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Sono bellissimi, hanno un colore verde smeraldo sgargiante, una lunga coda e il becco rosso, ma i pappagalli sono una specie alloctona con una popolazione numerosissima in tutta Italia in forte espansione soprattutto nel Lazio, dove hanno colonizzato ormai quasi tutti gli spazi verdi tra la Capitale e Ostia, creando secondo gli esperti non pochi problemi alla fauna locale.
L’ultimo ritrovamento riguarda sei piccoli parrocchetti dal collare a Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, in un nido ricavato dal tronco di un albero. Non sapendo come gestirli, la famiglia protagonista della scoperta ha subito chiamato il Centro Recupero Fauna Selvatica della Lipu che, nonostante debba accogliere solo i selvatici autoctoni, è accorsa a salvarli impegnandosi a svezzarli per il prossimo mese.
«I pappagalli non fanno parte della fauna autoctona italiana, sono stati introdotti dall’uomo e loro si sono ambientati bene e in qualche modo hanno colonizzato il nuovo mondo. Detto questo, sottostanno a regole diverse rispetto ai selvatici autoctoni», spiega a Kodami Francesca Manzia responsabile del Centro Recupero. «Per quanto ci riguarda, infatti, soccorrerli è un’eccezione non la regola, perché mentre i selvatici autoctoni si possono e si devono quando possibile reintrodurre in natura, queste specie aliene non si possono rilasciare. Il problema è che però, le richieste di aiuto sono molte e sono cresciute, e chiaramente noi facciamo quel che possiamo ogni volta amando tutti gli animali e non volendo discriminare nessuno, ma diventa sempre più complicato».

Manzia si riferisce al fatto che è la Regione a normare sulla tutela della fauna selvatica e quindi anche su tutto quello che fa il Centro: «Rispetto a queste specie la legge ci vieta di ri-liberare gli esemplari in natura, ma la cosa che non ci dice è cosa dobbiamo farne visto che non possiamo mica tenerli tutti ammassati nelle gabbie. Oltretutto, sul motivo la legge non specifica nemmeno se è perché si tratta di animali alloctoni, ma parla solo di popolazioni di animali che vivono allo stato libero sul territorio nazionale. Insomma bisognerebbe fare chiarezza».
Tornando allo svezzamento dei parrocchetti, Manzia ci spiega che non è una cosa particolarmente difficile: «Essendo arrivati da noi proprio per il commercio ormai da tanto tempo, esistono sul mercato tantissimi prodotti per svezzarli in maniera semplice, anche se ovviamente bisogna saperlo fare. Ma, infatti, non è questo che spaventa, quanto la sovraespansione. Qui a Roma ce ne sono ormai un numero davvero notevole, si riproducono e la crescita è esponenziale. E come sempre la responsabilità è umana, perché non sono mica arrivati da noi con le loro ali, ma trasportati in gabbie per essere poi rilasciati in grande quantità ed essere venduti come uccelli ornamentali e da compagnia o per il commercio illegale».

Sono due le specie di pappagalli che vivono liberi nel Lazio: il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) originario dell’Asia ed Africa e il parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus), proveniente invece dal Sudamerica. La colonia presente nella Capitale è la maggiore, secondo alcune stime sarebbero addirittura decine di migliaia, per altri non supererebbero le 1.000 coppie. I cittadini vedono di buon occhio questi animali che con i loro colori vivacizzano i viali e i parchi urbani, mentre esperti e ambientalisti osservano e descrivono il fenomeno con il termine «invasione».
Nel caso del parrocchetto dal collare, in particolare, l’apprensione è motivata dal fatto che nidifica nelle cavità occupando il territorio dei picchi e precludendo spazi di nidificazione ad altri uccelli come storni e upupe, che hanno le stesse abitudini riproduttive. Ma non solo: questi volatili, infatti si nutrono di frutta, bacche, fiori, foglie e semi vari, che trovano per la maggior parte nei parchi e nei giardini e, secondo gli esperti, se mai si dovessero spostare nelle campagne, come pare stia accadendo nei dintorni di Roma, probabilmente l’impatto sarebbe ancora più importante. Finora sembra però che le loro preferenze siano rivolte soprattutto alle aeree urbane forse per il clima più mite e meno umido.