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17 Gennaio 2021
9:02

Il mantello del cane, dalla cura ai luoghi comuni sulle scelte dovute all’estetica

Il cane è un animale dalle mille forme e dalle taglie più disparate. Il suo DNA consente una grande variabilità di caratteristiche, forse come nessuna altra specie. Naturalmente il suo mantello non fa eccezione: dal pelo lungo, corto, a ricci e biocchi, con più o meno sottopelo, addirittura totalmente glabro. Ma, a cosa serve il mantello? Cosa c’è da sapere su questa multiforme copertura dai molti colori?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Pelo lungo, arruffato, a taccole, ispido, riccio. Pelo raso, irsuto, di media lunghezza, vaporoso e voluminoso, privo di sottopelo o con una fitta lanugine; il tutto nelle varie tonalità dal bianco al nero, grigio, crema, focato, a chiazze, maculato, tigrato, eccetera. Un'infinità di variabili che caratterizzano l'aspetto di un cane. Il manto più superficiale fornisce isolamento e protegge da eventuali lesioni da spine e arbusti mentre il sottopelo ha una funzione squisitamente isolante, legata alla termoregolazione. Ma tutto ciò poco importa nella scelta del cane. Ciò che maggiormente influenza e orienta le persone è il mero aspetto fisico e purtroppo, spesso, il colore del cane ha la precedenza.

La sindrome del cane nero

In molti canili ho registrato questa realtà: se il cane è bianco ha maggiori possibilità di essere adottato rispetto ad uno nero. Probabilmente a livello culturale il nero è legato a rappresentazioni negative, alla malvagità… al lupo cattivo di Cappuccetto Rosso. L'aspetto conta, anche se è proprio l'ultima delle cose utili alla valutazione di un individuo e ciò vale anche per quanto riguarda gli esseri umani. È possibile che il cane di colore scuro sia percepito come “più aggressivo” rispetto ad uno di colore chiaro e, anche se non vi è alcuna assonanza tra il colore del mantello e il comportamento di un soggetto, quello che si deve tenere in considerazione è lo stato emozionale suscitato nelle persone.

Sembra però che questo non sia valido ovunque: la ricercatrice statunitense Christy Hoffmann, esperta di comportamento canino del Canisius College, ha recentemente pubblicato sulla rivista Animal Welfare uno studio durato 4 anni. La studiosa ha preso in esame circa 16 mila adozioni di cani e i risultati non trovano riscontro con la BDS, o “Black Dog Sindrom” ("La sindrome del cane nero"). Il parametro relativo al colore del pelo, in questo lungo studio, non si è quindi mostrato di particolare influenza nella scelta del cane da adottare.

L'incubo del pelo caduto

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Veniamo ora al "dramma", molto sentito dalle famiglie italiane, legato alla perdita del pelo. Bisogna sapere che il sottopelo deve essere cambiato due volte l'anno, in autunno (per favorire la ricrescita di un sottopelo più folto per l’inverno) e in primavera, per liberarsi del sottopelo invernale che d'estate non serve. Questo processo naturale si chiama “muta”. Si può facilitare questa fase con frequenti spazzolature, invece che lavare il cane. Alcuni lavano il cane anche una volta alla settimana. Lavarlo tanto spesso potrebbe danneggiare la cute che è naturalmente ricoperta da una sostanza grassa protettiva: infatti le ghiandole sebacee, disseminate su tutto il corpo del cane, producono il sebo, per l’appunto, il cui odore è ben noto a tutti i proprietari, soprattutto dopo una passeggiata con il proprio beniamino sotto la pioggia. Più si asporta lo strato di sebo con shampoo e profumi peggio sarà per la salute del cane. Esso ha una funzione protettiva molto importante, preservando la cute da batteri, funghi, e altri tipi di aggressori. Asportare il sebo assiduamente può causare quindi problemi alla pelle del cane, inoltre faciliterà il diffondersi di un odore fastidioso causato dal tentativo della pelle stessa di rimediare all’assenza della sostanza protettiva. In pratica: più si lava il cane più è facile che abbia un odore sgradevole. Inoltre, il pelo indebolito perde di lucidità e di resistenza e si rischia che la perdita del pelo sia più abbondante del normale. Se però si crede che i cani dal pelo corto non lo perdano per casa, ci si sbaglia di grosso. Lo sanno molto bene i proprietari, per esempio di cani come i Labrador Retriever, infernali pelucchi conficcati in divani e maglioni.

Colore del mantello dei cani: bianco è bello?

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Come abbiamo già detto il mantello del cane può avere mille fogge e tessiture, nonché una ampia gamma di colorazioni. Tra queste spicca certamente il mantello bianco, come per esempio quello del Pastore Maremmano abruzzese, o del Dogo argentino. Ma, attenzione, non tutto il bianco è “bello” e “buono”. C’è infatti differenza tra “colore bianco” del pelo e pelo “senza colore”, come nel caso dell'albinismo. L’albinismo è infatti una assenza di melanina la quale è naturalmente prodotta dai melanociti, cellule altamente specializzate, fornisce la pigmentazione dell'epidermide, dei peli e degli occhi. La sua parziale assenza, o assenza totale (come nell'albinismo), ha delle conseguenze che possono essere anche molto serie per il nostro cane.

Senza dover fare un test del DNA per sapere se il nostro cane è bianco o albino, possiamo basarci sull'osservazione di alcuni elementi, come per esempio le labbra, il tartufo, le rime palpebrali che circondano l’occhio. Nel caso di albinismo queste sono di un rosa pallido, e accompagnate da un'iride molto chiara, azzurra o rosata. Il punto è che la melanina ha diverse funzioni, tra le quali quella di proteggere dalle radiazioni solari, e la sua mancanza rende il cane più sensibile e vulnerabile, lo predispone ad irritazioni e tumori della pelle. Ma non è tutto.

Cosa succede ai cani con carenza di melanina?

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I cani con carenza di melanina possono patire di altre problematiche oltre un'accentuata sensibilità alla luce solare. Nel celebre testo “L’origine delle specie”, Charles Darwin rileva che il processo di domesticazione degli animali, quindi la scelta arbitraria dei riproduttori da parte dell'uomo, porta in sé una serie di effetti, alcuni voluti, altri un po' meno, ma ognuno di questi stessi se ne trascina appresso molti altri, per lo più imprevedibili:

«[…] i gatti con gli occhi azzurri sono immancabilmente sordi. Il colore e certe peculiarità della costituzione si presentano insieme: esistono esempi significativi di ciò sia tra gli animali sia tra le piante.» E ancora: «[…] pare che pecore e maiali bianchi reagiscano diversamente a certi veleni vegetali rispetto agli individui colorati. I cani senza pelo hanno denti imperfetti;» (Darwin, Charles. L'origine delle specie, Rizzoli Libri).

Darwin definisce questi fenomeni «misteriose leggi della correlazione della crescita». Naturalmente dal 1859, anno della pubblicazione dell’immortale trattato, le nostre conoscenze in merito alla genetica, alla correlazione tra geni e effetti collaterali è certamente avanzata, ma ciò non significa che vi siano ancora problemi da risolvere. Ecco che molti cani con carenza di melanina possono nascere sordi, o ciechi… o entrambe le cose. È un fenomeno noto agli allevatori di Dalmata e di Bull Terrier, per fare qualche esempio. Il fatto è che la melanina, in fase di sviluppo embrionale, ha il compito di favorire lo sviluppo del sistema nervoso periferico, come per esempio aprire la strada alle terminazioni nervose che connettono il timpano alla corteccia cerebrale uditiva. Riporto qui di seguito un brano di una pubblicazione scientifica a riguardo: «Nei cani portatori dei geni del bianco la sordità sembra dovuta a una forte espressione del gene stesso. Esso infatti è in grado di sopprimere i melanociti non solo nella cute e nel pelo, ma anche nell'iride e nella stria vascularis cocleare: ne consegue la presenza di iridi azzurre, parzialmente pigmentate o eterocromiche e sordità. Si noti, tuttavia, che non tutti gli animali con gli occhi azzurri sono sordi, e non tutti gli animali sordi hanno gli occhi azzurri, sebbene esista una forte correlazione statistica tra i due caratteri.»

Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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