano di riconoscere e tutelare il patrimonio di diversità dei cani attraverso la definizione delle diverse razze e la trascrizione degli albi genealogici: ovvero degli elenchi di tutti gli accoppiamenti e dei cani selezionati per la riproduzione.

È grazie a questi enti se oggi siamo arrivati a catalogare le oltre 400 razze canine riconosciute: sono loro i custodi dei famosi pedigree e da loro sono riconosciuti anche tutti gli allevamenti.

Il ruolo di Darwin nella selezione delle razze canine

Ma cosa c’entra Darwin con tutto ciò? Ebbene noi sappiamo che questo importantissimo scienziato non ha passato la sua vita tra università e laboratori. Darwin conduceva infatti una vita ritirata nella sua casa di campagna ed è qui che faceva molte delle sue osservazioni, per esempio sui cani che vivevano con lui nei suoi possedimenti come vi abbiamo raccontato già proprio qui su Kodami.

Darwin amava inoltre parlare e confrontarsi coi contadini e in particolare osservare come gli allevatori selezionavano i polli, traendone forme o piumaggi particolari in tempi i cui non vi era nessuna teoria che potesse spiegare quei cambiamenti. Erano semplicemente delle pratiche che venivano portate avanti in modo empirico e senza particolari spiegazioni. Dobbiamo infatti ricordare che la concezione universalmente riconosciuta a quei tempi era legata a quella della religione cristiana, che affermava che tutte le specie animali fossero state create in pochi giorni da Dio e che da sempre si fossero mantenute uguali a come erano in origine. Come spiegare dunque certi cambiamenti?

La risposta oggi ci sembra semplice grazie alla teoria dell’evoluzione. E tuttavia non possiamo trascurare due importanti limiti ancora presenti a quei tempi. Da un lato appunto le credenze religiose che erano non solo ampiamente diffuse ma anche supportate da tutti i maggiori scienziati del tempo. Dall’altro lato non c’era ancora nessuna conoscenza rispetto al DNA e al come si trasmettono le caratteristiche da una generazione all’altra.

Per affermare la sua teoria Darwin condusse una vera lotta che durò molti anni e che incontrò diverse resistenze. Ma fu proprio grazie a questa, pubblicata nel 1859 nel libro L’Origine delle Specie, che divenne possibile spiegare non solo l’intera evoluzione di tutte le specie, animali e vegetali, del nostro pianeta, ma anche come e perché è stato possibile selezionare le diverse razze di animali domestici.

Francis Galton e l'eugenetica

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Resta infine un ultimo tassello per collegare direttamente Darwin all’origine della moderna cinofilia e della catalogazione delle razze. Per comprenderlo dobbiamo fare riferimento a un altro personaggio: Francis Galton.

Galton era un cugino di Darwin e fu tra i primi ad accettare le sue teorie. Tuttavia la sua interpretazione prese una direzione molto particolare. Se infatti è vero che la natura non è statica, ma in evoluzione – egli pensò – allora può anche esser vero che, attraverso la selezione degli accoppiamenti è possibile orientare questa evoluzione verso una particolare direzione: verso il miglioramento.

Per definire la sua teoria Galton rispolverò un termine proveniente dalla cultura greca e fu così che la battezzò eugenetica. Questa parola, infatti, non è altro che la composizione di due altri termini: èu, che vuol dire “buono” e ghènos, ossia “razza”, “parentela”, “stirpe”. In parole semplici eugenetica non vuol dire altro che “miglioramento della razza”.

Oggi la parola eugenetica è connotata di un alone sinistro e a volte spaventoso. Galton infatti si riproponeva di applicare le sue teorie anche agli esseri umani e fu grazie ad esse che si perpetrarono tra i peggiori crimini della storia. Non solo furono accettate dal nazismo per giustificare le uccisioni in nome della presunta supremazia della razza ariana, ma furono applicate anche in nazioni che siamo abituati a considerare assolutamente democratiche come ad esempio gli USA e la Svezia dove, fino ancora agli anni 70 del novecento, furono giustificate prassi come la sterilizzazione forzata per criminali o malati di mente. Scopo di queste pratiche era che queste persone non si riproducessero e non trasmettessero ai loro discendenti caratteristiche indesiderate.

L'eugenetica nell'allevamento degli animali domestici

Nonostante tutto ciò, l’eugenetica ha comunque preso profondamente piede e si è affermata invece per ciò che riguarda l’allevamento degli animali domestici. È da sempre tra gli obbiettivi principali, esplicitamente dichiarati e perseguiti da tutti i kennel club, quello del miglioramento delle razze attraverso la selezione.

I famosi pedigree, infatti, non sono altro che degli albi genealogici in cui sono riportati tutti gli accoppiamenti che hanno portato alla nascita di un particolare cucciolo; mentre le manifestazioni e le gare servono a premiare quegli allevatori che hanno fatto il lavoro “migliore” nel selezionare non solo le caratteristiche estetiche ritenute più opportune per una determinata razza, ma anche le doti comportamentali che questa dovrebbe manifestare.

Da un lato questa selezione basata su criteri non naturali, ma decisi dall’uomo in base alle proprie esigenze, ha dato origine alla incredibile varietà delle razze che noi oggi conosciamo, sviluppando quelle doti che permettono loro di svolgere i numerosi lavori in cui i cani sono impegnati. Dall’altro pone però importanti questioni etiche. I criteri infatti di maggiore utilità per l’uomo non sempre si rivelano compatibili col bene in assoluto degli altri animali.

Questo lo possiamo chiaramente vedere osservando ciò che facciamo nei confronti di altre specie. Un esempio molto significativo è quello dei polli, dove abbiamo selezionato una particolare razza, detta broiler, la cui caratteristica è di crescere molto rapidamente (in soli 28 giorni raggiungono le dimensioni di un adulto) e di sviluppare in maniera abnorme i muscoli del petto. Questi polli, estremamente convenienti per l’industria della carne, sono però gravemente penalizzati nel loro benessere, sviluppando diverse patologie e impossibilitati a condurre una vita normale.

Tali rischi, e di ciò dovremmo essere pienamente consapevoli, sono presenti anche nella selezione dei cani. Questi si manifestano quando i criteri con cui scegliamo i soggetti da far riprodurre si discostano da ciò che è utile per loro e vengono sostituiti da ciò interessa soltanto noi. In particolare ciò che più si sta oggi dimostrando pericoloso è anteporre agli altri il solo criterio estetico, selezionando tra tutti solo quei soggetti che a noi sembrano belli.

La conformazione fisica dei cani, infatti, è il frutto di decine o centinaia di millenni di evoluzione che ha premiato quei tratti che più si sono rivelati utili e funzionali. Andare invece a selezionarne altri completamente diversi soltanto perché più gradevoli alla nostra vista può rivelarsi estremamente pericoloso. Ed anzi ne cominciamo oggi a vedere chiaramente gli esiti ad esempio nelle razze cosiddette brachicefale.

Selezionando infatti cani dal muso sempre più schiacciato, come ad esempio Carlini e Bulldog, vediamo soggetti con gravi difficoltà respiratorie o con diverse altre patologie invalidanti.

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Confronto tra un carlino del 1890 ed un carlino moderno

Purtroppo di esempi di questo genere ne possiamo vedere diversi che riguardano tanto l'aspetto fisico quanto alcune predisposizioni a patologie comportamentali. É abbastanza noto il caso dei Pastori tedeschi, nei quali la ricerca di un posteriore più basso rispetto alle spalle ha condotto una buona percentuale ad essere soggetta a displasia all'anca.

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Confronto tra un pastore tedesco dei primi del 900 ed un pastore tedesco moderno

Sono invece ancora oggetto di studio le possibili origini genetiche sulla predisposizione a stati ansiosi o addirittura di spettro autistico di una razza come il Bull Terrier.

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Un Bull Terrier del 1915 ed un Bull Terrier moderno

Insomma quella della creazione delle razze è certamente un’opera affascinante e che ha portato a incredibili risultati, ma dobbiamo essere pienamente consapevoli della nostra responsabilità nei confronti di animali che dipendono da noi e soprattutto dalle nostre scelte.

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Francesco Cerquetti
Esperto in etologia applicata e benessere animale
Laureato in Filosofia a partire dal 2005 ho cominciato ad appassionarmi di cinofilia approcciando il mondo dei canili. Ho conseguito il Master in Etologia Applicata e Benessere animale, il titolo di Educatore Cinofilo e negli IAA.
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