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21 Settembre 2023
18:43

Se è vero che alcune specie animali si estinguono, è possibile che nuove specie nascano?

Estinzione e speciazione sono fenomeni da sempre presenti in tutta la storia evolutiva della vita sul pianeta Terra: ogni specie che nasce è destinata a mutare, evolversi ed inevitabilmente estinguersi dopo un lasso di tempo più o meno lungo. Ogni giorno, però, si creano i presupposti per la nascita di una nuova specie.

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Ogni specie che nasce è destinata a mutare, evolversi ed inevitabilmente estinguersi dopo un lasso di tempo più o meno lungo: ogni giorno si creano i presupposti per la nascita di una nuova specie e la fine di un'altra. Estinzione e speciazione sono fenomeni da sempre presenti in tutta la storia evolutiva della vita sul pianeta Terra, i cui tassi sono solitamente costanti e bilanciati, fatta eccezione per eventi straordinari come le estinzione di massa e le conseguenti radiazioni adattative.

L'estinzione è la scomparsa di una determinata specie o di un intero gruppo di organismi attraverso la morte del suo ultimo esemplare. Una specie, però, può essere considerata funzionalmente estinta anche prima della morte del suo ultimo membro se la popolazione è troppo ridotta e perde la capacità di riprodursi in maniera sufficiente da riprendersi. Esistono diverse cause che possono portare alla fine di una specie e spesso vi sono più fattori che influenzano questo processo contemporaneamente. La causa principale sta nell’inevitabile iperspecializzazione di una specie: una sorta di paradosso evolutivo che porta un animale a diventare perfettamente adattato a determinate condizioni, impedendogli di “riadattarsi” nel momento in cui queste cambiano. Molte specie si stanno estinguendo tutt’oggi e negli ultimi secoli sono tante quelle già scomparse: dai celebri dodo ai tilacini, molte specie di tigri e rinoceronti, uccelli come il piccione migratore americano o anfibi come il rospo dorato. Questi animali non sono scomparsi secondo un pattern naturale, ma a causa diretta o indiretta dell’azione umana, in quella che è a tutti gli effetti la sesta estinzione di massa.

La speciazione, d’altro canto, è un processo evolutivo grazie al quale si formano nuove specie a partire da quelle già esistenti. Si tratta di un fenomeno estremamente complesso che può avvenire in diverse modalità ed essere a sua volta influenzato da diversi fattori. I due motori dell’evoluzione, che portano alla speciazione, sono la selezione naturale e la deriva genetica, ovvero la componente casuale grazie alla quale un allele diventa più o meno comune, avvengono e si fissano determinate mutazioni. Una mutazione può essere fissata se conveniente o neutra rispetto alla vita dell’organismo, mentre la selezione naturale tenderà a “punire” gli organismi che presentano mutazioni dannose o svantaggiose. Quando una sottopopolazione di una determinata specie accumula sufficienti mutazioni da separarsi geneticamente dal resto della popolazione si può considerare l’origine di una nuova specie. Esistono diversi esempi di recenti speciazioni avvenute nel nostro paese, come la lucertola azzurra di Capri, rimasta isolata sui faraglioni, e il geco comune, che secondo studi recenti si potrebbe separare in due popolazioni distinte.

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illustrazione di dodo (Raphus cucullatus)

Perché le specie si estinguono?

Le cause dell’estinzione di una specie possono essere molteplici e spesso sono più fattori combinati. Per poter capire cosa porta una specie a scomparire è però importante capire in che direzione si evolve. Non è possibile affermare che una specie sia più evoluta di un’altra, queste semplicemente si adattano, attraverso la selezione naturale, per essere meglio compatibili con l’ambiente che abitano. Le famiglie di animali nascono generalmente con specie di piccola taglia e abitudini generaliste: non sono adattati ad un clima o habitat specifico e la loro dieta è piuttosto varia. Questo è un vantaggio perché consente loro di sopravvivere in diversi ambienti ed espandere il proprio areale. Nei secoli, la selezione naturale spingerà una determinata popolazione ad adattarsi sempre di più alle specifiche condizioni dell’area in cui vive, generando animali sempre più specializzati e quindi competitivi per quell'area: i cosiddetti specialisti. La variabilità genetica degli specialisti diventa necessariamente inferiore rispetto alle specie generaliste di partenza, proprio perché sono state selezionate caratteristiche ben precise da cui è molto difficile tornare indietro. Ecco il paradosso dell’evoluzione: quando una specie diventa iperspecializzata sarà molto competitiva in determinate condizioni, di un dato habitat, nutrendosi di una specifica fonte di cibo, ma nel momento in cui queste condizioni variano sarà impossibile per lei riadattarsi, diventando vulnerabile all’estinzione.

Ovviamente questa è una semplificazione di come un processo complesso come l’evoluzione preveda naturalmente la scomparsa delle specie, ma ci consente di capire meglio in che modo fenomeni come un mutamento improvviso dell'ambiente, la riduzione o perdita dell’habitat, o ancora l’introduzione di specie aliene che possano alterare l’equilibrio o occupare determinate nicchie ecologiche, andando in competizione con una data specie, possano essere facilmente causa di estinzione.

L’introduzione di specie aliene per effetto diretto o indiretto dell’uomo, ad esempio, può creare enormi squilibri: in uno scenario dove i cambiamenti climatici e la deforestazione mettono già a dura prova la sopravvivenza degli animali, l’introduzione di un competitore più aggressivo per le risorse di cibo e per lo spazio, o anche di un un predatore laddove non era presente, mina seriamente la sopravvivenza delle specie autoctone. Un esempio classico è quello del dodo (Raphus cucullatus), un uccello attero, ovvero con le ali atrofizzate e inadatte al volo, endemico delle isole Mauritius, estinto nel XVII secolo. I progenitori di questo animale, appartenente alla stessa famiglia dei piccioni, sono verosimilmente arrivati sulle isole volando e, una volta stabilitisi su quella che era una terra priva di predatori, sono andati incontro al fenomeno evolutivo dell’atterismo secondario, ovvero hanno perso con l’evoluzione la capacità di volare che, non dovendo scappare da alcun pericolo, risultava inutile ed energeticamente dispendioso. Quando gli esploratori sono giunti sulle isole portando cani e ratti si sono trovati di fronte una specie adattata a vivere senza la paura dei predatori, il che li rendeva facili da catturare, e con nidi costruiti sul suolo, facili per cani e topi da depredare. Il dodo non era un animale stupido, era semplicemente una facile preda, adattata a vivere in un ambiente stravolto dalla presenza umana. La caccia indiscriminata e la perdita delle uova ha portato rapidamente la specie all’estinzione.

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illustrazione di quagga (Equus quagga quagga)

Un altro esempio più recente è quello del quagga (Equus quagga quagga), sottospecie della zebra delle pianure che viveva in Sudafrica, estinto nel 1883. Era un animale facile da cacciare, decimato, prima dai coloni olandesi e poi dagli Afrikaner, sia per la carne sia per le pelli. Ad accelerare la sua scomparsa hanno contribuito anche la distribuzione geografica limitata e la competizione per il pascolo con il bestiame dei coloni. O ancora il tilacino, o tigre di Tasmania (Thylacinus cynocephalus), predatore marsupiale estinto nel 1936 sempre a causa della caccia, della riduzione dell’habitat e dell’introduzione da parte dell’uomo dei dingo con cui è andato in competizione. L’ultimo esemplare conosciuto, Benjamin, è morto in cattività nello zoo di Beaumaris, a Hobart, in Tasmania.

Una specie viene considerata funzionalmente estinta quando la sua popolazione non è in grado di riprendersi: esemplare è il caso del rinoceronte bianco settentrionale (Ceratotherium simum cottoni), considerato estinto in natura, di cui sopravvivono solo due femmine, monitorate da una scorta di uomini armati giorno e notte. Nonostante i vari tentativi di salvare la specie tramite l’ingegneria genetica, ad oggi non ci sono stati successi. I corni di rinoceronti possono arrivare a costare più di una partita di droga e i cacciatori sono disposti a tutto pur di guadagnare grazie al mercato nero, fomentato dalla medicina tradizionale e dalle antiche credenze secondo cui i corni di questi animali possano curare i tumori o diventare potenti afrodisiaci. Ed è così che molte sottospecie di questi animali sono state decimate fino all'estinzione. Il rinoceronte bianco meridionale (Ceratotherium simum simum) è, tra i rinoceronti, la specie meno minacciata ad oggi, ma non per questo fuori pericolo: all’inizio del secolo scorso ne erano rimasti appena una quarantina, ma nel 2012 avevano superato i 20 mila esemplari. Le ultime stime sono tornate intorno ai 16 mila individui a causa dell’aumento del bracconaggio.

Oggi l’azione umana è la principale causa di estinzione delle specie animali e vegetali del nostro pianeta e non colpisce solo specie fragili: il piccione migratore (Ectopistes migratorius) del Nord America  ne è un esempio. Quando i coloni europei giunsero in America, questa era probabilmente la specie di uccello più numerosa al mondo, con una popolazione globale che verosimilmente contava diversi miliardi di individui. Anche in questo caso la caccia indiscriminata è riuscita a far scomparire la specie all’inizio del XX secolo. Gli studi parlano di una vera e propria estinzione di massa causata dalla nostra specie, paragonabile ad eventi catastrofici come quelli che hanno estinto i dinosauri milioni di anni fa. Per estinzione di massa si intende, infatti, un periodo geologicamente breve durante il quale vi è un anomalo squilibrio dell'ecosistema terrestre, causato da eventi climatici estremi o cataclismi come l’impatto di un meteorite, con la conseguente scomparsa di oltre la metà delle specie viventi, il 97% nel caso dell'estinzione del Permiano, la più grave mai accaduta. Il tasso di estinzione in questi eventi è infatti sorprendentemente alto e non paragonabile al naturale equilibrio tra eventi di estinzione e speciazione.

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illustrazione di tilacino (Thylacinus cynocephalus)

La scomparsa di una determinata specie, poi, nel caso in cui avesse un ruolo chiave nel mantenere l’equilibrio dell’ecosistema (cosiddette key species), può avere un effetto a cascata sulle altre: senza grandi predatori al vertice della catena trofica come squali o lupi, ad esempio, le popolazioni di erbivori si riprodurrebbero senza controllo, andando a consumare poi tutte le risorse disponibili, saturando l’ecosistema e portandolo al collasso.

Come nascono nuove specie

Il processo di speciazione è quello che, invece, porta alla formazione di nuove specie a partire da quelle preesistenti. Nel caso degli animali parliamo di divergenza adattativa, che consiste in uno sviluppo graduale e in tempi lunghi che avviene contemporaneamente all'isolamento riproduttivo, sotto la spinta della deriva genetica o della selezione naturale. Nelle piante, a causa di una diversa genetica, la speciazione può essere anche rapida e improvvisa, come nel caso di individui che nascono con corredo cromosomico poliploide, cioè con un numero maggiore di cromosomi.

Le popolazioni globali di ogni specie possono essere suddivise in più sottopopolazioni, i cui individui possono passare da una sottopopolazione all’altra favorendo il ricambio genetico. Un po’ come se alcuni cittadini di un villaggio si trasferissero in un un altro mettendo su famiglia altrove. Tutti gli organismi, come dicevamo anche prima, possono avere delle mutazioni casuali a livello genetico e queste si fisseranno nella popolazione solo se vantaggiose o neutre, quelle negative saranno eliminate (tramite la morte del portatore) per effetto della selezione naturale. Fin quando le diverse popolazioni restano interconnesse da flusso genico la specie resta unica, ma nel momento in cui una piccola popolazione resta isolata gli scenari possibili sono due: se troppo piccola può andare incontro ad estinzione, altrimenti può accumulare diverse mutazioni nei secoli fino a diventare incompatibile con la specie d’origine.

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una lucertola azzurra di Capri (Podarcis siculus coeruleus)

Lo scenario più semplice da immaginare è quello della speciazione allopatrica, ovvero di quando due popolazioni restano isolate in territori differenti da una barriera geografica, interrompendo il flusso genico tra loro e portando alla diversificazione in due specie distinte. L'isolamento geografico può essere legato sia alla presenza di barriere naturali preesistenti come montagne, deserti, mari e fiumi, sia essere il risultato di una modificazione ambientale come l’innalzamento del livello del mare, la deviazione di un corso d'acqua o la costruzione di una barriera artificiale. Le due popolazioni, seppur della stessa specie, si trovano in condizioni differenti che favoriranno la selezione di tratti differenti. Quindi, se queste restano geneticamente isolate per un periodo sufficientemente lungo, nel momento in cui dovessero incontrarsi di nuovo non sarebbero più in grado di incrociarsi tra loro decretando la differenziazione della specie.

In molti casi prima di diventare una specie separata a tutti gli effetti, la popolazione isolata quando è già diversa da quella originaria ma ancora geneticamente compatibile viene considerata una sottospecie. Un caso recente di speciazione allopatrica che è ancora in corso oggi è quello della lucertola azzurra (Podarcis siculus coeruleus): una sottospecie della lucertola campestre endemica dei Faraglioni di Capri. Queste lucertole sono rimaste isolate sui celebri scogli e si sono evolute in risposta alle nuove condizioni ambientali. La ristrettezza geografica del loro areale e l’impossibilità di raggiungere la terraferma per accaparrarsi nuove risorse ha favorito la selezione dell’aggressività, soprattutto nei maschi, i quali nel periodo della riproduzione sono soliti azzuffarsi. La loro caratteristica più evidente, il colore azzurro carico, pare sia legata all’aggressività e alla competizione: si tratta di una forma di melanismo, ovvero l’inscurimento della pelle, che, secondo alcuni scienziati, potrebbe facilitare la termoregolazione permettendo a questa lucertola di cominciare a cacciare gli insetti prima rispetto alla popolazione di origine.

L’isolamento di una sottopopolazione non deve essere necessariamente geografico, questa potrebbe anche occupare una nicchia biologica differente o adattarsi a nicchie temporali diverse. Un recente caso studio è quello del geco comune (Tarentola mauritanica), che ha una notevole varietà di colori, che vanno dal chiaro allo scuro. L’ipotesi dei ricercatori è che gli esemplari più scuri siano meglio adattati al mimetizzarsi sulle cortecce degli alberi e preferiscano cacciare di giorno, mentre quelli chiari caccino di sera sui muri delle case. Questo potrebbe col tempo portare ad un isolamento temporale tra i due gruppi ed eventualmente ad una speciazione. Gli studi sono stati pubblicati su Biological Journal, ma le ricerche in merito non sono concluse.

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un geco comune dalla pigmentazione scura (Tarentola mauritanica)

Quando si liberano molte nicchie ecologiche, ad esempio dopo un evento di estinzione di massa, può verificarsi una radiazione adattativa, un fenomeno di rapida diversificazione (in termini geologici) di nuove specie a partire da uno o pochi progenitori comuni. Da un’unica specie, quindi se ne possono generare diverse, ognuna adattata ad occupare una specifica nicchia ecologica. L'esempio più noto è quello che ha visto la rapida evoluzione e differenziazione dei mammiferi placentati in seguito all'estinzione del Cretaceo, avvenuta circa 66 milioni di anni fa in seguito all’impatto con un meteorite e che ha spazzato via il regno dei dinosauri. I mammiferi sono passati in tempi relativamente rapidi da piccoli animali insettivori in organismi complessi e di forme varie, dai pipistrelli alle balene, dai leoni ai primati, occupando tutte le nicchie ecologiche lasciate libere dalla precedente estinzione.

Un altro esempio è quello dei fringuelli delle Galàpagos, osservato da Charles Darwin nel suo viaggio: le quattordici specie trovate sulle isole, infatti, presentavano diverse caratteristiche simili, facendo ipotizzare al biologo britannico che avessero un unico antenato comune, proveniente dal continente.

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Yuri Digiuseppe
Redattore
Classe '94, appassionato di animali e scienze sin da piccolissimo, sono un naturalista di formazione, specializzato in paleontologia e divulgazione. Mi è sempre venuto spontaneo spiegare agli altri le bellezze della natura e passare intere giornate ad osservare piante e animali di ogni tipo ovunque andassi, per poi tornare a casa e disegnarli. Vorrei contribuire ad avvicinare il pubblico all'ambiente ed essere parte di una ritrovata armonia uomo-natura, per il bene e la salvaguardia di ogni specie.
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