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6 Aprile 2021
11:50

Frida, la Pitbull che ha aggredito la volontaria a Roma: cosa fare perché non si ripetano più incidenti simili

Due esperti spiegano cosa può esserci dietro un'aggressione. La necessità della formazione dei volontari, le figure professionali che devono essere presenti all'interno di un canile. E la possibilità che il cane da aggressore si trasformi in parte anche in una vittima per la quale si profila un futuro incerto e quasi mai roseo.

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Amelia si è ripresa ed è fuori pericolo. La volontaria che alcuni giorni fa è stata attaccata e azzannata violentemente durante la sgambata quotidiana da Frida, una piccola Pitbull, ha subito un lungo intervento chirurgico al Policlinico Gemelli di Roma e, sebbene la prognosi continui a rimanere riservata, è fuori pericolo. Per Frida, che vive nella pensione Valle Grande in zona Olgiata, a Roma nord, invece si apre un lungo periodo di isolamento e valutazioni a cui sarà sottoposta per attestarne l’aggressività e la potenziale pericolosità.

«Lo scorso giovedì alle ore 10 – riporta in un post del 27 marzo la pagina Facebook del canile Valle Grande – durante le consuete attività di accudimento dei cani senza famiglia ospitati nel canile Valle Grande di Roma, si è verificato un grave incidente. Un volontario con esperienza pluriennale maturata in canile è stato aggredito in una delle aree di sgambamento da uno dei cani ospitati in struttura che lo stesso accudiva da ormai un anno. La presenza costante in canile di educatori cinofili ha permesso di scongiurare l’irreparabile: due professionisti sono intervenuti immediatamente portando in salvo il volontario e mettendo in sicurezza il cane nel proprio box». valle Grande è una struttura molto ampia che ospita circa 500 tra cani e gatti arrivati da privati oppure da Comuni, tra cui Roma Capitale che ha unaconvenzione con la struttura

Il soccorso immediato non è riuscito a scongiurare le gravi ferite sul volto e sulla braccia di Amelia. Vincent Mazzone, il primario di chirurgia della mano del Gemelli che l’ha operata, in un’intervista al Corriere della Sera, ha raccontato: «Le condizioni erano gravissime, ad alto rischio. Abbiamo dovuto trasfondere due sacche di sangue. La signora per proteggere il viso aveva alzato d’istinto le braccia, e quindi i morsi avevano dilaniato le zone più delicate, quelle che girano dentro le ascelle, dove passano i vasi, e strappato i fasci muscolari, reciso l’arteria omerale e stirato tre nervi del braccio destro e due del sinistro, con una perdita molto importante di copertura cutanea». La donna, una sessantacinquenne amante degli animali e volontaria da molti anni al canile dell’Olgiata, gli ha confidato anche che non vuole che il cane venga in nessun modo colpevolizzato.

Perché un cane abituato a stare con una persona può reagire in questo modo?

Ma cosa può essere accaduto per far sì che la Pitbull, abituata alle uscite con i volontari, sia arrivata ad aggredirne una persona che già conosceva e con cui era già uscita diverse volte? «Gli evocatori di comportamenti aggressivi possono essere i più disparati – spiega Davide Morettini istruttore cinofilo con approccio zoontropologico e membro del comitato scientifico di Kodami – Quello che è certo è che una motivazione ci deve essere. I cani non scattano all'improvviso e senza un motivo. In particolare i Pitbull sono caratterialmente aggressivi verso gli altri cani perché sono stati selezionati per i combattimenti, mentre non lo sono verso le persone con le quali invece si mostrano in genere miti. Certo sono cani fortemente combattivi, anche muscolarmente, e quando scatenano la loro aggressività lo fanno in maniera predatoria, quindi non si fermano». Questo spiegherebbe l’aggressione così importante da richiedere l’intervento dei due educatori cinofili intervenuti in aiuto della volontaria. «È molto importante capire cosa innesta la risposta aggressiva. E poi restringere il campo a quegli evocatori che riguardano direttamente il cane in questione. A volte sono dei particolari impercettibili che riescono ad essere individuati solo da persone particolarmente esperte e preparate. Per questo è fondamentale che i cani, soprattutto se vengono da gravi esperienze precedenti, non vengano affidati a volontari che non sono stati formati appositamente».

Quanto influisce l’ambiente sul cane

«Un canile che ospita fino a 500 tra cani e gatti non può essere a misura di cane – spiega Claudia Marini, anche lei educatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo zooantropologico che dopo un’esperienza professionale di un paio di anni in Spagna è appena rientrata in Italia – Non si tratta solo di sovrannumero di esemplari da gestire e di personale non adeguato numericamente. Si tratta anche di una sovraesposizione a fenomeni acustici e olfattivi importante. Basti pensare a come possono abbaiare 500 cani tutti insieme durante le semplici attività di routine. Ma i disagi possono arrivare anche dagli odori particolari, come quelli dei detersivi, e dalla frontalità dei box. Le cause possono essere davvero molte». «A questi fattori vanno aggiunti poi gli errori nella comunicazione: nei momenti in cui il cane viene fatto entrare/uscire nel box, quando gli viene tolto/rimesso il guinzaglio, per esempio. Il volontario, in assoluta buonafede, non ha le competenze soprattutto quando tende ad umanizzare l’animale o ad avere atteggiamenti assistenzialistici verso alcuni di loro. Ogni sgambata è diversa dall’altra, ma prima ci dovrebbe essere una valutazione di esperti per decidere il percorso che il cane dovrà affrontare e per dare le coordinate della gestione a chi se ne dovrà occupare».

Le figure professionali necessarie in un canile

Quali sono dunque le figure professionali necessarie in canile per evitare che si ripetano episodi come questo? «Se dicessi che c’è una modalità di gestione sicura al 100%, mentirei – spiega ancora Davide Morettini – Certamente la cosa migliore per prevenire certe situazione è la formazione. All’interno di un canile ci dovrebbero essere educatori che conoscono la pedagogia dei cani normocomportamentali e che hanno conoscenza della vita dei cani da zero a due anni. Poi sono necessari gli istruttori cinofili: e calcoliamo che ce ne voglia almeno uno per ogni 60, 70 cani. In un canile con circa 500 cani gli istruttori cinofili dovrebbero essere almeno 2, 3. Quindi dovrebbe essere possibile riuscire ad avere almeno delle consulenze con veterinari comportamentalisti che oltre alla salute del cane siano in grado di valutarne i comportamenti anomali. Infine c’è il discorso dei volontari: devono essere assolutamente formati o in una scuola specifica oppure nello stesso canile».

Quale futuro per il cane che ha morso?

«Il cane in parte rimarrà la vittima di questa storia – conclude Claudia Marini – dispiace pensare che si porterà quest’etichetta tutta la vita. Per il suo futuro ci sono tante zone grigie, anche perché il suo profilo sarò probabilmente valutato da un veterinario Asl non comportamentalista. Probabilmente il cane sarà etichettato e spedito a quello che noi chiamiamo il “41bs” dei canili: una area limitata da una porticina e la sua piccola sgambata quotidiana. A meno che qualcuno non lo riscatti, in questi casi, sono cani destinati a finire nel dimenticatoio e rimanere lì».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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