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25 Ottobre 2021
9:30

Il cane è un bene di lusso. Quando il fascismo impose una tassa sui cani

Sentendo una frase come “i cani sono un bene di lusso” probabilmente molti penserebbero che è soltanto un modo di dire, forse riferito al fatto che è molto costoso provvedere a tutti i loro bisogni. Pochi immaginano che trova origine in una legge del nostro Stato e che, formalmente, ciò è stato vero fino al 1991. Sebbene possa far sorridere oggi l’idea che l’amico che vive con noi possa essere definito come un bene di lusso e che come tale sia tassato, non dobbiamo tuttavia dimenticare che ancora oggi la legge considera i cani come oggetti di proprietà.

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Sentendo una frase come “i cani sono un bene di lusso” probabilmente molti penserebbero che è soltanto un modo di dire, forse riferito al fatto che è molto costoso provvedere a tutti i loro bisogni, oppure che i prodotti per animali hanno prezzi proibitivi, o forse che acquistare un cane di razza può avere prezzi esorbitanti. Chi è stato giovane negli anni 80 o prima forse ricorderà che questo era un modo di dire abbastanza comune. Ma pochi immaginano che trova origine in una legge del nostro Stato e che, formalmente, ciò è stato vero fino al 1991.

Una legge di epoca fascista

La legge in questione risale al periodo fascista e precisamente al 1931, quando l’Italia non era ancora una Repubblica ma una monarchia. Si tratta per la precisione del Decreto Regio n. 1175, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia e che porta la firma non solo di re Vittorio Emanuele ma anche di tutti principali gerarchi dell’epoca, tra cui Mussolini, Balbo, Acerbo, Ciano e altri.

Ma di cosa si tratta esattamente? E perché tutte queste personalità assieme si sono occupate di cani? In realtà è una legge molto complessa che, in 82 pagine, si divide in 344 diversi articoli. E' nota come Testo Unico per la Finanza Locale ed è una legge che parla di tasse. Potremmo definirla per semplicità una "riforma fiscale". Ma, direte voi, cosa c’entrano i cani in tutto ciò?

Ebbene c’entrano perché, oltre alle tante cose ormai note fatte da Mussolini e dal fascismo, una che invece è meno conosciuta fu che introdusse anche una tassa sui cani. Per capire di cosa si tratta dobbiamo andare alla Sezione III intitolata Imposta sui cani. In questa sezione, all’Art. 130 (Obbligatorietà dell’imposta), possiamo leggere quanto segue: "l’applicazione dell’imposta sui cani è obbligatoria in tutti i comuni del Regno. L’imposta colpisce i cani di qualunque varietà o razza ed è dovuta da chiunque possegga o detenga uno o più cani. Ma la cosa interessante è ciò che viene all’Art 131 (classificazione dei cani), ossia che agli effetti della commisurazione del tributo i cani sono divisi in tre categorie: a) cani di lusso o di affezione; b) cani da caccia e cani da guardia … che non siano compresi nella categoria seguente; c) cani adibiti esclusivamente alla custodia degli edifici rurali e del gregge, nonché cani tenuti a scopo di commercio".

L’imposta era al tempo definita in 150 lire per i primi (l’equivalente di circa 150/200 €), 50 per i secondi e 15 gli ultimi.

La cultura è cambiata, ma solo recentemente

In altre parole possiamo dire che ancora 90 anni fa, lungi dall’esistere le moderne concezioni di animali da compagnia e men che meno di pet, il possesso di un cane da affezione era a tutti gli effetti considerato come quello di un bene di lusso.

Questo può farci capire molto di come sia profondamente cambiata la nostra società e l’idea che abbiamo dei nostri amici. Un tempo erano infatti solo una piccolissima minoranza quelli che potevano permettersi di detenere un cane solo per avere un compagno di vita con cui condividere momenti di piacere e tempo libero.

Essendo imposta una tassa, poi, chi decideva di adottare un cane lo faceva probabilmente nella prospettiva che i soldi spesi fossero quanto meno ripagati dal lavoro in cui lo avrebbe impegnato (fosse questo la caccia oppure la guardia). Insomma il racconto di quei tempi, non poi così lontani, riesce a mostrarci come è cambiato il nostro rapporto con questa specie. Può infatti farci comprendere che anche la storia dell’amicizia tra uomo e cane, così come quella di altre specie, non è in fondo esente anche da sfruttamento. Ed anzi ci spiega come e perché in passato potevano essere più che comuni pratiche che oggi riteniamo invece barbare, ma che purtroppo sono ancora presenti in certi contesti più rurali, come l’abitudine di tenere i cani alla catena per fare la guardia, chiusi in dei serragli quando non impiegati per la caccia, ma anche l’abitudine di sopprimere delle cucciolate quando erano bocche da sfamare, ma non utili per qualche lavoro.

Fortunatamente la realtà è molto cambiata e, per i più, ciò che un tempo era normale appare oggi inconcepibile. E tuttavia il cambiamento è qualcosa di estremamente recente. Infatti gli articoli di questo decreto sono stati aboliti, assieme alla legge che imponeva di sopprimere i cani che giungevano in canile, soltanto nel 1991 con l’approvazione della legge 281. Sebbene dunque sono stati grandi i passi in avanti ciò è avvenuto soltanto negli ultimi 30 anni e, a ben guardarci , tanto ancora resta da fare.

Quali sono i prossimi passi necessari per un vero cambio culturale?

Sebbene possa far sorridere oggi l’idea che l’amico che vive con noi possa essere definito come un bene di lusso e che come tale sia tassato, non dobbiamo tuttavia dimenticare che ancora oggi la legge considera i cani come oggetti di proprietà e che i delitti commessi nei loro confronti sono considerati come “delitti verso la morale”. In altre parole chi commette un delitto verso un cane (e in generale verso ogni altro animale) non è punito per la sofferenza arrecata a un essere senziente, ma soltanto perché ciò ferisce i nostri sentimenti. Insomma non importa la loro sofferenza, ma solo il fatto che vederla potrebbe fare pena a noi umani.

Chi sono i cani che vivono con noi

C’è infine un altro aspetto che merita la nostra attenzione e che la storia dovrebbe insegnarci. L’idea del cosiddetto “cane da compagnia” è in realtà qualcosa di assolutamente recente e che ha riguardato i cani solo per una frazione infinitesimale della loro storia e della loro evoluzione.

Per migliaia di anni invece il loro ruolo è stato di accompagnarci e affiancarci condividendo con noi fatiche e lavoro. Ed anzi affinché potessero svolgere meglio questo compito non abbiamo esitato a selezionarli e a creare tutte le razze che conosciamo. E così anche se oggi abbiamo imparato ad apprezzarli non per la loro utilità, ma perché abbiamo compreso che la loro semplice presenza ci arricchisce ed arricchisce la nostra vita, non possiamo dimenticare qual è il frutto di migliaia di anni della nostra e della loro storia.

E questo frutto è che i nostri amici hanno voglia e bisogno di fare cose con noi. Non sono soprammobili o nani da giardino, ma non sono neanche dame da compagnia. Sono membri di un gruppo e come tali si sentono realizzati nel trovare un loro ruolo, nel condividere avventure e nel sentirsi importanti per ciò che sanno fare. E questa è oggi la nostra grande responsabilità nei loro confronti: non adottarli soltanto per trovare qualcuno pronto a festeggiarci quando torniamo a casa, ma che poi dovrebbe star solo e buono per tutto il resto del tempo, ma uscire assieme dalle nostre case e assieme affrontare il mondo e condividere esperienze!

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Francesco Cerquetti
Esperto in etologia applicata e benessere animale
Laureato in Filosofia a partire dal 2005 ho cominciato ad appassionarmi di cinofilia approcciando il mondo dei canili. Ho conseguito il Master in Etologia Applicata e Benessere animale, il titolo di Educatore Cinofilo e negli IAA.
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