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13 Settembre 2022
13:21

Cosa succede quando le salamandre rigenerano i propri arti amputati

Da quando è stato scoperto che alcune specie animali sono capaci di rigenerare arti amputati, gli scienziati hanno cominciato a studiarle per cercare di carpire il segreto per cui riescono a farlo. Comprenderlo, infatti, potrebbe offrire nuove prospettive di cura per migliorare il trattamento delle lesioni negli esseri umani.

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La rigenerazione degli arti è qualcosa che ha sempre attratto l’essere umano. E poiché è stato scoperto che alcune specie animali ne sono capaci, gli scienziati le stanno studiando da tempo per cercare di carpire il segreti per cui riescono a farlo. Comprenderlo, infatti, potrebbe offrire nuove prospettive di cura per migliorare il trattamento delle lesioni negli esseri umani.

Tra questi animali, le salamandre sono campionesse nel rigenerare parti del corpo perdute. Non sono le uniche: i pesci zebra possono, per esempio, possono far ricrescere la coda per tutta la vita. E i topi possono rigenerare abbozzi di arti persi sia da embrioni che da adulti.

Ma le salamandre si distinguono come gli unici vertebrati in grado di sostituire parti del corpo complesse perse a qualsiasi età. Il loro studio, però, è molto complicato perché tra le diverse specie esistono differenze rilevanti, ma anche perché hanno un lungo ciclo vitale che contrasta con l’allevamento in laboratorio.

«Continuo a essere affascinata dalla capacità di rigenerazione degli arti di cui sembrano essere in grado tutte le specie analizzate di questo anfibio», ha spiegato Elly Tanaka, professoressa presso l'Istituto di ricerca per la patologia molecolare di Vienna, in Austria, che studia le salamandre da quasi vent’anni.

Tanaka lavora nell'ambito del progetto RegGeneMems finanziato dall'UE e sta cercando di capire come funziona questo meccanismo all’interno dell'Ambystoma mexicanum, conosciuta anche come axolotl, una specie di salamandra considerata a rischio estremamente alto di estinzione in natura per diversi fattori quali la pesca, l'inquinamento e la perdita di habitat.

La dottoressa, nello specifico, sta cercando di capire il funzionamento delle molecole che comandano alle cellule ferite di ricrescere e muoversi, ripristinando così un arto amputato.

Tecnicamente succede che, quando l'axolotl perde un arto, si viene a formare un coagulo di sangue nella ferita. Le cellule della pelle si muovono per andare a coprire la ferita e lo fanno rapidamente, in un solo giorno. I tessuti iniziano a riorganizzarsi, formando dapprima un blasfema, ovvero una massa di cellule indifferenziate che ha la capacità di svilupparsi in un organo o un’appendice.

A questo punto succede qualcosa di sorprendente: nel giro di poche settimane le cellule riacquistano la capacità di trasformarsi in ossa, legamenti, tendini o cartilagini, ricostruendo così dal moncone la parte del corpo perduta e facendone crescere una replica esatta.

Sull’uomo, il meccanismo è diverso. Nelle ferite umane, infatti, il tessuto cicatriziale è costituito da cellule con proprietà collanti chiamate fibroblasti.  Gli scienziati ne sono consapevoli e sanno anche di non poter essere in grado di convincere le cellule umane ad agire come quella delle salamandre, poiché sono programmate per funzionare su scala molto piccola.

Tuttavia, sostengono, però che potrebbero essere in grado di produrre un gruppo di cellule staminali umane che possano rigenerarsi come fa un axolotl. 

Diciamo che al momento, i ricercatori continuano ad avere più domande che risposte e, alcune di quelle domande, durano fin dalla prima osservazione dello strano talento di questi animali documentata più di 250 anni fa. Ma la ricerca avanza velocemente e la speranza è che scoperte utili possano arrivare a breve.

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Simona Sirianni
Giornalista
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