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18 Novembre 2021
16:20

Allarme estinzioni: specie animali e vegetali scompaiono troppo velocemente

l tasso di scomparsa di specie animali e vegetali è è troppo alto. È questo l’allarme lanciato dal nuovo report del Wwf. A provocare quella che è stata definita la sesta estinzione di massa è l’impatto delle attività umane.

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Il tasso di scomparsa di specie animali e vegetali è talmente più alto rispetto a quello naturale che, secondo il WWF ci troviamo in mezzo alla sesta estinzione di massa. È questo l’allarme contenuto nel nuovo report dell’organizzazione dal titolo: “Estinzioni: non mandiamo il pianeta in rosso”.

L’estinzione delle specie animali e vegetali è un fenomeno ricorrente che fa parte del processo evolutivo. L’elenco nei secoli di quelle cancellate per sempre dalla faccia della Terra è lungo. Ogni specie, infatti, si evolve, si adatta all’ambiente e al clima nel quale vive e prima o poi lascia spazio ad altre forme di vita, che meglio sanno adattarsi ai cambiamenti ambientali in corso.

Tutto questo, però, va bene quando il processo avviene “naturalmente”. Ma quella a cui stiamo assistendo oggi non è affatto un’estinzione naturale, visto che a provocare un così rapido declino della biodiversità è l’impatto non più sostenibile delle attività umane: la  rivoluzione industriale, la crescita della popolazione, l’espansione delle città, le coltivazioni agricole.

Le cause dell'estinzione e della distruzione della biodiversità

Il report IPBES (2019), l’Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU, traccia un quadro allarmante sulla perdita di natura in atto nel nostro Pianeta con un 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino modificati in modo significativo.

Più di un terzo della superficie terrestre del mondo e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono ora destinate alla produzione di colture o bestiame e circa 1 milione di specie animali e vegetali, come non si era mai verificato nella storia dell’umanità, rischiano l’estinzione.

Insomma, stiamo distruggendo la biodiversità a un ritmo senza precedenti. Ma, secondo il report, a livello globale, il cambiamento climatico non è stato finora il più importante, o quantomeno il solo, fattore responsabile della perdita di biodiversità, pur prevedendo che nei prossimi decenni assumerà una rilevanza pari o superiore agli altri.

Le cause predominanti sono anche altre. Sicuramente, una gran parte ha fatto il cambiamento dell’uso dei suoli e, principalmente, la conversione di habitat primari incontaminati in sistemi agricoli. Ma ci sono anche gli incendi e il bracconaggio legato al commercio illegale di animali o parti di essi, che ogni anno uccide migliaia di animali, appartenenti anche a specie protette e in declino.

Le specie in via di estinzione a causa di roghi e bracconaggio

Tra le vittime principali dei roghi, c'è senz’altro il koala (Phascolarctos cinereus) dell'Australia orientale. Questo marsupiale, un tempo abbondante nelle foreste di eucalipto del continente, è stato decimato dalla perdita di habitat, dovuta sia agli eventi climatici estremi degli ultimi anni che dagli incendi fuori dal comune. Dopo quelli drammatici dell’estate 2019/2020 in Australia, si stima che circa 60.000 koala abbiano subito gli effetti di questi eventi. Le peggiori perdite sono state a Kangaroo Island, con altre 40.000 koala potenzialmente colpiti.

Ma anche l’Opossum pigmeo di montagna (Burramys parvus), specie di marsupiale in rapido declino, sta pagando un elevato costo sempre a seguito dei roghi che hanno distrutto la metà della Kangaroo Island. Prima del disastro si stimava sull’isola la presenza di meno di 200 esemplari. Oggi la specie, in pericolo critico di estinzione, potrebbe essere ancora più prossima alla scomparsa.

Parlando invece di bracconaggio una delle vittime più a rischio è la tigre (Panthera tigris). In natura ne rimangono circa 3.900. Altra specie drammaticamente colpita è l’elefante di savana (Loxodonta africana) e quello di foresta (Loxodonta cyclotis). Entrambi sono stati inclusi nel 2021 per la prima volta nelle categorie di rischio più elevato nella lista rossa della IUCN, l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura.

Si stima che il bracconaggio uccida ogni anno circa 27.000 esemplari di elefanti africani (l'8% della popolazione mondiale) a causa del commercio illegale di avorio, alimentato dalla criminalità organizzata globale e incrementato dalla grande domanda proveniente dai paesi asiatici. Solo negli ultimi dieci anni, sono diminuiti di oltre il 20%.

Anche il rinoceronte è uno degli animali simbolo del drammatico impatto del bracconaggio, con numeri che indicano una situazione spaventosa. Tra l'Africa, dove vivono due delle 5 specie Lche esistono ancora in natura, il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum) e quello nero (Diceros bicornis) e l'Asia, dove ci sono le altre 3, il rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis), il rinoceronte di Giava (Rhinoceros sondaicus) e il rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis),  sopravvivono meno di 30.000 individui.

Solo il rinoceronte bianco sembra in leggera ripresa, con circa 20mila individui ad oggi, per via del maggior ruolo attribuito alle aree protette. Cosa che invece non riguarda il rinoceronte nero, che conta meno di 5.000 individui. La causa del rapido declino di queste specie è in primis il traffico illegale dei loro corni, usati dalle medicine tradizionali di Cina e Vietnam, ma anche come materia prima per la produzione di gioielli, bracciali e collane.

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Simona Sirianni
Giornalista
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