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30 Agosto 2023
10:25

Possono multarmi per aver dato da mangiare a un cane randagio?

I sindaci si ostinano a emanare divieti, ma offrire cibo e acqua ai cani randagi è un atto assolutamente legittimo, come conferma la giurisprudenza. Ci sono casi particolari però in cui si può essere multati.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
cane randagio

Purtroppo ancor oggi capita spesso che dei cittadini vengano multati per aver offerto del cibo a uno o più cani randagi. Infatti, si susseguono, su tutto il territorio nazionale, ordinanze sindacali che sanzionano, anche pesantemente, questo comportamento semplicemente generoso e di sensibilità verso il benessere degli animali liberi.

Proprio di recente, per citare un caso concreto, la stampa ha dato ampio risalto a un’ordinanza emanata dal sindaco di Castelbuono che vieta di sfamare cani, gatti ma anche uccellini in strada, con sanzioni che possono arrivare sino a 500 euro. Il provvedimento è stato subito contestato e le associazioni di tutela degli animali hanno promesso immediate impugnazioni.

Si può vietare di dare da mangiare ai randagi?

Sebbene, come appena accennato, i sindaci si ostinino a emanare dei provvedimenti con i quali vietano di offrire cibo e acqua ai cani randagi, va subito precisato come simili atti risultino assolutamente (e ormai pacificamente) illegittimi.

In tal senso si è espressa più volte la giustizia amministrativa. Per fare soltanto alcuni esempi:

  • Nel 2010 il Tar Veneto Venezia, con la propria Sentenza n. 6045 ha ritenuto illegittima l’ordinanza con la quale un sindaco, al fine di tutelare la salute e l’igiene pubblica e, in particolare, di evitare rischi epidemiologici e di degrado degli spazi aperti, derivanti dal numero elevato di randagi (in tale circostanza gatti, ma il concetto è perfettamente sovrapponibile al randagismo canino) presenti nel territorio comunale, ha vietato a tutta la popolazione locale di offrire qualsiasi alimento ai gatti randagi, anche solo saltuariamente. Il Tar ha altresì avuto modo di chiarire che la legge regionale veneta in materia stabilisce che gli unici interventi consentiti per fronteggiare una presenza massiccia di animali randagi sono il controllo delle nascite, l’allontanamento in altre zone e la soppressione degli animali qualora essi siano incurabili, ma lo stesso si può dire per la normativa nazionale. Il divieto sindacale, rivolto alla popolazione tutta di offrire alimenti ai gatti randagi, anche saltuariamente, appare in contrasto sia con legge regionale sia con la legge n. 281 del 1991 dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali da affezione;
  • Con Sentenza n. 753 del 2012 anche il Tar Marche Ancona ha ritenuto illegittimo il divieto, imposto dal comune di somministrare alimenti a cani e gatti randagi con contenitori sulle aree pubbliche;
  • Con Sentenza n. 525 del 2012 il Tar Puglia ha rilevato che: «nessuna norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi in cui essi trovano rifugio”. “Inoltre, il divieto di deporre alimenti per la nutrizione dei randagi o che comunque vivano in libertà contrasta con l’art. 2 della l. n. 281/91. Dunque, “il divieto sindacale, rivolto alla popolazione locale tutta, di offrire alimenti agli animali randagi appare in contrasto sia con la legge regionale sia con la legge quadro nazionale n. 281/91, dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali d’affezione»;
  • Anche la più recente Ordinanza n. 958 del 2018 del Tar Campania ha ritenuto illegittimo il divieto di alimentare i cani randagi, atteso che gli stessi «rischierebbero di morire di inedia per la mancata somministrazione di cibo in luoghi pubblici».

Insomma, i nostri Giudici amministrativi hanno chiaramente fatto comprendere ai sindaci come il randagismo sia un fenomeno che va gestito con serietà attraverso le sterilizzazioni e i controlli sul territorio. Risulta illegittimo tentare di arginare il fenomeno affamando animali che non hanno nessuna colpa in ordine alla propria condizione di abbandono da parte dei cittadini e delle istituzioni. Ad avviso di chi scrive, inoltre, simili ordinanze, oltre ad essere totalmente inutili, possono integrare seri reati quali la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, il maltrattamento di animali e, nei casi estremi, anche l’uccisione di animali.

In quali casi si può essere multati?

Detto della generale illegittimità dei provvedimenti di divieto di alimentare i randagi, occorre precisare come la stessa debba essere comunque fatta dichiarare dai competenti giudici amministrativi, anche perché ogni caso concreto presenta delle sue concrete peculiarità. Diversamente i provvedimenti, anche sanzionatori, rimangono in piedi e sono validi. Sta dunque ai cittadini, e alle associazioni di tutela degli animali, che hanno maggiori capacità di spesa, attivarsi e contrastare le decisioni in discorso.

Prima di concludere, va anche detto che le persone, quando con benevolenza offrono cibo ai randagi, sono tenute ad adottare alcuni semplici accorgimenti al fine di evitare altre sanzioni (queste sì, perfettamente valide). Per fare un esempio, non ci si può limitare a gettare del cibo sul suolo pubblico o nella proprietà altrui, così come non si possono lasciare sui marciapiedi o sulle strade i contenitori del cibo offerto (sporchi degli avanzi).

La sopra citata ordinanza del Tar Campania evidenzia proprio l’illiceità e la punibilità di queste azioni. Il Tribunale amministrativo campano ha ben chiarito come il deposito di cibo per i randagi, di per sé lecito, debba avvenire «attraverso l’uso di appositi contenitori ed a condizione che gli stessi vengano successivamente rimossi a cura degli stessi cittadini che hanno somministrato il cibo, costituendo tale successivo adempimento un loro preciso obbligo, oltre che conforme al comune senso civico».

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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