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8 Marzo 2022
8:58

8 marzo, l’esperta: «Il maltrattamento animale è un campanello d’allarme nei casi di violenza domestica e sulle donne»

Francesca Sorcinelli, fondatrice della zooantropologia della devianza e presidente dell'associazione Link-Italia, spiega quale sia la pericolosa e allarmante correlazione tra crudeltà e maltrattamenti sugli animali e violenze su donne e minori.

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Intervista a Dott.ssa Francesca Sorcinelli
Educatrice e presidente di Link-Italia, associazione dedicata al contrasto della violenza interpersonale
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Credit Pixabay

Animali feriti, torturati, uccisi per esercitare potere e controllo non solo sull’animale stesso, ma anche sulla persona che con quell’animale ha sviluppato un attaccamento e una relazione. È una strategia comune a moltissimi partner o ex partner violenti e abusanti che raggiunge molto spesso il suo scopo: terrorizzare la donna, devastarla psicologicamente e anche spingerla a restare nella relazione per timore delle ripercussioni sull’animale.

Un tema che assume ancora più rilevanza l'8 marzo, Giornata internazionale della donna e occasione per puntare i riflettori sulle discriminazioni e sulle violenze fisiche e psicologiche cui le donne devono far fronte su base quotidiana.

La correlazione tra violenza domestica, sulle donne e su minori, e violenza contro gli animali rientra nei campi di studio della zooantropologia della devianza, disciplina che sfrutta nozioni di criminologia, psicologia, sociologia della devianza, veterinaria forense ed etologia per studiare il fenomeno dei maltrattamenti di animali. La casistica conferma che nella stragrande maggioranza dei casi chi compie un atto di violenza o crudeltà verso gli animali potrebbe compierlo, o l’ha già compiuto, anche su esseri umani. E anche quando si parla di violenza domestica e violenza sulle donne questa correlazione emerge con chiarezza.

Gli studi e la letteratura che mettono in relazione la violenza sugli animali con quella sugli esseri umani, il cosiddetto “link”, sono ormai moltissimi, e in Italia una delle voci più autorevoli è Francesca Sorcinelli. Laureata in Scienze dell’Educazione ed educatrice professionale, è anche la fondatrice e presidente di Link-Italia, e ha già affrontato in numerose ricerche e studi il modo in cui il maltrattamento e l’uccisione degli animali sia «efficiente indicatore di pericolosità sociale». Quando si parla specificamente di violenza sulle donne si tratta quindi di un elemento fondamentale da prendere in considerazione per gestire situazioni che nei casi peggiori hanno esiti fatali, e di questo abbiamo parlato proprio con Sorcinelli.

Come si inserisce la violenza sugli animali nel quadro della violenza contro le donne?

La violenza e la crudeltà verso gli animali sono tratti specifici di pericolosità sociale. Inserite in un contesto domestico, se è il partner a esercitare questa violenza, è un campanello d’allarme per le donne e anche per minori. Il progetto Link Italia approfondisce proprio questo “link”, appunto, e cioè la crudeltà contro gli animali come indice di pericolosità sociale e di condotte come violenza domestica e stalking. Centinaia di casi che abbiamo trattato hanno dimostrato che in ambito domestico, in presenza di partner abusante, quest’ultimo spesso minaccia di ferire e uccidere, o ferisce e uccide, l’animale per instaurare un clima di terrore verso la donna o il minore di cui sta abusando.

Ci spieghi meglio questa correlazione

Quella di minacciare di ferire o uccidere gli animali domestici, o di mettere in pratica i propositi violenti, è una strategia predatoria  molto efficace. Spesso le donne non se ne vanno di casa per non lasciare l’animale in balia del partner abusante: il dato italiano è del 70%, e non tiene conto di un sommerso enorme. In Italia in particolare per le donne abusate è difficile raccontare anche questo aspetto delle violenze, ovvero il trauma e la devastazione psicologica derivanti dal vedere il proprio cane, gatto o animale domestico sottoposto a violenze o di saperlo a rischio di tortura o uccisione.

Che cosa blocca la denuncia di questi comportamenti?

Le donne spesso temono di non essere capite, di non venire prese sul serio quando parlano di violenze sui propri animali, e il rischio vittimizzazione secondaria è altissimo. Il partner o l’ex partner violento fanno leva sul rapporto che la donna ha con l’animale per esercitare potere e controllo, e la donna si convince ancora di più di non potere uscire da quella situazione. E spesso vi resta. Va invece sottolineato, come facciamo ormai da anni con Link, che la crudeltà e la violenza sugli animali sono appunto spie di pericolosità sociale e comportamenti che ricorrono con altissima frequenza nei casi di violenza domestica.

Link Italia ha appunto fatto un lavoro di raccolta dati finalizzato ad analizzare la correlazione tra maltrattamenti animali e violenza domestica. Che cosa è emerso?

Abbiamo visto che in situazioni in cui c’è un adulto che maltratta un animale in ambito domestico in presenza di donne e minori, quel maltrattamento è praticamente sempre una spia di futura violenza su donne e minori. Quando poi parliamo di un minorenne che maltratta un animale, spesso quel comportamento è espressione di una potenziale situazione di disagio, malessere o violenza vera e propria e deve subito far scattare la spia che potrebbe essere un minore a sua volta abusato. Questa condotta predatoria si basa su due assunti principali: maltrattare qualcuno di abbastanza piccolo da consentire di esercitare potere e controllo, ma abbastanza grande da soddisfare la pulsione sadica.

Alla luce del vostro lavoro, è chiaro che i protocolli operativi e di gestione di questi casi andrebbero rivisti tenendo conto anche di questo aspetto.

Assolutamente, ed è ciò che con Link ci prefiggiamo di fare. Sino a qualche anno fa la violenza su animali emergeva solo a domanda diretta, come detto le donne avevano molta paura di parlare di questo e spesso le domande dirette non venivano neppure fatte. Noi abbiamo spinto molto affinché venissero invece implementate nei protocolli. In generale in contesti di violenza domestica dove c’è l’animale in casa la violenza sull’animale è una costante che viene fuori in modo prepotente. E come detto le donne spesso non se ne vanno di casa per non lasciare l’animale in una condizione di rischio. La situazione poi si aggrava se il microchip dell’animale è intestato al partner abusante.

Con quanta frequenza assistete a casi di questo genere, in cui la donna si rifiuta di lasciare il partner abusante perché il rischio si proietta sugli animali?

Succede quasi sempre. E spesso purtroppo le donne hanno ragione, perché quando lasciano la casa scatta l’escalation e anche lo stalking con minacce o crudeltà sull’animale. L’obiettivo è distruggerla psicologicamente, e usare il rapporto e l’affetto con l’animale è un’arma estremamente potente. Il ferimento dell’animale inoltre non viene considerato grave quanto altre tipologie di maltrattamenti, ed è un ulteriore elemento che l’uomo abusante sfrutta. Noi stiamo cercando di abbattere questo muro e di spingere il sistema a dare risposte adeguate: mettere in protezione la donna, il minore e l’animale, prendere sul serio una donna che denuncia situazioni di questo genere, formare i professionisti che si fanno carico di queste situazioni, dagli inquirenti agli assistenti sociali.

Come gestire allora il caso di una donna che vuole uscire da una situazione di violenza, ma teme le ripercussioni sull'animale?

Innanzitutto ci vogliono strategie ad hoc che prevedano la messa in protezione degli animali e delle donne. Io sono educatrice professionale e dal 2005 lavoro con i minori, oltre a collaborare con le associazioni che si costituiscono parti civili in casi di violenza e maltrattamento su animali in casi portati in tribunale. Ho esperienze con case famiglia e comunità e mi scontro quotidianamente con le difficoltà rappresentate dall’accoglienza degli animali domestici. Negli Stati Uniti hanno cercato di risolvere la situazione creando rifugi per animali vittime di violenza domestica o rifugi dove le donne possono portarsi gli animali, ma noi siamo in Italia, e in comunità si lavora in situazioni estreme, con personale al minimo e tensioni enormi. Le strutture non sono minimamente pronte, servono risorse per costruirne di adeguate e formare il personale, serve una maggiore consapevolezza e conoscenza della materia e un'azione tempestiva con le giuste modalità.

Quali iniziative avete messo in campo per contribuire in modo concreto e operativo alla gestione di questi casi?

Come Link Italia abbiamo cercato di creare una rete di famiglie affidatarie che possano ospitare gli animali, si tratta di famiglie con indirizzo segreto che danno disponibilità a occuparsi degli animali per il tempo necessario e abbiamo già ospitato più di un animale. Chiaramente ci sono diverse difficoltà: prendersi cura di un animale richiede dispendio economico e di energie, e dal punto di vista emotivo non è semplice chiedere a qualcuno di tenerlo con sé magari per un anno e poi restituirlo. Il progetto Link italia ha ispirato inoltre progetti finalizzati a tradurre in pratiche operative quanto appreso.

Di che progetti si tratta?

Il primo è la nascita nel 2018 del progetto Domina, l’istituzione di un nucleo antiviolenza da parte della polizia locale di Cento dedicato a donne, minori e animali. Si tratta di un nucleo fortemente voluto dalla polizia locale, la cui referente è l’assistente capo Michela Bosi, che ha ricevuto il sostegno ufficiale della Regione Emilia Romana e che affronta la violenza a 360 gradi. Il secondo progetto è una ulteriore evoluzione di Domina, ed è la Casa dei buoni, il primo rifugio per donne e minorenni con al seguito animali. È stato inaugurato nel 2021, si tratta del primo rifugio Link a indirizzo segreto per donne e minorenni con animali al seguito, un appartamento che può accogliere una donna con uno o più animali o una donna, un minore e animali. È gestito dall’associazione Volunteers VS Violence APS, di cui è presidente Massimo Perrone.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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