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25 Novembre 2022
9:28

Donne vittime di violenza: i loro animali maltrattati esclusi dal sistema di accoglienza

Sono 54mila le donne che secondo l'Istat hanno contattato almeno una volta i Cav, ma poco più di 30mila hanno effettivamente iniziato il percorso di uscita dalla violenza. Tra le donne escluse spesso ci sono anche quelle che si allontanano da casa insieme ai loro animali domestici, spesso impossibilitati a entrare nelle strutture di accoglienza.

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Sono 54.609 le donne che nel 2020 hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza, 3.964 in più rispetto al 2019. È quanto emerge dal rapporto "Il sistema di protezione per le donne vittime di violenza" diffuso lo scorso maggio dall'Istat, l'Istituto Nazionale di Statistica.

Seppure molto più lentamente, insieme alla domanda è cresciuta anche l'offerta di strutture dedicate all'accoglienza delle donne vittime di abusi: nel 2020 è stata infatti ampliata l’offerta di servizi sia dei Centri antiviolenza, noti come CAV, sia delle Case rifugio per le donne maltrattate.

È proprio ad una di queste strutture della città di Roma che nel dicembre 2021 si è rivolta Sara* dopo aver abbandonato la casa che condivideva con il compagno violento. Una volta giunta davanti alla porta del Cav, tuttavia, le è stato risposto che l'avrebbero accolta volentieri ma senza i due Labrador che erano con lei.

Gli animali erano troppo grandi e le regole del Centro non ne consentivano l'ingresso. Per Sara è una doccia fredda, una nuova violenza dopo la violenza. A dare voce a quanto le è accaduto è stata Loredana Pronio, ex delegata agli animali della giunta guidata da Virginia Raggi e presidente dell'associazione animalista FederFida Onlus.

«Sara è riuscita ad allontanarsi dal compagno violento, evitando di abbandonare i suo animali ma senza il supporto del Centro – racconta Pronio a Kodami – Sara e le donne come lei non lasciano solo un uomo e la casa, spesso devono dare un taglio alla vita precedente. In questo contesto è crudele infliggere loro un'ulteriore violenza costringendole a separarsi dagli affetti più cari».

Sara è una "sopravvissuta", adattamento dall'inglese del termine anglofono survivor usato per indicare le persone che dopo gli abusi si sono allontanate dal carnefice, riuscendo contemporaneamente a riprendere in mano la loro vita. Il passaggio da vittima a sopravvissuta non è però solo semantico, ma reale e tangibile, e spesso inizia con il supporto di una struttura specializzata.

Secondo l'Istat, delle oltre 54mila donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza, poco più di 30mila hanno effettivamente iniziato il percorso di uscita dalla violenza. Tra coloro che dopo i primi contatti si sono viste sbarrare le porte dei Cav ci sono anche donne lasciate fuori perché accompagnate da animali domestici. Tuttavia su di loro non esistono dati raccolti dall'Istat.

Per condurre le sue indagini, l'Istat usa indicatori specifici e per i report dedicati alla violenza sulle donne fornisce definizioni precise di quali sono le manifestazioni d'abuso. Accanto alla violenza fisica, sessuale, economica e allo stalking, le statistiche prendono in considerazione anche la violenza psicologica.

Tra le forme di intimidazione psicologica sono compresi ricatti e minacce nei confronti dei figli, delle persone care e anche degli animali.  «Quando il carnefice non si può più rivalere più sull'oggetto del suo odio ecco che colpisce tutto ciò che rappresenta la sua vittima e gli animali di famiglia spesso sono i primi a pagare questo prezzo. Molti casi però sono sottaciuti perché quasi nessuno se ne occupa realmente, e passano ancora più sotto silenzio se la vittima non è italiana», dice Pronio.

È il caso di Mara, una donna transessuale costretta ad abbandonare l'Italia nel giro di poco tempo per tornare in Brasile: «Mara è stata costretta ad andare via senza riuscire a portare con sé il suo cane, che è rimasto con il suo ex compagno a Torino. Non passava giorno senza che lui le inviasse video in cui prendeva a calci e seviziava il suo cagnolino. Sono immagini che ho visto anche io e che, attraverso una denuncia da me presentata a Roma, sono arrivate alle Forze dell'Ordine di Torino. Ora il cane è al sicuro, ma queste azioni sono un campanello d'allarme da non sottovalutare».

La quota di donne straniere tra quelle ospitate in Casa rifugio rimane alta, il 67% nel 2020 dal 65% nel 2019, fa sapere l'Istat.

Femminicidio e violenza sugli animali

Il maltrattamento animale come spia di pericolosità sociale è una realtà segnalata più volte dalla comunità scientifica e anche dalle Forze dell'Ordine. I Carabinieri, in particolare, hanno messo in relazione diretta il maltrattamento animale con la violenza di genere: «La violenza su animali è spesso parte integrante di altri crimini; non è infrequente, infatti, che partner violenti si trovino a minacciare la loro compagna o ad aggredire il suo animale domestico, utilizzando questo metodo per indurla a non abbandonare il tetto coniugale. (È un fenomeno che negli Usa si verifica tra il 25% e il 50 % dei casi, mentre in Italia si sale al 65% dei casi)», hanno spiegato il maggiore Stefano Testa e il brigadiere capo Rossano Tozzi.

Anche un recente fatto di cronaca mostra come per i carnefici esista un legame diretto tra la donna di cui abusano e il loro animale. È il caso del femminicidio dell'ottantenne Tina Boero, colpita alla gola dal marito nell'aprile 2021. L'uomo dopo aver messo fine alla vita della moglie si è accanito sul cane di lei, Luna, uccidendola.

Per il marito Tina e Luna erano una sola cosa e alla morte dell'una doveva seguire la soppressione dell'altra. L'esistenza di questo perverso meccanismo di rivalsa è percepito chiaramente da molte delle donne che non accettano di lasciare cani e gatti con uomini violenti.

«Una volta capito questo – dice Pronio – mi chiedo come mai si fatichi ancora ad accettare l'idea che una persona violata non voglia essere separata dai suoi affetti vivi. Purtroppo le istituzioni rimandano sempre il momento di confronto che potrebbe portare all'apertura di una struttura dedicata ad accogliere le donne con animali».

Un dossier che Pronio avrebbe potuto fare arrivare sul tavolo del Comune di Roma durante la sua esperienza come delegata agli animali, carica dalla quale si è dimessa nel 2020: «Da quando l'allora sindaca Virginia Raggi mi conferì l'incarico non l'ho più incontrata, dimostrando un disinteresse totale per tutto ciò che concerneva il benessere animale e non solo».

«Oggi mi appello al nuovo sindaco Roberto Gualtieri, perché per gli animali c'è molto da fare, ma ancora di più per gli animali insieme alle persone: un binomio che fa ancora fatica a entrare nel dibattito pubblico, persino quando si parla di violenza di genere».

*Nome di fantasia per proteggere l'identità della sopravvissuta

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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