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12 Novembre 2021
10:19

L’umore del cane, come riconoscere il suo stato d’animo e cosa fare quando è “arrabbiato”

Anche il nostro cane può provare emozioni e sentimenti negativi paragonabili all'essere arrabbiato. L'umore negativo può essere causato da diversi fattori, ma scopriamo quindi come capire e soprattutto cosa fare e non fare quando il cane è arrabbiato.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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In tanti anni da istruttore cinofilo mi sono sentito rivolgere spesso questa domanda: «Il mio cane ha dei comportamenti strani; lei crede che sia arrabbiato con me?». Essere arrabbiati con qualcuno non significa strettamente provare rabbia ma vivere una condizione emozionale negativa a causa di qualcun altro. Una condizione interiore che implica psicologicamente la recriminazione. Spesso si accusa e si attribuiscono le responsabilità di ciò che si sta vivendo a qualcuno a noi vicino.

Sia noi che il cane siamo esseri sociali ma abbiamo un modo diverso di intendere le relazioni. Ad esempio, noi umani siamo spesso arrabbiati con il cane o più in generale con chi ci sta accanto. Il cane invece pur provando stati di rabbia temporanei non è mai arrabbiato con noi.

Ci siamo mai chiesti davvero cosa volesse dire la frase: il cane è il migliore amico dell’uomo? L’argomento che stiamo affrontando ci offre a questo punto la possibilità di comprendere una parte importante del significato di questa frase comune. Il cane si relaziona con noi in modo molto profondo senza mai colpevolizzarci. Ci ama, ci è fedele, proprio perché non avanza nei nostri confronti alcuna pretesa. Non ci ritiene colpevoli di una sua determinata condizione. Questo, non perché non sia in grado di rintracciare cognitivamente le cause di ciò che vive. Il cane è dotato di un’ intelligenza sociale che lo rende capace di vivere le relazioni affettive ed affiliative su un piano radicalmente diverso dal nostro, in cui difficilmente riusciamo ad immedesimarci. La fedeltà, caratteristica sociale di cui il cane è simbolo, si fonda proprio sulla sua incapacità di non essere mai arrabbiato nei nostri confronti e sul non prendere in considerazione la possibilità di giudicarci. Questo non vuol dire che all’interno della relazione non sia capace di provare stati di rabbia verso di noi o peggio ancora di aprire situazioni relazionali competitive e conflittuali.Vive con grande profondità la relazione senza giudizi morali e aspettative.

Perché mi ringhia? È arrabbiato?  

Le cause per cui il nostro cane ci ringhia possono essere tante. Attenzione però, questo non vuol dire necessariamente che sia arrabbiato con noi. È molto probabile, invece, che ci minacci perché spaventato. Le cause di questo comportamento conflittuale andrebbero ricercate nell’ambiente e rintracciate nel modo errato ed inadeguato che abbiamo di comunicare con lui. Quindi, quando il cane ci ringhia e minaccia, non dobbiamo pensare che sia arrabbiato con noi, quanto piuttosto che ci voglia tenere lontani perché, in quel momento, non riusciamo a capirlo. Non si tratta di minimizzare l’accaduto ma stimolare la comprensione profonda di  quello che il cane sta vivendo. Studiare la comunicazione del cane rappresenta la base di garanzia per non incappare in questi fraintendimenti. Saper comunicare correttamente con lui vuol dire riportare le situazioni alla calma e riuscire ad emergere come sostegno e non come elemento di ulteriore difficoltà.

Perché mi evita? È arrabbiato?

A volte i cani ci evitano quando ci sentono nervosi. Abbiamo discusso a lavoro, affrontato una lite con un partner, sostenuto un confronto animato con un figlio o siamo incappati in un contenzioso con il vicino di casa. I cani notano molti particolari della nostra comunicazione non verbale.  Le frequenze della nostra voce cambiano quando c’è qualcosa in noi che non va. Ci muoviamo, manipoliamo oggetti, facciamo le cose in modo diverso, visibile spesso solo in alcune sfumature, a seconda dello stato emozionale che stiamo vivendo. Il cane, essendo un animale sociale molto evoluto, ci fa lo scanner ed è capace con la sua sensibilità di riconoscere i momenti in cui non siamo in sintonia con la sfera sociale. Se in questi casi ci evita non vuol dire assolutamente che sia arrabbiato con noi. Sta saggiamente scegliendo una strategia di evitamento, in attesa che il nostro tono dell’umore torni ad essere disteso. Anzi, se impariamo ad osservare il cane e ad attribuire il significato giusto ai suoi comportamenti, potremmo farci guidare da lui per tornare in equilibrio.

Perché non vuole che mi avvicini mentre riposa? È arrabbiato?

Ci sono dei cani che quando si sentono stanchi o annoiati si appartano, si ritirano o meglio si acciambellano e non hanno alcuna voglia di essere disturbati. Se non capiamo e rispettiamo questa loro esigenza li indurremo a ringhiare e a rendere esplicita la minaccia, rischiando di aprire un vero e proprio conflitto relazionale.

Il cane che si apparta, o si isola mentalmente, probabilmente sta manifestando un disagio non necessariamente legato alla specifica circostanza. Il motivo alla base è la combinazione di due fattori: il carattere e una mancanza strutturale di intesa con la famiglia. Seppure non è una situazione bella, di sicuro continuare ad insistere nel violare il suo spazio di privacy, fino a costringerlo a mordere, non migliorerà le cose. Non lo fa perché è arrabbiato ma perché tecnicamente sta slittando uno stato negativo, emozionale o fisico, in uno stato mentale di possesso e di difesa della propria intimità. Cosa fare? Innanzi tutto prenderne atto e fargli capire che quando vive questi momenti deve distanziarsi dalla zona sociale e mettersi sulla sua cuccia. Questa dovrebbe essere collocata in un punto che non sia di passaggio, che non sia anche il nostro luogo di riposo (letto o divano) e dove nessuno possa disturbarlo, nemmeno accidentalmente. Capirlo e metterlo nelle condizioni di non diventare conflittuale è la base di partenza per affrontare il problema. Sentendosi rispettato aumenterà la sua fiducia nei nostri confronti. Allenterà la tensione emotiva e tenderà ad aprirsi, vedendoci come supporto e non come minaccia. Al contrario continuare ad irritarlo, perché non possiamo accettare che in quei momenti non tolleri le attenzioni e il nostro contatto, aumenterà il problema.

I nostri avvicinamenti, seppure fatti con premura e amore saranno percepiti dal cane come una provocazione. La nostra insistenza, «ma perché fai così?»,  rappresenta involontariamente una competizione relazionale, «… vediamo se questa volta lo fai ancora…». Perché insistere in modo ottuso, allora? Per “abituarlo”? Per dimostrargli che non si deve permettere? E se prova a morderci rimproverarlo in modo nervoso? Per dimostrargli che noi abbiamo coraggio e non abbiamo paura? Ma perché andare a cercare lo scontro con il cane che amiamo. Se la tradizione cinofila ha sempre sostenuto questa posizione ciò non vuol dire che sia la cosa giusta da fare. A voi la scelta. In ogni caso si tratta di una situazione che necessita della consulenza di un istruttore cinofilo e di un veterinario comportamentalista.

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David Morettini
Educatore e istruttore cinofilo CZ
Laureato in Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Firenze, educatore e istruttore cinofilo. Sono docente SIUA e di altre scuole di formazione cinofila, e docente nei master universitari di istruzione cinofila e medicina comportamentale. La mia missione è quella di formare persone che sappiano lavorare nel pieno rispetto della dignità e dell’intelligenza del cane, tutelandone l’autonomia e non la dipendenza dall’essere umano.
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